A cavallo
tra il 1800 e il 1900 - quando Mark Twain scriveva: «Non ho mai
permesso che la scuola interferisse con la mia educazione» - forse gli
istituti scolastici non godevano già di una buona nomea ma la famiglia
e la società avevano ancora un compito ben preciso nella formazione dei
futuri cittadini.
Più di un secolo dopo, nel 2011, questa separazione di ruoli non esiste
più. «Per questo la scuola non può
essere quella di una volta, dove si andava solo per studiare. Oggi in
classe non ci sono studenti ma giovani in crescita che hanno bisogno di
tutto, soprattutto di diventare adulti responsabili». Lo sa
bene Cesare Moreno, maestro di
strada, ideatore del progetto Chance, un'iniziativa che dal 1998 ha
riportato in classe centinaia di ex scolari dispersi accompagnandoli
fino al diploma con una sola parola d'ordine: recuperare gli
irrecuperabili
Una scuola però diversa dove la didattica è attiva su tutti i
piani, «con un'organizzazione in grado di contenere ansie, angosce e
rabbie perché», spiega Moreno a Lettera43.it, «questi ragazzi oggi
hanno bisogno di essere ascoltati e capiti al di là della loro
aggressività».
In Campania sino al 2009, la sua “scuola speciale”, che ha portato via
dalla strada oltre 700 ragazzi, di cui il 95% ha preso la licenza media
e il 50% ha conseguito un titolo tecnico professionale, era finanziata
dal ministero dell'Istruzione, dalla Regione e dal Comune di Napoli.
IN CERCA DI FONDI. Poi, piano piano, sono andati via tutti, dispersi
anche loro. E così Moreno per non far morire Chance si è messo in
aspettativa dalla scuola pubblica dove insegnava, ha rinunciato al
proprio stipendio e ha fatto il giro di aziende, associazioni e
fondazioni private per finanziare una scuola a misura di ragazzo. Nel
progetto ha messo i suoi risparmi, 40 mila euro, e con un budget
complessivo di appena 200 mila ha riaperto le porte alla speranza.
Ora non ci sono più le risorse per gestire 15 classi come un tempo, ma
il maestro tiene duro. E così, oltre a due classi di superiori, prepara
50 ragazzi della scuola media. Tutti sono seguiti fino al giorno
dell'esame che sosterranno con una commissione di Stato. «Cerco di
mantenere in vita questa metodologia, ma sarebbe necessario lavorare su
almeno 200 classi perché sono ancora tanti i ragazzi che la scuola
tradizionale perde ogni giorno».
Il 46% degli italiani ha solo la licenza di scuola media
La legge di stabilità contiene nuove misure che prevedono riduzione di
stipendio e licenziamento dopo due anni per gli statali considerati in
sovrannumero che non accettano il trasferimento in qualsiasi altra
amministrazione di qualsiasi regione italiana.
È infatti proprio nel passaggio tra le scuole medie e quelle superiori
che si registrano più perdite. «In Campania sono 6 mila ogni anno, a
Napoli circa 1.000 ragazzi non raggiungono la licenza media». Ma il
problema, ormai, non è più legato solo al Mezzogiorno.
MAGLIA NERA D'EUROPA. Come registra l'Istat nel rapporto Noi Italia
2011, 100 statistiche per capire il Paese in cui viviamo, la quota dei
più giovani (18-24enni) che ha abbandonato gli studi senza conseguire
un titolo di scuola media superiore è pari al 19,2% (la media Ue27 è
del 14,4% ). Ancora elevata è la quota degli iscritti alle scuole
superiori che abbandonano gli studi: il 12,3% lascia al primo anno.
Il risultato è che circa il 46% della popolazione in età compresa tra i
25 e i 64 anni ha conseguito soltanto la licenza di scuola media
inferiore (rispetto a una media del 27,9% nella Ue a 27).
OLTRE 2 MILIONI DI NEET. Nel 2010 i Neet, i giovani non inseriti in un
percorso scolastico/formativo e neppure impegnati in un’attività
lavorativa sono stati 2,2 milioni, circa il 23,4%: la quota più elevata
a livello europeo.
Il problema, secondo Moreno è che «la scuola è ormai troppo lontana dal
mondo in cui vivono i ragazzi, non riesce più a capirli, a entrare in
comunicazione con loro».
«LA CONDIVISIONE DEL DOLORE». Con la moglie Carla Mezzalini, Moreno ha
anche scritto un libro sull'esperienza del progetto dal titolo
Insegnare al principe di Danimarca (Sellerio editore), un racconto che
racchiude il messaggio del maestro di strada: «Quando vuoi insegnare a
una persona che vive situazioni difficili, la prima cosa è vivere il
suo dolore e usare il sapere per aiutarlo a venirne fuori, non per
dimenticare. Non si possono anestetizzare i ragazzi dai loro dolori, ma
insegnare partendo dalle loro storie di vita tragiche».
DA NAPOLI A TORINO. Un modus operandi universale che Moreno cerca di
mettere in pratica con i ragazzi dei quartieri difficili di Napoli.
Così come, dall'altra parte dell'Italia, i maestri di strada del
progetto Provanci ancora, Sam! fanno con i giovani di Torino. Piccoli
passi per dare una scossa a un sistema scolastico sempre più obsoleto.
«La riforma Gelmini ha peggiorato un sistema già malato»
Un sistema malato su cui è piombato il colpo di grazia della riforma
Gelmini. Secondo Moreno, l'ex ministro è responsabile di «aver
peggiorato un sistema già sfasciato, rinforzando l'idea che il ritorno
a un vecchio modello scolastico sarebbe stata la soluzione».
Restaurazione anziché innovazione, arretratezza anziché modernità,
all'insegna di un vecchiume intellettuale e strutturale.
SPRECO DI RISORSE. Con la riforma della scuola superiore secondaria
negli istituti professionali, poi, «si riducono le materie pratiche e
questo comporterà un forte aumento della dispersione», aggiunge Moreno.
Un problema di cui nessuno pare interessarsi. A mancare è, infatti, la
consapevolezza che «si stanno sprecando risorse e persone, che
rimarranno comunque sul groppone di tutti».
LA SOLITUDINE DEI PROF. Ma risolvere il problema non è così facile. In
primo luogo per gli insegnanti. «Entrare in classe oggi è come andare
in guerra, ci sono situazioni che sconvolgono prima di tutto i docenti,
i quali sono sempre più abbandonati a loro stessi», dice il maestro.
«Per loro non esistono stimoli, sostegni, incoraggiamenti». Il rischio
è di assistere, in un futuro non molto lontano, a una dispersione degli
insegnanti maggiore di quella degli alunni.
IL RUOLO DELLA SOCIETÀ. Le responsabilità non si possono addebitare
però solo alla scuola. «La società dovrebbe riconsiderare il rapporto
con i giovanissimi, dovrebbe imparare a parlarci guardandoli negli
occhi», sottolinea amaro Moreno, «invece oggi risponde colpo su colpo
alla loro violenza, senza cercare di supera le barriere che le nuove
generazioni si sono costruite attorno per difendersi».
http://www.lettera43.it/attualita/32410/una-scuola-da-recuperare.htm
(di Antonietta Demurtas da http://www.lettera43.it)
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