Il Miur ha comunicato
con enfasi, per bocca del ministro Gelmini, l’avvio di due progetti
sperimentali connessi alla valorizzazione e al sostegno del merito. Alle scuole migliori sarà assegnato un
premio fino ad un massimo di 70 mila euro; ai docenti migliori un
premio pari ad una mensilità di stipendio.
Entrambi i progetti riguarderebbero il presente anno scolastico e
sarebbero congeniati nel modo che segue.
1. Le scuole. Un certo numero di secondarie di I grado delle province
di Pisa e Siracusa si sottoporranno volontariamente alla valutazione
del valore aggiunto dei loro alunni (differenza tra i livelli di
apprendimento di prima e terza media) tramite test dell’Invalsi, cui si
aggiungeranno verifiche esterne. Sulla base dei risultati complessivi,
e con l’ausilio di una commissione tecnica regionale, saranno formulate
due graduatorie (risultati Invalsi e prove esterne) che si comporranno
nell’elenco finale degli istituti eccellenti, il 25% dei quali sarà premiato. La
destinazione dei riconoscimenti ha come vincolo la retribuzione del
personale operante nella scuola nel periodo di sperimentazione. 2. I docenti. Saranno premiati, nella misura
del 15-20% della graduatoria finale, insegnanti di 20 istituti situati
a Torino e a Napoli “che si distinguono per un generale apprezzamento
professionale”. Come si pensa di procedere? La proposta del
Comitato tecnico scientifico istituito dal Miur intende incrociare
autovalutazione e valutazione esterna delle migliori performance dei
docenti. In breve, un nucleo di valutazione interno alla scuola
(composto dal dirigente e da due docenti eletti dal Collegio dei
docenti, cui si affiancherà il presidente del Consiglio di Istituto)
prenderà in considerazione il curriculum vitae, il documento di
autovalutazione degli insegnanti che hanno deciso di sottoporsi
all’esperimento, nonché “l’apprezzamento dei docenti da parte
dell’utenza (genitori e studenti)”.
A fronte di questo quadro, ripreso sommariamente, una prima
osservazione concerne l’indubbia novità della prospettiva che si apre.
La valorizzazione della professione docente, associata al
riconoscimento economico, esce dal limbo delle dichiarazioni e si
concreta in una proposta normativa e culturale.
Tuttavia, seconda osservazione, i due disegni sperimentali appaiono
profondamente diversi l’uno dall’altro, sebbene uniti apparentemente
dallo stesso fine. La valutazione delle scuole e quella degli
apprendimenti degli studenti è già nel Dna dell’Invalsi, il cui sistema
di monitoraggio opera da alcuni anni nella direzione del valore
aggiunto realizzato dall’attività didattica. La valutazione delle prestazioni dei
docenti non si può avvalere dello stesso patrimonio di esperienze ormai
consolidate: non ci sono istituti esterni o interni che se ne occupino
e il docente italiano non è abituato a formulare un proprio portfolio
professionale. Il problema è come arrivarci.
Si è parlato recentemente di
un’anagrafe telematica nazionale dei docenti. Bene: a partire
da una carta d’identità personale e pubblica del docente, in linea di
principio sarebbe possibile “abbinare ogni singolo insegnante alla
performance degli studenti ai quali ha insegnato nel periodo di
riferimento (eventualmente ponderata per la durata dell’insegnamento e
per la qualità iniziale degli studenti)”: Checchi, Ichino, Vittadini,
Un sistema di misurazione degli apprendimenti per la valutazione delle
scuole: finalità e aspetti metodologici, Proposta preparata per
l’Invalsi, 2008. Sul piano
dell’incentivazione sarebbe teoricamente possibile disegnare un sistema
di premi ai singoli operatori della scuola, in ragione del
conseguimento di obiettivi relativi agli studenti con i quali essi
siano entrati direttamente in contatto.
Le difficoltà concettuali ed operative, sottolinea ancora la ricerca
citata, sono però numerose: anzitutto,
il lavoro degli insegnanti è in gran parte un lavoro di gruppo e non è
facile isolare il contributo del singolo docente; inoltre bisogna
tenere conto della mobilità dei docenti e dell’indebolimento
progressivo, a misura della evoluzione dell’alunno, tra l’apprendimento
degli studenti e il contributo del singolo operatore scolastico.
Sulla scia di queste note, proseguiamo con una terza osservazione,
relativa a una successiva difficoltà che rende problematica (sebbene
non impossibile) la valutazione premiante del singolo docente. Essa
concerne la scelta del metodo dell’incentivazione col quale avverrebbe
l’operazione enunciata. L’incentivazione, sottoposta a controllo
sindacale sulla base del contratto scolastico, implica una concezione
dell’insegnamento come somma di attività e dell’insegnante come figura
corrispondente ad una “funzione” piuttosto che a una “professione” che
si esercita anche nella creatività della conoscenza e nella libertà di
educazione. Bisogna invece
riconoscere che vi sono docenti che si assumono particolari
responsabilità oppure hanno scelto di esprimere la propria preparazione
in determinate condizioni (una certa scuola, una certa classe, un certo
territorio).
Non esiste quasi mai una corrispondenza simmetrica tra compiti del
docente e piano dell’offerta formativa (Pof) della singola scuola
autonoma: nel bene e nel male il Pof deve essere interpretato. Il
progresso negli apprendimenti degli alunni è infatti favorito
dall’incontro tra la cura che il docente ha della loro maturazione
complessiva e la libera scelta dei ragazzi di scoprire il significato
di tutto quello che viene loro proposto. L’apprendimento è un fenomeno che attiene
al rapporto educativo complessivo e non prescinde dal clima umano e
culturale della classe. Rispetto a un docente che si misura con
questa prospettiva, potremmo definirlo “asimmetrico”, la semplice incentivazione persevera
l’equivoco di considerare gli insegnanti tutti uguali, quanto a
funzione svolta, salvo che qualcuno è “più uguale degli altri” (per
usare l’inflazionata formula) e perciò merita la gratificazione.
In conclusione, se un segnale forte deve provenire dal progetto
riguardante i docenti, dovrebbe essere anzitutto nella direzione di
voler uscire dal meccanismo della incentivazione delle prestazioni. Una strada da praticare potrebbe essere
quella di valorizzare la capacità di un docente o di un gruppo di
docenti trasversale all’interno dell’istituto, di integrare l’offerta
formativa della scuola allo scopo di migliorare l’apprendimento dei
ragazzi. L’impegno del docente/gruppo di docenti, finalizzato
allo sviluppo dell’identità degli alunni in uscita dal percorso
formativo, potrebbe essere sottoscritto all’inizio dell’anno scolastico
e verificato alla fine nella forma sia dell’autovalutazione che
dell’osservazione dello stato degli apprendimenti e del metodo con cui
sono stati ottenuti.
Più che un premio, insomma, un riconoscimento all’insegnante
asimmetrico che muove la propria professionalità in maniera autonoma e
condivisa. (Di Fabrizio Foschi da www.ilsussidiario.net)
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