Viviamo in un
Paese incredibile! Un Paese dalla memoria corta, molto corta? O un
Paese in cui la “rimozione” è il più facile dei meccanismi? Il
risultato è comunque lo stesso e sembra riguardare un’ampia fascia dei
suoi cittadini, anche tra coloro che forse della memoria, a partire
ovviamente da quella storica, dovrebbero essere i baluardi. Mi riferisco a quella categoria di
cittadini di cui faccio parte, quella degli insegnanti, in particolare
quella degli insegnanti precari. Sarà la condizione di precarietà ad
affievolire la nostra memoria? Non lo escludo, anzi credo che
questo strano fenomeno di memoria corta o di rimozione sia
semplicemente il risultato di uno spirito, purtroppo naturale e banale,
di
sopravvivenza.
Veniamo ai fatti.
In questi giorni i precari della scuola, in particolar modo gli
insegnanti, sono sulle spine in attesa della sortita di normative che
li riguardano molto da vicino. Immissioni in ruolo, ricorsi,
aggiornamento delle graduatorie dalle quali da anni “sperano” di essere
immessi in ruolo, solo per fermarci all’essenziale. In tutto ciò non
mancano, anzi abbondano, voci che si rincorrono, polemiche, notizie
(volutamente?) poco chiare. Prima di tutto non è dato di capire quante
saranno le immissioni in ruolo, anche se sempre più sembra avvalorarsi
l’ipotesi che saranno la solita avara manciata a cui ci ha abituato
l’indissolubile duetto Gelmini-Tremonti. Inizialmente si è parlato di
67.000 tra docenti e A.T.A per il prossimo anno scolastico, mentre ad
oggi questa cifra sembrerebbe riferirsi al prossimo triennio. Chissà!?!
Su queste cifre è impazzata una delle polemiche, così tra chi vanta un
successo di una parte dei sindacati e chi denuncia l’inadeguatezza, la
poca chiarezza, la strumentalizzazione elettorale, per una parte dei
precari sembra quasi venire meno il confine tra chi spalleggia un
Governo che sta dal momento del suo insediamento prodigandosi per
l’impoverimento della Scuola Statale (risparmi spacciati per riforme) e
chi ne denuncia l’operato. Così ad esempio la Cisl attacca PD e Cgil e
subito dopo si ritira in preghiera per i lavoratori precari, quasi ad
ammettere la necessità di un miracolo per risolvere la loro situazione.
E sia detto per inciso, rispetto chi crede e la forza che può
attribuire alla preghiera, ma i lavoratori precari per trovare lavoro
hanno purtroppo bisogno di ben altro. Prima di tutto di un Governo che
si impegni a risolvere i problemi con piani programmatici e politiche
serie e non attraverso conferenze stampa e proclami elettorali. E
soprattutto che non obblighi a barattare le immissioni in ruolo di
pochi con l’azzeramento dei diritti di tanti (immissione in ruolo e
ricostruzione della carriera sulla base di tante sentenze che il
“Decreto sviluppo” sembrerebbe spazzare via) e sulla meschinità
dell’operazione non credo serva aggiungere altro.
In definitiva comunque ad oggi è mistero sul numero delle immissioni in
ruolo. Chissà, magari passata la prossima tornata elettorale, ne
sapremo qualcosa di più. Veniamo ora all’altro problema che sta
suscitando una montagna di polemiche e questa volta che non riguardano
tanto chi fa politica o sindacato, quanto piuttosto gli stessi precari,
in quell’interminabile battaglia dei poveri a cui siamo stati costretti
da anni, divisi da mille cose e ora in particolare dalla nostra
collocazione geografica! Ed ecco che non solo la guerra diventa
spietata, ma la memoria viene meno. Così chi ieri lottava per una cosa,
oggi magari lotta per l’esatto contrario. Cosa è successo nel
frattempo, ha cambiato idea (fatto sicuramente legittimo)? No, ha una
diversa posizione in graduatoria, ed è quindi diventato più conveniente
sostenere altre battaglie… Così chi prima si agitava per essere
inserito a pettine in una provincia in cui si trovava in coda, oggi se
ne infischia di diritti costituzionali e si scaglia contro chi ha
sostenuto la possibilità di cambiare provincia.
Ed ecco la memoria corta il cui unico scopo è quello di difendere la
propria posizione in graduatoria ed una debole possibilità di diventare
di ruolo o semplicemente di continuare a lavorare. Banalmente spirito
di sopravvivenza. Ma è mai possibile che questa memoria sia talmente
corta da dimenticare che se non diventeremo di ruolo, neanche questa
volta, non sarà stata colpa di un docente che viene dal Sud, ma dei
tagli Gelmini-Tremonti?
Vorrei chiedere ai miei colleghi precari se hanno capito che in cambio
di una manciata di immissioni in ruolo qualcuno ha pensato bene di
vendere i nostri diritti e che a fronte della riapertura delle
graduatorie con la possibilità di cambiare provincia è stata prevista
però l’impossibilità di cambiarla, una volta diventati di ruolo, per
ben 5 anni.
Come si può pensare di chiedere all’opposizione di appoggiare la Lega
nell’estremo tentativo di bloccare le graduatorie, e addirittura di non
aggiornarle? Come si può addossare la responsabilità dell’infinito
precariato a chi invece aveva avviato un piano di immissioni in ruolo
di ben 150.000 unità, completamente disatteso e cestinato dall’attuale
Governo?
Leggendo in giro tra siti specialistici e forum di varie associazione
di precari si è completamente spiazzati dal livello di polemica,
feroce, di tutti contro tutti.
Personalmente me ne tiro fuori, in realtà l’ho fatto da tempo, e invito
i miei colleghi precari a fare altrettanto. Continuando si fa il gioco
di chi non ha che da guadagnare da questa inutile guerra tra poveri.
Abbassiamo per un po’ i toni, riflettiamo su cosa sia più giusto, non
per noi, ma in generale - sappiamo tutti che questo è difficile, ma è
possibile – magari potremmo così arrivare a mobilitarci tutti insieme
per chiedere di ritirare i nuovi tagli e di fare un congruo numero (su
tutti i posti vacanti) di immissioni quest’anno e negli anni a venire,
investendo e non risparmiando sulla Scuola.
Potrebbe così apparire normale e non drammatico cambiare provincia o
ancora che un insegnante con quindici anni di precariato diventi di
ruolo prima di uno che ne ha tre o ancora che un neolaureato che voglia
dedicarsi all’insegnamento abbia una strada da percorrere per fare un
mestiere meraviglioso o ancora potremmo trovare la forza di mostrare la
nostra indignazione quando veniamo attaccati dal Presidente del
Consiglio. Ma viviamo in un strano Paese e questo purtroppo non sembra
essere ancora possibile.
*Amalia Perfetti insegnante precaria
del Centro Italia Amalia Perfetti insegna lettere nella scuola media in
provincia di Frosinone. E’ al suo trediciesimo anno di precariato nella
scuola, a cui si sommano dieci anni di precariato nell’università. Come
ha già avuto modo di raccontare al nostro giornale la precarietà nella
scuola l’ha portata anche a fare domanda come collaboratore scolastico
dopo aver mancato, a causa dei tagli, per poco l’agognato ruolo. Ha un
figlia che voleva fare l’insegnante, ma ormai vi ha rinunciato. (di
Amalia Perfetti da l'Unità.it)
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