Lettere in redazione
Gentile redazione,
tutte le polemiche sulla questione “pettine” e oggi
sull’incredibile proposta del “bonus” mi sembrano frutto di una
confusione su quello che è il concetto di diritto. Addirittura ho letto
che il bonus deve essere un diritto di tutti per una sorta di par
condicio rispetto a chi ha ottenuto il pettine.
Bisogna fare un po’ di chiarezza.
La nostra Costituzione dice che la Repubblica è fondata sul lavoro e
non sui posti di lavoro. Cioè il lavoro inteso come ciò che dà dignità
all’uomo, non lo stipendio e basta. Qui si fanno questioni di
territorialità, in base a un diritto acquisito a seguito di una scelta
di stabilità in un luogo. Il diritto, garantito dalla Costituzione, e
per il quale i ricorsi pro pettine sono stati vinti, è quello che dà
uguale dignità agli uomini, nella valutazione, nel merito e nella
mobilità. E non va identificato con la mera opportunità di curare i
propri interessi.
Il pettine e l’annullamento delle code non nascono
da un egoismo di presunti docenti di altre province (agli occhi
leghisti: del Sud) che invadono altre province e “tolgono” posti di
lavoro ad altri, già residenti. Il diritto sta nel lavoro come
strumento di realizzazione. Certo, con questo non dico che il posto non
sia importante per la propria stabilità economica e per la
progettualità di vita, ma il lavoro e la mobilità garantiti dalla
Costituzione sono diritti veri, il bonus non lo è, perché è principio
di diseguaglianza. E se c’è chi rivendica la tutela di una scelta fatta
nel 2007, avrebbe dovuto all’epoca, tanto per fare un esempio,
rivendicare anche il diritto che si chiudessero le SSIS per evitare
l'inserimento futuro di altri insegnanti in graduatoria con punteggi di
servizio pregresso e titoli più alti? Si parla di diritto al bonus
acquisito, perché iscritti ad una graduatoria in base alle regole
vigenti nel 2007. Diritto acquisito? Di che si tratta? Di un usucapione
delle cattedre? Non è un diritto, semmai è un interesse, legittimo e
comprensibilissimo, ma pur sempre un interesse.
Si potrebbe rispondere, allora, che proprio in virtù
di un regolamento già vigente prima della Gelmini, le graduatorie erano
state rinominate come “ad esaurimento” perché dovevano essere smaltite,
ma il taglio epocale di questi anni bui (altro che “riforma” epocale!)
ha annullato quel sistema già problematico, trasformando le
graduatorie provinciali in gabbie della disoccupazione, che furono
malamente riparate col sistema delle code, cui poi ha fatto seguito il
colpo di grazia del salvaprecari.
Allora il bonus non è un diritto, è un abuso. E
Pittoni è partito in quarta: 40 punti, ovvero tre anni di lavoro
o una decina di titoli (ammesso che possano essere valutati dieci
titoli!). Si potrebbe invece congegnare una sorta di diritto di
precedenza, a parità di punteggio, a chi ha maggiore anzianità in
graduatoria, tanto per le immissioni in ruolo quanto per i contratti a
tempo determinato. Altro non si può fare, perché partirebbe
inizialmente come incostituzionale, già sconfitto.
Il problema non è il pettine, ma il taglio operato
dalla Gelmini, senza alcuno scrupolo né per i docenti che da anni
lavorano nonostante tutte le difficoltà, né per gli alunni, dei quali
si ritorna a parlare in maniera strumentale, abusando di espressioni
come “continuità didattica”. Pare che questa sarà garantita dal bonus,
come se non sapessero che il precario è un tappabuchi e che non ha
neanche “diritto” a rivendicare la classe alla quale ha insegnato
l’anno precedente!
La lotta vera non è quella dei poveri che azzannano
la preda, ma quella dei diritti veri, contro chi ci vuol mettere l’uno
contro l’altro. Lottiamo per il lavoro, non per il posto.
Un docente di una graduatoria del Sud
che negli ultimi due anni ha lavorato "permanentemente" al Nord
galeon77@gmail.com
Angelo Ciotola