Chissà se è vero, come
dice il nuovo ministro all’Istruzione Francesco Profumo, che «la crisi
è una benedizione» perché favorisce l’emergere «delle grandi
strategie». Di sicuro costringe a ripensare, cercare nuove strade, se
non altro perché impone di lavorare con risorse sempre minori. Ci
voleva la crisi più dura dal dopoguerra per vedere seduti intorno allo
stesso tavolo gli assessori alla scuola di Torino, Milano, Bologna e
Napoli, un quartetto di donne impegnate nel cercare soluzioni comuni.
Ieri hanno elaborato una piattaforma,
riassunta in un documento che sarà inviato al ministro Profumo. Un
grido di dolore che si può riassumere in uno slogan: si chiuda l’epoca
dei tagli, si apra l’era degli investimenti.
Non reclamano soltanto soldi, per non vedere affondare la qualità dei
servizi. Chiedono, più che altro, una nuova fase, un recupero della
centralità della scuola. E un rapporto solidale tra Stato ed enti
locali. A cominciare dal patto di stabilità. «I Comuni gestiscono una
serie di servizi che sarebbero di competenza statale, come le scuole
materne», spiega il vicesindaco di Milano Maria Grazia Guida. «A
Milano, l’85 per cento delle materne è comunale, a Bologna l’83, a
Torino il 60, a Napoli il 50. Per farle funzionare investiamo risorse
che vengono conteggiate nel patto di stabilità. Non è logico». E non è
tutto. Il patto di stabilità imbriglia anche le assunzioni di
personale, gli interventi edilizi, le manutenzioni, gli investimenti. «Le regole sul turnover sono ferree»,
racconta l’assessore torinese Maria Grazia Pellerino. «Solo il 20% di
chi va in pensione può essere sostituito: una regola che mette in
difficoltà le scuole, dove l’età media degli insegnanti è alta».
I tagli lineari stanno creando gravi problemi anche in una regione come
l’Emilia Romagna, da sempre capofila nel sistema educativo. «È
diventato difficilissimo restare all’altezza delle nostre tradizioni:
ci sono sempre meno risorse e sempre più vincoli», dice Marilena
Pillati, assessore a Bologna. «Le carenze nelle scuole comunali, di
organico e strutturali - aggiunge Pellerino sono causate da norme dello
Stato che vincolano gli enti locali, ma ricadono sui Comuni cui i
cittadini imputano il peggioramento dei servizi». Senza contare le
disparità di trattamento tra scuole dello stesso tipo gestite dallo
Stato o dagli enti locali: nel maxiemendamento approvato una settimana
fa, ad esempio, si prevede che per i contratti a tempo determinato gli
enti locali possano spendere nel 2012 il 50 per cento di quanto
sborsato nel 2009. Per il comparto scuola c’è una deroga, ma vale solo
per gli istituti gestiti dallo Stato. «Ci dettano le regole, ma poi non
ci mettono in condizione di poterle rispettare», dice Anna Maria
Palmieri, assessore a Napoli. «La scuola invece è la principale forma
in cui si realizza il Welfare: è un servizio alle famiglie, un diritto
e un luogo di aggregazione sociale. Il risparmio non può essere il fine
della politica; lo Stato deve sostenere gli enti locali nei comparti in
cui offrono servizi essenziali».
A Profumo hanno chiesto un incontro per poter discutere le loro
proposte. Nel frattempo faranno rete, scambiandosi esperienze e
progetti per provare a tamponare l’emergenza.(da
http://www3.lastampa.it)
redazione@aetnanet.org