L’emendamento alla riforma della Pubblica amministrazione votato dalla Camera fa venire i brividi: per diventare dirigenti o funzionari pubblici non basterà il voto di laurea ma servirà anche la “qualità” dell’ateneo che ha valutato l’aspirante!
Insomma, una vera e propria discriminazione tra atenei e fra laureati, a seconda della loro provenienza universitaria che creerà non poco imbarazzo agli atenei meno blasonati, ma pur sempre dignitosi!
Non ha imbarazzo alcuno, invece, il Pd che così operando vorrebbe “pesare” il titolo di studio e anche l’università di provenienza (valutata da chi e come non si sa!) per frenare – a loro dire – quel meccanismo di ricerca dell’ateneo più generoso nei voti, ma meno qualificato.
Così oltre alle affermazioni del Premier che esistono in Italia università di serie A e di serie B, adesso avremo anche gli atenei che rilasciano titoli doc (=apprezzabili nei concorsi) ed altri che rilasciano titoli di carta straccia!
E gli studenti incolpevoli, pur se bravissimi, se capitati in un ateneo non al top? Chi se ne frega!
Sempre nel quadro degli emendamenti al ddl Madia arriva la mannaia sui dirigenti pubblici che saranno licenziabili se rimasti senza incarico per un periodo prolungato di tempo, anche se “per decadere dal ruolo il loro operato dovrà essere valutato negativamente dall’organismo di appartenenza”.
È saltato invece l’obbligo di un esame per i dirigenti che puntano all’assunzione a tempo indeterminato poiché la I Commissione ha dato “via libera” alla proposta di valutazione da parte dell’amministrazione presso la quale è stato attribuito l’incarico iniziale pur senza aver superato un apposito concorso; modificata, inoltre, la durata del periodo di prova che scende da 4 a 3 anni, nei quali i dirigenti hanno l’obbligo della formazione. (n.b.)

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