Per una volta, vorrei ricordare di essere (stato) figlio di due
insegnanti, che per tutta la vita si sono considerati sacerdoti dello
Stato unitario. Credo che da sabato troveranno ancor meno pace nelle
loro tombe. Un rinviato a giudizio per prostituzione minorile e
concussione si aggrappa al potere e alla credibilità facendosi garante
presso una parte della Chiesa contro un milione di maestri
elementari, professori di ginnasi, licei e istituti, presidi e
collaboratori scolastici, e contro un altro milione almeno di cittadini
“diversi” in natura (gay) o all’anagrafe (singoli), che aspirerebbero a
un’unione di fatto o a un’adozione.
Il tutto, mentre dall’altra sponda del Tevere si cannoneggia contro i
medici per aborti “presunti terapeutici” e i farmacisti per la pillola
del giorno dopo. Sembra che il momento del massimo inabissamento morale
delle nostre istituzioni rappresentative venga colto dalla parte più
reazionaria della gerarchia per esasperare in termini di guerra
religiosa ciò che andrebbe risolto con pragmatico realismo; e per
ottenere ulteriori vantaggi legislativi e finanziari dal governo
morente: come si deduce dalla comunicazione della stessa Conferenza
episcopale, che nell'ultimo anno il numero degli studenti iscritti
all'ora di religione è diminuito di un altro 1 per cento mentre il
numero degli insegnanti di religione (prevalentemente laici e donne) è
aumentato di altre 1200 unità.
Ci dispiace per i tanti cattolici onesti, a cominciare dai nostri
familiari, ma da cittadini siamo interessati innanzitutto alle
istituzioni democratiche, sottoposte al fuoco del raìs di Arcore: e ci
rivolgiamo ai ragazzi, agli insegnanti, a madri e padri perché il 12
marzo vadano alla manifestazione di Articolo 21 “Per la Costituzione e
per la Scuola”, in continuità con la manifestazione delle Donne; e ci
rivolgiamo al supremo garante delle istituzioni, il presidente della
Repubblica, pregandolo di lavare il fango contro la scuola con lo
stesso stile e contenuto culturale dell'incontro della scorsa
settimana, promosso al Quirinale, su funzione e sviluppo della lingua
nei 150 anni dell’unità. Centocinquant’anni fa in Italia il 70 per
cento della popolazione era analfabeta.
Questo era il prodotto del feudalesimo degli stati e del monopolio
scolastico della Chiesa. Sarebbe fondamentale che le grandi istituzioni
culturali tornassero al Quirinale per una riflessione sui 150 anni
della scuola pubblica in Italia. Il vecchio provveditore Nicola
D’Amico, per anni collaboratore scolastico del Corriere della sera (che
oggi relegava la rivolta di scuole e famiglie contro Berlusconi a
pagina 14), ha appena pubblicato una monografia di 800 pagine
Storia e storie della scuola italiana, Zanichelli: che parte dalla
riforma sabauda del 1859, legge Casati. Con la quale si iniziò la
civilizzazione degli italiani e continuò il braccio di ferro tra lo
stato moderno e la chiesa, iniziatosi nel 1851 con le leggi
Siccardi.
Quel braccio di ferro continua, come si vede, e le cialtronaggini dette
sabato ai “cristiani riformisti” (riformisti?) contro la scuola
pubblica ne sono un’aggiunta elettorale. La destra è impegnata da anni
su un doppio binario, a parole manda alla scuola direttive europee,
come “lavorare per competenze”. Nei fatti, Tremonti, Gelmini, Brunetta
stravolgono finanziamenti, ordinamenti, programmi, corpi docenti,
riducono le ore di presenza a scuola, si evade dai laboratori dove
bisognerebbe tradurre in progetti le nozioni apprese teoricamente in
aula; gli insegnanti non si aggiornano e vengono accusati di
“fancazzismo” dalle Pravde arcoriane, le non poche famiglie che
applaudono a Ruby tirano fuori gli artigli contro maestri e professori
se solo si permettono di redarguire o dare un’insufficienza ai figli,
resi scostumati e ignoranti dalla scostumatezza e dall’ignoranza di
quelle famiglie.
Purtroppo, errori di pedagogia, che hanno spinto verso questi
traguardi, sono stati compiuti non solo da ministri dell’istruzione che
nei primi decenni della repubblica “democratizzarono” la scuola e con
quella splendida copertura ne iniziarono la tacita dequalificazione a
favore della scuola a pagamento; ma anche da spiriti missionari
cattolici e comunisti, come don Milani e Gianni Rodari, troppo
ossequiati dalla cultura acritica. Ora, benché tardi, la cultura laica
riporta anche loro alle loro responsabilità. Paola Mastrocola ha
fatto centro nuovamente con Togliamo il disturbo. Saggio sulla libertà
di non studiare, Guanda; e ci sgomenta il suo quadro di
menomazione intellettuale dei ragazzi, invano mascherata dal luddismo
di telecomando, tastiera, cd, pc, i-Pod, i-Pad, palmari, telefonini
multiuso (compreso l' autofotografarsi lascivo) che al vescovo di San
Marino, intervistato dalla Stampa, non dice nulla, come nulla dice “la
moralità del premier perché il problema sono i Dico e le leggi
laiciste”. Don Milani – ha ricordato Cesare Segre parlando della
Mastrocola – predicò in buona fede “contro il babau del
nozionismo, svalutando cioè il concetto di nozione come conoscenza:
donde l’avversione per il sapere letterario e in particolare
linguistico, considerati appannaggio dei ricchi”. E sempre in buona
fede l'ottimo Gianni Rodari decretò “la vittoria della fiaba sulla
razionalità e sulla storia”, e trasformò l’aula scolastica in
palcoscenico, dove gli scolari, “distolti dallo studio, mettevano
allegramente in gara la loro pretesa inventività”.
I risultati di quella “scuola del fare” sono uguali ai risultati di
questo “governo del fare”, forma senza sostanza, smanettamenti senza
dottrina, affabulazione senza nozioni, bungabunga senza amore,
distruzione senza ricostruzione. Così Mario Draghi dice che
stiamo uccidendo la nostra potenziale maggiore ricchezza, i giovani. Ma
per questo delitto sono competenti i cittadini, non i pm.
Per firmare l'appello: http://www.articolo21.org/78/appello/12-marzo-io-ci-saro-perche-.html
I comunicati di adesione (in ordine di arrivo) di: Luigi De
Magistris, Angelo Bonelli, Rete dei Festival, Centro Pio La Torre,
Michele Meta, Roberto Morrione, Rosa Calipari, Roberto Zaccaria,
Oliviero Diliberto, Giancarlo Ghirra, Antonio Di Pietro, Rosy Bindi,
Pierluigi Bersani, Associazione Sylos Labini, Carlo Verna, Paolo
Ferrero e Rosa Rinaldi, Monica Guerritore, Jean Leonard Touadi,
Fulvio Fammoni, Filippo Rossi, Angela Napoli, Comitati Dossetti, Fabio
Mussi, Rete Studenti e Unione Universitari, Leoluca Orlando e la
Retitudine