Si è ufficialmente
aperto il primo settembre il nuovo anno scolastico 2010/11 e si è
aperto sui turbamenti di una tempesta mai registrata negli anni
precedenti, ma della quale tuttavia già si era avvertita la nuvolaglia
fin da luglio, se non addirittura prima, quando si intrufolarono sui
quadranti della finanziaria 2008 i venti freddi della stretta economica
e il nevischio della cosiddetta riforma epocale della secondaria
superiore firmata dalla ministra Gelmini che da troppe parti tuttavia
fu salutata con applausi. Come fu salutato, come l’aquilone nel nuovo
cielo, il ritorno dell’ottocentesco maestro unico a cui si aggiunse lo
specioso dibattito se fosse unico o prevalente, mentre il modulo di tre
docenti soffocava sul patibolo della indifferenza e delle demagogia. E
di fronte alla pesanti grandinate degli scioperi della fame, in
corso un po’ in tutta Italia da parte dei precari da qualche giorno,
qualcuno ancora ha il coraggio di dire che si tratta dei soliti
pochissimi facinorosi comunisti o che un incaricato a tempo
determinato, a scuola o alla Fiat, sa che non può pretendere
nulla se non il suo rapporto a scadenza o che il numero dei
docenti italiani è sproporzionato rispetto alla media europea o che il
97% dei fondi Miur vengono spesi per pagare stipendi o che occorre
pensare ai bisogni dell’utenza e non già a foraggiare personale, che è
pure spesso poco qualificato, o altre amenità del genere come l’idea
che la scuola è stata sempre considerata, fin dal famigerato “68,
un ammortizzatore sociale.
Su questi temi i pretoriani, ma forse è meglio dire i maghi della
pioggia di Gelmini e Tremonti conducono la battaglia, aprendo
ombrellacci o facendo danze propiziatrici per allontanare le tempeste
originate dai precari a cui si sta aggiungendo pure qualche manipolo
spaventato di professori perdenti posto e col rischio di essere
sballottato fuori dai sicuri confini della propria scuola.
Ma questo che si apre è anche un anno scolastico contrassegnato dalle
incertezze dovute non solo alle poche nomine ma anche imbrigliato e
condizionato dagli esiti dei vari ricorsi alla giustizia amministrativa
e impostati sia dai sindacati e sia da gruppi di docenti. Un anno
ancora più tempestoso, con ogni probabilità, se anche i professori di
ruolo ingrosseranno i cumolo nembi della protesta dei colleghi precari
facendo mente locale sul mancato rinnovo del contratto di lavoro, e
quindi dei dovuti aumenti salariali del biennio e del quadriennio, sul
congelamento degli scatti di anzianità, sull’accrescimento degli alunni
per classe, sulle scuole cosparse ancora di amianto o inadeguati o
fuori norma. O se rifletteranno sui concetti di merito e di premialità
di cui si sibila al Miur ma attorno a cui c’è tanta di quella
confusione, mista a minaccia e blandizia, che dovrebbe mettere sul chi
va là un po’ tutti.
Ma sarà pure l’anno della implementazione dei test Invalsi in ingresso
e in uscita che procurano molto più lavoro, stress e meccanismi
di protezione che poi fanno gridare agli imbrogli e alle manipolazioni,
tant’è che già si è detto che i professori meridionali non sarebbero
affidabili, ma come non lo sarebbe la loro preparazione e la loro
dedizione alla scuola. Un anno con nuovi rigori nei confronti degli
alunni , i cui esiti andranno dalla pretesa media utile (tra il 9 e il
10) per ottenere la lode agli esami di stato, al numero delle assenze
massime per non superare l’anno scolastico (non oltre i tre quarti
dell’orario annuale, pari a 50 giorni complessivi). Un rigore che
inorgoglisce la ministra e che si appaga se i bocciati aumentano con
similare soddisfazione di una divinità pagana, scordando non solo i
suoi personali trascorsi ma anche che ogni insuccesso scolastico è un
fallimento della scuola e quindi dello Stato.
Un nuovo anno dunque cosparso da nerissime nuvole all’orizzonte della
istruzione, mentre nessun arco di una rinnovata alleanza fra le
istituzioni politiche e la scuola si intravvede, proprio perché manca
quel sole dell’avvenire su cui i docenti cercano di formare i giovani
come, sia don Bosco e sia don Milano hanno a lungo predicato.
PASQUALE ALMIRANTE
p.almirante@aetnanet.org