Il "Leopardi
progressivo" di Cesare Luporini, e la" Nuova poetica di
Leopardi " di Walter Binni, sono del 1947.
"Classicismo e
illuminismo nell'Ottocento italiano", di Sebastiano Timpanaro ( seconda
edizione accresciuta), è del 1977. Del 1978, il saggio di Achille
Tartaro: "Leopardi", ed. Laterza. E poi, il Biral il
Berardi, ecc. ecc.
Sono tutti saggi che, approfondendo la vita e
lo studio del pensiero del Recanatese, hanno distrutto definitivamente,
illo tempore, il vecchio cliché, di matrice crociana, di un
Leopardi ridotto a "puro" poeta idillico, grande ultimo
arcade, solo grande nei momenti in cui rinunciava a filosofare.
Dalla lettura di codesti saggi imparai a conoscere
e ad amare il vero Leopardi, comprendendo, allora, sì,
quanto importanti fossero anche gli elementi "allotri" della sua
ispirazione poetica; a capire la grandezza del Leopardi, a
un tempo moralista e filosofo, poeta idillico -
visionario e realista, classico e romantico, malpensante ironico
sarcastico irridente insofferente dei "nuovi credenti", laico, sensista
e materialista, assetato d'amore e sollecito del tragico destino
dell'uomo. Poesia dell'anima, sempre sostanziata di pensiero e di
passione immaginativa, e di forte e sincero impegno civile.
E passiamo ora al film.
"Il giovane favoloso", del regista Mario Martone, credo che si
possa proporre come un esempio di cinema di natura sincretica, e
suggerirci , pertanto, una lettura in chiave
semiotica. Questa sua ultima produzione artistica si presta
bene, infatti, a un tipo di analisi di natura
semiologica. Scatti fotografici in verticale per dare il
senso dello spazio indefinito, inquadrature in primo piano di
interni ed esterni di casa del conte Monaldo, a enfatizzare la
solennità dei luoghi, in particolare quelli della biblioteca
paterna, dove Io studioso giovinetto passava la gran parte
del giorno; esatti filologicamente tutti i particolari delle
suppellettili d'epoca, a testimonianza di una nobiltà antica e sobria
pur nella sua alterigia; gli stupendi scorci paesaggistici del
"il natio borgo selvaggio", dai colori caldi e sensuali, a
ricostruzione di un ambiente contadino tanto laborioso quanto
sottomesso culturalmente; e poi, ancora, le riprese dal basso e
dall'alto delle solatie colline e dei boschi recanatesi, ripresi come
luoghi della memoria di un'età spensierata seppur dolorosa, ecc.
ecc.
Ebbene, sono questi significanti che rimandano tutti ad
altri significati che, a loro volta, producono ulteriori
significanti. La chiassosa Napoli popolare, zotica e superstiziosa,
incapace di apprezzare e riconoscere il candore del genio poetico
di Leopardi, ( ri)chiama lo stato d'ignoranza e di abbandono in
cui versano le popolazioni del Sud dell'Italia papalina e
bigotta; la messa in scena del "formidabile monte
sterminatore Vesevo" in fiamme, con la lava che incombe, si
fa segno, sì della forza distruttiva della Natura "ognor
verde", ma, anche, per antifrasi, della fragile " mortale prole
infelice", e del feroce sarcasmo del poeta contro chi esalta
ipocritamente le "magnifiche sorti e progressive" del "secolo superbo e
sciocco" ecc. ecc.; anche questi significanti di significati che
richiamano "in absentia" sistemi "altri" di comunicazione:
filosofica, letteraria, sociologica, storica, ecc. ecc,.
Forse è questa, credo, la novità e la "grande bellezza "del film.
E non è poco.
Se ne può consigliare la visione agli studenti liceali? Perché no! La
decima musa, sotto la regia formalizzante e sincretica di
un Martone, non ha mai fatto male a nessuno. Ma non
s'intruppino forzatamente le scolaresche per portarle al cinema;
ognuno scelga liberamente di vederlo, se lo desidera. Agli
studenti liceali, per amare e conoscere il giovane "favoloso", possono
bastare, prima di ogni "visionarietà "filmica, per intanto le
lezioni di bravi insegnanti "aggiornati" alle letture dei
saggi critici "datati", di cui ho sopra fatto cenno.
Così io credo. Pro bono, malum.
Nuccio Palumbo
antonino11palumbo@gmail.com