Ridotti 56.990 posti
di ruolo e 15.082 posti affidati annualmente in supplenza, nel triennio
scolastico 2008-2011 in cui il ministro Gelmini ha retto il ministero
dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca: nel silenzio di quei
sindacati che oggi protestano, aumentato in dieci anni anche il tasso
di precarietà nella scuola.
Nel 2000/2001, quando le graduatorie ex-permanenti erano esaurite,
nell’anno del concorsone a cattedra, del primo ciclo SSIS, dei tre
corsi riservati, il tasso di precarietà nella scuola era fermo al 14,4%
dell’intero personale: dopo dieci anni, al netto di pensionamenti e
piani di assunzione, il tasso di precarietà nel 2010/2011 è salito al
14,9%, persino con un + 0,2 rispetto all’a. s.
2009/2010.
Invece di investire, aumentare per il settore istruzione di un
punto percentuale le risorse del PIL adeguando l’Italia alla UE, il
ministro Gelmini ha operato nel suo dicastero la più grande riduzione
di personale effettuata mai in Italia in un comparto pubblico o
privato, grazie ai pensionamenti, alla riconversione dei perdenti
cattedra, al parziale blocco del turn-over. E se è vero che ancora
l’Italia ha un rapporto alto tra docenti e alunni per classe rispetto
alla Germania, cionondimeno è innegabile che se togliessimo dal novero
della statistica i 94.000 docenti di sostegno e 26.000 docenti di
religione, il nostro rapporto si capovolgerebbe divenendo uno tra i più
bassi della UE. Eppure il Miur ha tagliato, lasciando la precarietà
come un male endemico del nostro sistema nazionale di istruzione,
coperto dalla recente normativa introdotta dal Governo in violazione
della direttiva 1999/70/CE sulla reiterazione dei contratti a tempo
determinato.
Forse sono stati questi duri numeri a convincere, finalmente, il
ministro Gelmini a chiedere nei giorni scorsi al Ministro Tremonti di
fermare nuove ipotesi di tagli alla scuola. Ma l’annuncio è arrivato
troppo tardi, a cose fatte, e il bilancio della gestione del suo
ministero sarà valutato come il peggiore della Repubblica, non soltanto
per i 72.000 tagli avvenuti, ma anche per il blocco quadriennale dei
contratti nel pubblico impiego e della progressione di carriera, la
cancellazione della figura del ricercatore universitario, la
soccombenza nei tribunali sulla valutazione, sulla mobilità e sulla
stabilizzazione del personale precario.
Nel frattempo, ancora una volta 45.000 posti vacanti e disponibili, tra
personale docente e ata, sono stati affidati in supplenza annuale in
disprezzo della normativa comunitaria, al netto delle ultime 65.000
immissioni effettuate, con l’accordo dei sindacati, in cambio della
limitazione del diritto dei neo-immessi in ruolo a percepire prima del
2014 lo stipendio secondo gli anni di pre-ruolo maturati.
L’Anief continuerà a denunciare le improvvide scelta della politica e a
richiedere un nuovo ministro che volti completamente la nera pagina
scritta per la scuola e l’università nell’ultimo decennio: a partire
dalla lotta alla precarietà dei rapporti di lavoro.
In attesa della nuova campagna per la scelta dei rappresentati
sindacali con le elezioni RSU della primavera prossima, continueremo
con la campagna dei ricorsi per il riconoscimento della professionalità
del corpo docente e ata della scuola. (da Anief)
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