Uno
studio americano ha scoperto che due differenti reazioni emotive agli attacchi
terroristici dell'undici settembre, la paura oppure la rabbia, portano a stime
divergenti sul rischio di nuovi attacchi e su come il governo degli Stati Uniti
debba rispondere. Coloro che hanno provato principalmente rabbia tendono in
generale a ritenere più basso il rischio di nuovi attacchi e sostengono con
maggior forza una politica aggressiva.
In passato, numerosi studi hanno mostrato che la percezione dei rischi è
guidata non solo da giudizi razionali - per esempio, da calcoli sulla certezza o
la controllabilità degli eventi - ma anche dalle emozioni. In uno studio in
laboratorio, gli psicologi Jennifer Lerner della Carnegie
Mellon University di Pittsburgh e Dacher Keltner dell'Università
della California di Berkeley, hanno scoperto che la rabbia tende a favorire
una percezione di minore rischio, mentre la paura spinge verso il pessimismo.
Poche settimane dopo l'attacco terroristico alle torri gemelle del 2001, Lerner
e colleghi hanno valutato il grado di rabbia o di paura in un gruppo di 973
cittadini americani. Due mesi più tardi, hanno manipolato queste emozioni nei
partecipanti, chiedendo loro di descrivere il proprio stato d'animo, presentando
articoli di giornale o immagini per suscitare in loro paura oppure rabbia.
I risultati, pubblicati sul numero di marzo della rivista "Psychological
Science", confermano gli studi precedenti: chi aveva provato rabbia -
l'emozione prevalente - era più ottimista sulla possibilità di prevenire nuovi
attacchi e sulla propria sicurezza personale in futuro. Al contrario, chi aveva
provato paura - più donne che uomini - era pessimista sul rischio di attacchi
futuri e sulla probabilità di essere personalmente colpito, anche da cause non
legate al terrorismo.
Le emozioni erano correlate anche alle opinioni politiche. La rabbia favoriva il
consenso all'espulsione degli stranieri non in regola, la paura spingeva verso
una politica più conciliatoria.
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