Dal piano
assunzioni al preside-sindaco, dall'autonomia al legame scuola azienda:
i tratti distintivi della riforma e le obiezioni. E i dubbi sul piano
per l'edilizia scolastica per i contributi a paritarie e docenti - I
prof si ribellano alla Buona scuola e scendono in piazza. La riforma
proposta al Parlamento dalla coppia Renzi-Giannini, dopo quasi sette
anni, martedì 5 maggio porterà in sciopero almeno mezzo milione di
docenti e Ata. La discussione sui contenuti del disegno di legge
presentato alla Camera sta accendendo gli animi dei diretti interessati
e degli esponenti politici che si apprestano a combattere la battaglia
parlamentare. Ma cosa prevede il provvedimento depositato qualche
settimana fa? E quali sono i motivi che hanno indotto il popolo della
scuola alla mobilitazione contro premier e ministro?
Il Piano assunzioni. E' pronto un piano da 100mila assunzioni che si
pone come obiettivo la chiusura delle graduatorie provinciali dei
supplenti e il definitivo superamento della stagione del precariato
scolastico in Italia. Tra i 100.701 insegnanti che a settembre
potrebbero coronare il sogno del posto stabile rientrano tutti gli
inclusi nelle liste dei precari della scuola primaria, media e
superiore e i vincitori dell'ultimo concorso a cattedre. Rinviata per
il momento l'assunzione degli insegnanti della scuola dell'infanzia,
interessata dalla riforma 0-6 che dovrebbe coordinare i servizi per
l'infanzia da zero a sei anni: nidi e scuole materne. In questi ultimi
giorni, diversi esponenti del governo non hanno nascosto le proprie
perplessità per una protesta che si contrappone anche al mega piano di
assunzioni con 100mila posti in palio.
- Le obiezioni. Ma, secondo quanto rilevato da tutti i sindacati, la
proposta dal governo è una soluzione solo a metà: dal piano restano
fuori gli idonei all'ultimo concorso, in un primo momento assunti anche
questi, e migliaia - forse più di 50mila -
precari d'istituto, che hanno prestato servizio per anni, cui verrebbe
dato il benservito. E, al momento, il governo non dà nessuna risposta
alla sentenza che a novembre ha condannato l'Italia per abuso di
precariato nella scuola. Anzi, stabilisce che dopo tre anni di
supplenze si viene "licenziati".
Il preside-sindaco. L'idea che ha in mente Renzi è quella di rilanciare
la scuola assegnando più potere ai dirigenti scolastici. Tra le
competenze del capo d'istituto è prevista la compilazione del Piano
triennale dell'offerta formativa della scuola - il
documento politico-organizzativo dell'azione educativa -
che svuota gli organi collegiali di importanti poteri deliberanti.
Passa nelle mani del capo d'istituto la valutazione dei docenti neo
immessi in ruolo e toccherà sempre al dirigente scolastico premiare,
con un corrispettivo in denaro, gli insegnanti più bravi. Il preside
dell'era Renzi potrà inoltre scegliere i docenti dagli albi
territoriali in cui verranno piazzati i 100mila nuovi assunti e potrà
"strappare" alle altre scuole i docenti migliori.
- Le obiezioni. La novità del preside con i superpoteri ha spaventato
perfino alcuni diretti interessati e terrorizza gli insegnanti che già
immaginano una scuola con un deus ex machina o un dittatorello che
potrà fare il bello e il cattivo tempo. Insomma, i docenti non si
fidano affatto dei loro dirigenti scolastici e forse non li considerano
neppure all'altezza del gravoso compito. E' questo uno dei motivi più
pressanti che porterà in piazza i docenti a maggio.
Scuole più autonome. Il piano di assunzioni e il preside "a trazione
integrale" serviranno a realizzare, dopo quasi vent'anni, l'autonomia
scolastica con risorse di personale ed economiche adeguate. Per queste
ultime, oltre ai finanziamenti statali, sono previsti altri due canali:
l'eventuale destinazione alla scuola del 5 per mille dalla
dichiarazione dei redditi annuale da parte dei genitori e lo "school
bonus", eventuali donazioni in denaro da parte di privati. E gli
istituti superiori potranno anche organizzare il curriculum dello
studente, con materie aggiuntive da scegliere negli ultimi anni del
percorso della secondaria di secondo grado. E' anche previsto il
potenziamento della musica e dell'educazione motoria all'elementare e
dell'economia e della storia dell'arte al superiore. E un piano per
sviluppare le competenze digitali degli studenti.
- Le obiezioni. Ma sulle nuove modalità di finanziamento sul governo
sono piovute critiche feroci. La paura è che, nonostante la quota
perequativa del 10 per cento prevista dal disegno di legge, si
accentuino i divari tra scuole frequentate dalle élite e gli istituti
ubicati in contesti disagiati.
Legame più stretto tra scuola e aziende. Si tratta della ricetta messa
in campo dal governo per combattere l'enorme dispersione scolastica di
cui soffre il nostro sistema educativo. Ma si tratta anche di un modo
per avvicinare l'offerta formativa delle scuole e la domanda di
professionalità delle imprese che spesso non riescono a reperire sul
mercato alcune figure. Sarà l'alternanza scuola-lavoro -
con almeno 400 ore in azienda nei tecnici e nei professionali
nell'ultimo triennio e 200 ore nei licei - lo strumento per
realizzare questi obiettivi.
- Le obiezioni. Coloro che criticano l'intero impianto della riforma
temono che la scuola venga piegata eccessivamente sul lavoro perdendo,
almeno in parte, la dimensione educativa che ha avuto finora. Proprio
quando la ministra Stefania Giannini ha iniziato a parlare di questo
aspetto della riforma, alla festa dell'Unità di Bologna, è scoppiato il
putiferio.
Edilizia scolastica. E' uno dei punti centrali, come ha detto nel suo
discorso di insediamento il premier, dell'azione di governo. Sono
quattro i miliardi di euro che si spenderanno nei prossimi anni per
curare i?l sistema edilizio scolastico del Paese, con 36mila edifici
non in regola. Tra gli obiettivi del governo, c'è quello di costruire
"scuole innovative" e di prevedere "misure per la valorizzazione e la
sicurezza degli edifici scolastici". Ma, nonostante gli sforzi prodotti
in un anno di governo, soffitti e infissi continuano a cadere. E gli
scettici si convincono che non è cambiato nulla.
Paritarie e benefit per i docenti. Tra le polemiche di coloro che non
vorrebbero che lo stato finanziasse neppure con un euro gli istituti
privati, arriva la detraibilità delle spese sostenute per la frequenza
delle scuole paritarie - dell'infanzia e del primo
ciclo - con un tetto massimo di 400 euro ad alunno per
anno. Uno scherzetto che costerà alla collettività 100 milioni di euro
all'anno e si aggiungerà ai 472 milioni erogati ogni anno al sistema
scolastico non statale. In compenso, ogni insegnante della scuola
statale avrà a disposizione una Carta con 500 euro annui per spese
culturali: acquisto di libri, software, abbonamenti teatrali ed altro.
Salvo Intravaia
Repubblica.it