Sconsolata analisi
del centro studi dell'organizzazione confindustriale
che tuttavia dimentica che è la domanda di lavoratori con alto livello
di istruzione, riconosciuto ed apprezzato, ad influenzare l'offerta.
Un sistema produttivo per il quale la maggiore preparazione scolastica
è un ostacolo alle assunzioni e nel quale i giovani, magari laureati,
se trovano un lavoro lo hanno con retribuzioni pari a coloro che hanno
abbandonato la scuola anzitempo, scopre il problema della bassa
istruzione.
Meglio tardi che mai capire che anche «le carenze del sistema di
istruzione italiano» sono «un grave ostacolo competitivo».
Lo ha fatto il centro studi di Confindustria in una analisi, poco
autocritica, dei passi indietro fatti dall'Italia rispetto agli altri
maggiori Paesi. Per gli economisti di Confindustria in Italia ci sono
«pochi diplomati», «studenti ignoranti», «laureati rarefatti».
«La quota di popolazione in età da lavoro che ha completato
l'istruzione secondaria superiore - spiega il rapporto - è di più di 30
punti percentuali inferiore a quelle di Repubblica Ceca, Stati Uniti,
Polonia e Germania. Circa 17 punti minore di quelle di Francia e Regno
Unito.
Le distanze si sono molto ridotte tra i giovani (25-34enni), ma sono
ancora troppo ampie: 15-20 punti in meno degli altri paesi avanzati».
E «non si può neppure dire che i diplomati italiani siano pochi ma
buoni. I risultati dell'indagine PISA-OCSE, che misurano il livello
delle competenze dei quindicenni in matematica e scienze, rivelano che
l'Italia è indietro.
Esistono enormi divari di apprendimento tra le macroregioni. Il Nord ha
punteggi inferiori solo a quelli di Germania e Regno Unito. Il Sud
gravita su voti inferiori ai greci: una potente spiegazione
dell'elevata disoccupazione tra i giovani meridionali. Si rischia di
congelare o aggravare l'arretratezza del Mezzogiorno».
Nell'università «le mancanze dell'Italia sono simili a quelle
riscontrate nella scuola. La quota di popolazione tra 25 e 64 anni con
un qualsiasi diploma universitario è del 14%, circa 28 punti in meno
rispetto a quella di Giappone e Stati Uniti, 19 in meno del Regno
Unito».
La situazione migliora per i 25-34enni, ma il distacco aumenta nei
confronti di Giappone, Francia e Spagna.
«Il divario si assottiglia se si guarda ai laureati in rapporto alla
popolazione in età tipica di laurea, ma il dato, oltre che molto
variabile, è distorto dall'anomala presenza in Italia di un alto numero
di laureati fuori corso che vengono inclusi nella statistica qualunque
sia l'età di conseguimento del titolo di studio».
(da
http://www.iltamtam.it/)
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