I nuovi presidi
reggenti, che si muovono come trottole per gestire più scuole anche in
città diverse. E i rinforzi che rischiano di non arrivare in tempo. Il
concorso per assumerli stavolta dovrebbe essere pronto (annunciata la
pubblicazione in Gazzetta a giorni) ma era atteso per giugno ed è
slittato per settimane. «E adesso è tardi. Noi faremo il possibile. Ma
difficilmente i nuovi presidi saranno nelle scuole prima del 2013-2014.
Un mese per le domande, poi il test preselettivo, le prove scritte e
l’orale...» . Altri due anni senza i nuovi dirigenti, questo è il
rischio. Che cosa significa lo spiega bene Giuseppe Colosio,
quarant’anni di scuola nel curriculum, prima prof. di lettere, poi
preside, ispettore del ministero e oggi direttore dell’Ufficio
Scolastico della Lombardia. «Da noi le sedi scoperte saranno più della
metà. Sono cinquecento e diventeranno almeno settecento, su
milletrecento. Così il sistema non regge» . Non è un problema soltanto
lombardo: in Italia sono 1.600 su diecimila le scuole senza dirigente.
Ed ecco che cosa succede. Le reggenze nate come soluzioni temporanee
diventano strutturali. I doppi incarichi diventano tripli. E per molti
presidi, a capo di istituti comprensivi, significa gestire anche una
decina di sedi, non sempre vicine. Colosio racconta di un dirigente
della sua zona, lago di Garda: «Con una doppia reggenza si ritrova
diciotto sedi da governare. Dovrebbe partecipare alla valutazione degli
alunni, come fa con scrutini in diciotto istituti?» . «La scuola oggi
va riorganizzata e dimensionata. Ma con questi tagli nessun cambiamento
è attuabile» , sostiene il direttore dell’Usr. Lui ha in mente un
modello «a metà fra quello europeo con la classe al centro e quello
anglosassone che al centro pone l’insegnante» . Pensa a superare lo
schema delle «ore» con i «tempi brevi e tempi lunghi» . E insiste
sull’autonomia da recuperare: «Siamo tornati a una gestione
centralista» . «Bisogna cambiare e non è soltanto questione di numeri.
Ma le risorse adesso servono. Sarebbe stato opportuno aumentarle in
questa fase» . Basta tagli. È il messaggio che Colosio ha lanciato in
più occasioni ai ministri Gelmini e Tremonti. Quando gli sbriciolano il
tempo pieno alla milanese cancellando centinaia di cattedre, lui firma
una circolare in cui definisce «irrealistico» il taglio agli organici
fissato del ministero. Torna alla carica un mese fa, in occasione della
presentazione del suo libro, un manuale sulla scuola per addetti ai
lavori («Le norme dell’istruzione» , DeAgostini). E lo fa oggi,
stremato dal conto alla rovescia per il concorso presidi. Che arriva
tardi. E strizzato, con centinaia di posti in meno (scesi da 2.800 a
2.300). E i presidi che arriveranno non sono quelli giusti, secondo
Colosio. Troppo vecchi. Inadeguati per quella che lui definisce «la più
grande rivoluzione della distribuzione del sapere» . «Vinto il concorso
dovrebbero avere davanti vent’anni di lavoro, invece ci arrivano a fine
carriera. Perché devono avere cinque anni di ruolo. Bisognava aprire il
concorso anche a chi ha cinque anni di servizio con abilitazione. Ma
questa richiesta non è stata accolta» . Nemmeno i soldi per autorizzare
i presidi con reggenze a spostarsi con la loro auto sono arrivati. Né
quelli per conferire l’incarico di vicepreside nelle scuole in
reggenza. Né è stato autorizzato il mantenimento in servizio dei
presidi in età da pensione. «Nulla» . (da Federica Cavadini da Corriere
della sera)
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