Da un po' di tempo chi
per un motivo o per l'altro si oppone o dissente dalle presunte
novità strombazzate dalla ministra della istruzione o dai suoi
sostenitori è accusato di conservatorismo, di bieca ottusità perchè
non accetta o non capisce le riforme “epocalmente avveniristiche
proposte da questi strateghi del “buon governo” platonico e dalle sue
sacerdotesse vestali. E' però noto tuttavia che di nuovo, di realmente
innovativo e di epocale con questo ministero, c'è solo il coltello col
quale si sta togliendo perfino lo scalpo alla scuola italiana e alla
sua fondamentale missione educativa.
Eppure basterebbe uno sguardo un po' più attento o semplicemente più
modesto per rendersi conto che talune piccole innovazioni si possono
fare non solo a costo zero, ma anche con delle semplici leggine che
renderebbero la vita un po' più semplice a insegnanti e
funzionari, a dirigenti e soprattutto a quella larga schiera di precari
che ogni giorno di più devono proteggerei i capelli per evitare appunto
la perdita perfino dello scalpo. Tralasciamo le prospettive di
innovazione a nostro avviso straordinarie, come l'elezione
diretta dei presidi, in attesa che il nostro Polibio disamini la
questione con l'arguzia che lo contraddistingue, e andiamo alle
graduatorie a esaurimento nazionali che stanno diventando una sorta di
bandiera di battaglia in mano all'altrettanto nostro Libero Tassella:
cosa osta infatti affinchè le scuole attingano direttamente da una
graduatoria nazionale, distinta per classi di concorso? A chi disturba
che ciascun precario, in attesa di cattedra, possa scegliere il posto,
all'atto della convocazione, su base nazionale e non già su elenchi
provinciali? A parte una visibilità più ampia e coerente delle
disponibilità di lavoro, si consentirebbero scelte di vita e di futuro
al singolo docente sganciante dall'angusto contingente provinciale,
dove magari le prospettive sono poche e talvolta anche guerreggiate. La
consapevolezza razionale delle disponibilità di cattedre nel territorio
nazionale toglierebbe anche la sfida nei confronti della fortuna, per
cui si smetterebbe di chiedere, sia alle organizzazioni sindacali e sia
ai vari provveditorati, a che punto è la locale graduatoria provinciale
in funzione della domanda di incarico. Richiesta che da un lato umilia
e dall'altro non restituisce mai le certezza che ciascun docente
cerca. Si ha l'impressione dunque che ci sia una sorta di
accanimento irrazionale contro le riforme non solo di buon senso ma
anche di maggiore efficienza burocratica, anche perchè il lavoro dei
vari Usp verrebbe snellito a tutto vantaggio di elenchi nazionali
meglio confrontabili, verificabili e gestibili. Sarà poi intelligenza e
responsabilità del singolo docente accettare la nomina lontano dalla
sua provincia o cercare una sede a lui più consona. Né crediamo che la
mancata istituzione delle graduatorie a esaurimento nazione sia il
segnale della intransigenza della Lega ad accettare docenti terroni tra
le brume del Po; pensiamo che più semplicemente non si abbia in animo
di implementare meccanismi di reclutamento diversi da quelli finora
adottati; che manchi quel lievissimo coraggio normativo per
semplificare le cose anche perchè, con ogni probabilità, le confusioni,
le lungaggini, gli ingarbugliamenti alla fine fanno comodo a
pochi per tenere sotto scacco e forse pure sotto ricatto economico una
massa enorme di persone. Le graduatorie nazionali sono una grande
prospettiva di inserimento lavorativo per migliaia di docenti e pure un
modo per snellire pratiche burocratiche da anni incancrenite sui tavoli
ammuffiti dei vari Usp che devono centellinare ore e spezzoni, mentre
molte scuole assegnano le ore eccedenti a colleghi di ruolo disposti a
tutto pur arrotondare. Una riforma di buon senso, epocale
perfino, anche per i docenti di sostegno, esorbitanti in alcune
provincie, carenti in altre e dove magari si potrebbero collocare
professori con specifici titoli evitando così di nominare altri docenti
e altri ancora sprovvisti talvolta perfino del titolo necessario,
in un turbinio di attese e di speranze che servono solo a ingrossare le
fila del precariato e col tempo anche della disoccupazione.
Pasquale
Almirante
p.almirante@aetnanet.org