È BELLO che
l’onorevole Gelmini, nel commentare le dichiarazioni del presidente del
Consiglio sulla scuola, abbia citato la Costituzione. Peccato che
l’abbia citata a sproposito, capovolgendone il senso.
Secondo l'on. Gelmini, «Il pensiero di chi vuol leggere nelle parole
del premier un attacco alla scuola pubblica è figlio della erronea
contrapposizione tra scuola statale e scuola paritaria. Per noi, e
secondo quanto afferma la Costituzione italiana, la scuola può essere
sia statale, sia paritaria. In entrambi i casi è un´istituzione
pubblica, cioè al servizio dei cittadini». Ma la Costituzione non dice
questo, dice il contrario (art.
33).
Dice che «la Repubblica detta le norme generali sull´istruzione ed
istituisce scuole statali per tutti gli ordini e gradi». Che «enti e
privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione,
senza oneri per lo Stato». Dice che «la legge, nel fissare i diritti e
gli obblighi delle scuole non statali che chiedono la parità, deve
assicurare ad esse piena libertà e ai loro alunni un trattamento
scolastico equipollente a quello degli alunni di scuole statali».
L´art. 34 aggiunge che «l´istruzione inferiore, impartita per almeno
otto anni, è obbligatoria e gratuita», e prescrive che la Repubblica
privilegi, con borse a aiuti economici alle famiglie, «i capaci e
meritevoli, anche se privi di mezzi». La Costituzione stabilisce dunque
una chiarissima gerarchia. Assegna allo Stato il dovere di provvedere
all´educazione dei cittadini (obbligatoria per i primi otto anni) e di
garantirne l´uguaglianza con provvidenze ai «capaci e meritevoli». Fa
della scuola di Stato il modello a cui le scuole private devono
adeguarsi, e non ipotizza nemmeno alla lontana due modelli di
educazione alternativi e concorrenti. Ma come può esser mantenuta
l´efficacia del modello, se la scuola pubblica viene continuamente
depotenziata tagliandone personale e risorse, e per giunta irridendo
chi ci lavora? Lo smottamento in direzione della scuola privata
comincia coi governi di centro-sinistra (decreti Berlinguer del 1998 e
1999, legge 62 del 2000, governo D´Alema), e coi governi Berlusconi
diventa una frana: si taglia la scuola pubblica e si incrementano i
contributi alla scuola privata, sia in forma diretta che con assegni
alle famiglie, e senza alcun rispetto per il merito degli allievi. A
meno che il merito non consista, appunto, nell´aver scelto una scuola
privata. Ed è dal 1999 (riforma Bassanini) che il ministero oggi
ricoperto dall´on. Gelmini non si chiama più "della Pubblica
Istruzione", ma "dell´Istruzione" (senza "pubblica"). Anziché inveire
contro «la scuola di Stato dove ci sono insegnanti che vogliono
inculcare negli alunni principi contrari a quelli che i genitori
vogliono inculcare ai propri figli», ipotizzando una scuola pubblica
dominata dalla sinistra, Berlusconi dovrebbe dunque ringraziare la
sinistra per aver inaugurato con tanto successo la deriva in favore
della scuola privata. Ancora una volta, l´uomo che per il suo ruolo
istituzionale dovrebbe rappresentare lo Stato e il pubblico interesse
agisce dunque come il leader dell´anti-Stato. A una Costituzione che
assegna allo Stato il compito di dettare regole sulla scuola e di
imporre ai privati il rispetto delle stesse regole (e l´onere di
cercarsi i finanziamenti dove credono), si va così sostituendo, con
l´applauso del ministro della già Pubblica Istruzione, una Costituzione
immaginaria, nella quale "libertà" vuol dire distruzione della Scuola
pubblica, vuol dire convogliare i finanziamenti pubblici sulle scuole
private, vuol dire legittimare l´idea che nelle scuole pubbliche si
«inculcano» principi antilibertari, mentre nelle scuole private tutto è
automaticamente libero, perfetto, "costituzionale". Eppure nel
riformare la scuola, uno dei pochissimi provvedimenti di un governo che
ha il record dell´inazione e della paralisi, l´on. Gelmini si è fondata
sull´articolo 33 della Costituzione, secondo cui «la Repubblica detta
le norme generali sull´istruzione». E´ lo stesso articolo che, una
parola dopo, stabilisce la centralità e la priorità della scuola
pubblica, disprezzata dal presidente del Consiglio. Ma la "Costituzione
materiale" di cui si va favoleggiando (cioè l´arma impropria con cui si
vuol demolire l´unica e sola Costituzione, quella scritta) ha ormai
come principio fondamentale il cinico abuso di quanto, nella
Costituzione, può esser distorto a beneficio di una "libertà", quella
del premier, che consiste nell´elogiare l´evasione fiscale in un
discorso alla guardia di Finanza (11 novembre 2004), nell´attaccare
ogni giorno la magistratura, nel regalare al suo amico Gheddafi cinque
miliardi di dollari tolti alla scuola, al teatro, all´università, alla
musica, alla ricerca, alla sanità, nel consegnare il territorio del
Paese alla speculazione edilizia, nel legittimare col condono chi viola
le leggi, nel creare per se stesso super-condoni, usando le (sue) leggi
contro la forza della Legge. «Inculcare principi»: questa la concezione
dell´educazione (pubblica o privata) che Berlusconi va sbandierando.
Fino a quando lasceremo che «inculchi» impunemente nell´opinione
pubblica l´idea perversa che compito di un governo della Repubblica è
smantellare lo Stato, sbeffeggiando chi serve il pubblico
interesse? (da La Repubblica)
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