«Sulla riforma vado avanti, il Paese è con
me. Lo vedo quando vado in giro, quando incontro la gente. Sento che la
maggioranza delle persone sta dalla mia parte, che il Paese è maturo,
forse più della politica, che è pronto al cambiamento che lo vuole e lo
chiede». Il ministro Gelmini ha appena terminato un’altra
giornata di incontri e dibattiti, è passata attraverso una settimana di
contestazioni.
Ha subito i colpi del fuoco amico, con i finiani che hanno fatto
vacillare la riforma dell’Università in Parlamento, ma il ministro
Mariastella Gelmini sembra non stancarsi mai di difendere la sua legge.
La piccola Emma piange, mentre la mamma è al telefono. Ma dovrà
pensarci papà Giorgio, in certi momenti viene prima il ministro e poi
il genitore.
Ministro, ora può stare più tranquilla, Fini l’ha rassicurata, ha detto
che Fli voterà la sua riforma. L’ok sembra scontato ormai, anche se con
il no dell’Udc.
«Le parole di Fini sono un segnale positivo, indubbiamente, perché sono
da sempre convinta che il centrodestra debba battersi nella scuola, ma
anche nell’università e nel mondo della cultura, per affermare valori
come il merito, la responsabilità, la centralità dell’impegno anche
negli studi. Questa è una riforma necessaria e urgente non solo perché
interviene su parentopoli e baroni, ma perché dobbiamo ridare una
prospettiva di carriera a chi vuole fare ricerca, introdurre la
valutazione per orientare gli investimenti, premiare il merito. È un
bene che i finiani la votino. Mi dispiace per il mancato voto dell’Udc,
che ha annunciato che dirà no alla legge. Mi dispiace perché l’Udc
condivide con noi l’appartenenza al Partito popolare europeo e
condivide i nostri valori. La battaglia sul merito e sulla necessità di
legare l’autonomia degli atenei alla responsabilità si poteva fare
insieme. Visto che l’Udc non ha ostacolato la calendarizzazione della
riforma alla Camera, mi auguro che sul voto finale il partito di Casini
ci possa ripensare. Abbiamo bisogno di una riforma che sia trasversale
e condivisa, che possa durare più di una legislatura».
Dalla piazza la nuova leader della Cgil, Susanna Camusso, le ha detto
di ritirare la legge e aprire il confronto invece di fare appelli su
Youtube.
«La legge non la ritiro e il confronto c’è sempre stato. Proprio oggi
(ieri per chi legge, ndr) ho incontrato cinquecento studenti al circolo
della Stampa di Milano con cui abbiamo parlato apertamente».
Perché non si confronta in un grande ateneo, per esempio alla Sapienza?
«Vorrei andarci, ma sono costretta ad evitare per motivi di ordine
pubblico. E mi dispiace davvero. Vorrei recarmi alla Sapienza o in
altri grandi atenei, ma di fatto mi è impossibile. Anche per questo
cercare di accreditare l’idea che io sia un ministro chiuso che non si
confronta è un falso storico, è un pregiudizio».
Teme che le contestazioni di questi giorni possano degenerare?
«Sì, e per questo invito l’opposizione ad abbassare i toni prima che
qualcuno si faccia male. Se all’angoscia dei giovani si unisce la
politica che esaspera in toni e gioca allo scontro c’è il rischio che
qualcuno si faccia male davvero».
Gli studenti che contestano parlano di futuro, hanno paura del
precariato. Il mondo che li aspetta, in effetti, non è quello che hanno
avuto i loro genitori. Ha provato a comprendere la loro preoccupazione?
«Certo e infatti li capisco. I giovani sono angosciati per il futuro,
perché c’è un forte problema di disoccupazione, e hanno ragione. Ma di
fronte a questa situazione una opposizione responsabile dovrebbe
cercare una soluzione con la maggioranza, invece per due anni la
sinistra ha detto ai nostri giovani che il governo non investe, che gli
ruba il futuro. Non abbiamo potuto aumentare la spesa pubblica per
colpa della crisi, ma abbiamo anche tagliato molti sprechi e questo
proprio per il bene dei giovani. Chi invoca solo più risorse spesso ha
in mente la difesa dei propri privilegi. Abbiamo avuto il dovere di
risparmiare, per evitare di diventare come la Grecia o l’Irlanda. E poi
illudere i giovani che mettendo più soldi si risolve tutto è pura
demagogia».
Secondo
lei, dunque, in questo momento la sinistra non fa l’interesse dei
giovani?
«No, e lo dimostra l’atteggiamento
sulla riforma dell’università: non mi sorprende che la contestino
perché è una riforma epocale sul piano culturale. Infatti spazza via la
cultura egualitaria del ’68 facendo largo ad un sistema dove chi
sbaglia paga, dove il punto di partenza è uguale per tutti, ma non
quello di approdo. Basta con i 6 e i 18 politici, basta allo stipendio
uguale per tutti, ecco cosa fa paura alla sinistra. Noi chiederemo ai
rettori, cosa che non si è mai fatta, di dimostrare che sono anche
bravi manager, che sanno tenere in regola i bilanci».
Voi nella riforma cosa avete messo per
i giovani?
«Il Fondo per il merito degli studenti
che, posso assicurare ai più critici, sarà finanziato. E poi noi
scriviamo nero su bianco che ci saranno 1.500 assunzioni all’anno di
professori associati per i prossimi tre anni e poi le ripeteremo per
altri tre. Non facciamo promesse, abbiamo inserito misure concrete.
Oggi invece cosa abbiamo? Ricercatori sfruttati che fanno didattica
anche se non dovrebbero. E a chi danno la colpa? Al governo, ma questo
accadeva già prima. Invece noi vogliamo premiare i meritevoli, con gli
scatti di stipendio non a pioggia ma per chi lavora meglio. Invito a
leggere il disegno di legge con calma e a valutarlo senza pregiudizio e
senza le categorie dei pensiero del Novecento».
Il progetto è chiaro, ma manca lo strumento per valutare oggi. Quando
parte l’Agenzia di valutazione? Ormai se ne parla da due anni.
«Prima di Natale ne annunceremo i componenti e quindi prenderà il via
entro fine anno il nuovo sistema di valutazione».
A proposito di scadenze, martedì chiudete la riforma dell’università
alla Camera, poi c’è il Senato. Entro quando sarà legge?
«Confido che prima della metà di dicembre la riforma sarà legge. Ma
intanto voglio annunciare che stiamo già lavorando ai decreti
attuativi, in modo che per l’inizio del nuovo anno possiamo già
inaugurare alcune delle nuove regole. E a breve daremo agli atenei i
fondi 2010 con il 10% delle risorse legate al merito”.
Parentopoli, con la riforma arriverà la svolta?
«Stiamo lavorando ad un emendamento da condividere alla Camera con
tutti i gruppi. Vogliamo essere rigorosi ma senza penalizzare nessuno
solo per il cognome che porta».
(di Alessandra Migliozzi da http://www.ilmessaggero.it/)
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