In tempi di
crisi, arrivano a questo sindacato notizie allarmanti d’istituti
statali in cui i dirigenti, in nome dell’autonomia, adottano le
modalità più improbabili per attuare i piani formativi delle proprie
scuole.
È di qualche giorno fa la segnalazione, da parte dei
rappresentanti sindacali, di una scuola di Catania, il Circolo Didattico “Rapisardi”, in
cui gli alunni di tutte le classi, oltre a versare una somma annuale
all’atto dell’iscrizione, pagano una quota mensile (neanche tanto
simbolica!) di 27 euro per usufruire delle attività aggiuntive. Nello
stesso istituto sono state attivate, inoltre, “tre classi pilota” (così
le ha definite la dirigente) in cui il contributo mensile delle
famiglie sale a 40 euro. In queste classi l’offerta formativa è più
ricca che nelle altre e le attività laboratoriali sono più numerose.
Una decisione che i sindacati, presenti alla contrattazione d’istituto,
non hanno esitato a definire discriminatoria nei confronti di quei
bambini le cui famiglie non fossero in grado di sostenere la tassa e un
pericoloso precedente in cui viene attentato al diritto allo studio
nella scuola dell’obbligo.
Purtroppo l’episodio non è nemmeno un caso così isolato. A fronte dei
tagli e dell’incoraggiamento da parte del governo a far sì che ogni
preside o rettore pratichi l’antica arte di arrangiarsi, d’italica
abitudine, trovando soluzioni creative, seppur spregiudicate, per
sostenere i costi dei propri istituti, i dettami costituzionali che
assicurano la gratuità della frequenza della scuola dell’obbligo, del
diritto all’istruzione e dell’eguaglianza sono sempre più a rischio. Si
assiste così a un proliferare d’iniziative di dirigenti scolastici
disinvolti, che hanno come obiettivo dichiarato il batter cassa con gli
utenti, provando, di fatto, a privatizzare un servizio: quello
dell’istruzione in obbligo scolastico che, per legge, deve rimanere
pubblico.
Nonostante a Catania (come in tutte le grandi città) le forti
differenze fra le “scuole bene”, d’elite medio-borghese, e quelle
disagiate dei quartieri “a rischio” ci siano sempre state, adesso si
rischia di toccare il fondo. Solo qualche mese fa il preside di un
istituto comprensivo di una zona residenziale, dopo aver istituito,
all’interno della stessa scuola, classi in cui era previsto il servizio
mensa, differenziandole da quelle in cui i genitori erano costretti a
provvedere al pranzo dei propri figli con un panino, ha avuto la
dinvoltura di chiedere alle famiglie i soldi per rinnovare gli arredi
scolastici. Per fortuna, in quel caso, il tentativo non è andato a buon
fine.
In un periodo così buio per la cultura, lo studio e la conoscenza è
dovere di tutti, soprattutto dei sindacati, denunciare con forza le
logiche classiste e sperequative che rischiano di travolgere il nostro
sistema d’istruzione.
(da Flc-Cgil Catania- Nella foto la segretaria provinciale Flc, Antonella Distefano)
redazione@aetnanet.org