
Il bambino non ce l’ha fatta più a reggere questa «violenza» psicologica. Dice di sentirsi escluso, messo da parte, preso in giro. Gli fa da eco la madre che «combatte una battaglia contro i mulini a vento», facendo i conti con la dislessia, un disturbo dell’apprendimento che al di là delle leggi, dei convegni, delle belle parole la scuola spesso non è in grado di affrontare come si dovrebbe. Rifugiandosi in punizioni che di educativo hanno ben poco. E certamente non è questo il modo per aiutare un dislessico, cioé un bambino che ha difficoltà a leggere e scrivere in modo corretto e fluente. Un alunno che per riuscire a scrivere anche una sola frase deve impegnarsi al massimo con tutte le proprie energie. Il risultato è quello di stancarsi facilmente, commettere errori, rimanere indietro e non apprendere.
La dislessia è un disturbo che si manifesa con l’ingresso nella scuola elementare (quando il bimbo impara a leggere e a scrivere) ma in realtà è presente anche in precedenza, solo che non è facile individuarlo prima dell’inizio dell’insegnamento formale della lingua scritta. Il più delle volte si è anche verificato un pregresso disturbo di linguaggio di piccola entità, risolto quasi sempre senza dover ricorrere ad uno specialista, oppure esiste un familiare o un antenato affetto dallo stesso problema. La dislessia ha un’origine neurologica, ma non è causata da un deficit di intelligenza né da problemi ambientali o psicologici o da deficit sensoriali o neurologici. Anzi, di solito i bambini con questo disturbo hanno un quoziente intellettivo superiore alla media. Enrico, insomma, vale. Almeno quanto gli altri suoi compagni di scuola.
(di Massimo Brancati da http://lagazzettadelmezzogiorno.it)
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