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Cultura e spettacolo: 'Pro Loco De Matteis' di Piano Vetrale (Cilento-SA): Mostra dedicata all’illustre concittadino Paolo De Matteis

Redazione
Quando, tanti anni fa, mi ritrovai sul Municipio del Comune di Vallo della Lucania, di fronte a due quadri di un autore che non conoscevo, seppi che si trattava di opere di Paolo De Matteis. Curiosa nei confronti dell’abilità pittorica, ma anche studiosa, all’epoca dell’emigrazione dal Cilento, appresi che il “mio” Paolo era nato a Piano Vetrale e poi partito, giovanissimo, per Napoli, dove, nel tempo, aveva assunto un posto di rilievo nel panorama dell’arte napoletana, ricca di molti grandi nomi. Figlio di Decio e di Lucrezia Orico, nacque nella piana del Cilento1 il 9 febbraio 1662; il De Dominici2 ne scrisse una minuziosa biografia, dalla quale emerge che "infin dagli anni della puerizia si mostrò inclinato alla pittura, laonde il padre per secondar il suo genio lo condusse a Napoli ove ... andò disegnando nelle chiese le opere de' più rinomati maestri di quel tempo”. Lo ritrovai, anni dopo, in un autoritratto  nella sala 104, al secondo  piano dello straordinario Museo di Capodimonte a Napoli ed i suoi occhi mi fissarono, seri, facendomi sentire vicina al suo lontanissimo passato di artista e “collega”.-“Ecco com’eri!”, dissi alla fisionomia profonda ed intenta dell’artista che mi osservava dal suo mondo, trapassando secoli, con il potere dell’arte.  Quel ritratto faceva parte di una composizione, oggi purtroppo distrutta, di cui conserviamo un bozzetto a firma di Paolo De Matteis, dipinta allo scopo di celebrare le due paci di Utrecht (1713) e di Rastadt (1714), con le quali si concluse la guerra di successione spagnola con l'assegnazione del Regno di Napoli all'Austria. Avevo letto del lavoro nella descrizione fatta dal “De Dominici” il quale metteva in luce la particolarità dell'autoritratto del pittore, posto al centro della composizione allegorica e raffigurato appunto, nell'atto di ultimare un dipinto con le personificazioni dell'Austria e della Spagna. Ripensai, all’epoca dell’incontro, a quel paesino di Piano Vetrale (Orria), nel Cilento, laddove Paolo detto anche “Paoluccio della Madonnina”(per il suo amore nel ritrarre quel soggetto), era nato. Alla modestissima casetta di pietre, a quello che il piccolo borgo doveva essere stato quando il giovane intraprendente lo aveva lasciato per andare in città a tentare la sorte. Al coraggio che doveva avere avuto per compiere quella scelta. Piano Vetrale,ricco, oggi, sulle pareti cittadine, di tante opere d’arte dipinte negli anni dai pittori che, nelle varie edizioni di rassegne d’arte dal titolo “Il pennello d’oro”, vi avevano lasciato il loro messaggio, trasformandolo, valorizzandolo nei vicoli e nelle piazze del centro antico, con più di  70 murales, facendolo divenire una specie di museo all’aperto. Al tempo della sua nascita doveva essere ben più piccolo e sconosciuto del “natio borgo selvaggio” di un Leopardi! Se mai avessi voluto dimenticare “il collega”, non ha mai mancato di riportarmelo alla mente con le sue “avventure” postume  il caro amico Giacomo Di Matteo, suo discendente, il quale mi ha rimarcato proprio pochi giorni fa della mostra organizzata per ricordarlo al meglio. La pro loco di Piano Vetrale, che porta proprio il nome dell’artista, difatti, dopo essersi fatta carico delle numerose manifestazioni pittoriche, partite con l’interessamento del preside Carmine Pietro Nese e di Giuseppe Sica, presidente della Pro- Loco, ha deciso di dedicargli una mostra di cui il vero sponsor è l’avvocato Franco Castiello, presidente della BCC del Cilento, assieme ad altri enti. Il caro amico Giacomo di Matteo, nell’invitarmi, non ha mancato di ricordarmi che la manifestazione si terrà dal 9 al 14 febbraio 2013 e che saranno presenti oltre trenta opere dell’artista, provenienti da varie collezioni private. Ha aggiunto che, sempre il 9 febbraio, per la data di apertura, sarà consegnato a Piano Vetrale un busto del pittore del seicento, opera di uno scultore di Pellare (SA). Paolo De Matteis, vissuto tra Seicento e Settecento, fu un ottimo allievo, insieme al Solimena, di Luca Giordano (il napoletano “Luca fa presto”), ed è considerato per la sua produzione artistica, uno dei migliori esponenti della Scuola Napoletana del ’600. Dobbiamo al critico Oreste Ferrari, in un suo studio "Storia di Napoli" del 1970, una prima riconsiderazione delle sue opere nelle quali si coglie il passaggio dal barocco napoletano tradizionale al recupero del classicismo e del primo rococò. Questa caratterizzazione fu evidenziata dal già ricordato critico Bernardo de Dominici, già a pochi anni dalla morte del pittore, che lo considerò un maestro dell'arte tardoseicentesca a Napoli è, in tempi più recenti, è stato rivalutato per merito dello scrittore cilentano, di Piano Vetrale, Antonio Infante che gli ha dedicato articoli, saggi ed intere opere dopo un’assidua ed accurata ricerca. Sappiamo che nel 1702 “il nostro” si recò a Parigi su invito del Conte D'Estees ma sfortunatamente in riferimento a questa sua permanenza di tre anni, non sono state identificate sicure testimonianze pittoriche. Tornato a Napoli nel 1710, De Matteis si identificò in una pittura dai caratteristici toni del blu oltremare e del violetto, che lo contraddistingueranno nella sua maturità. Sue opere sono conservate tra l’altro nel Museo Paul Getty di Malibu (Allegoria della Sapienza che incorona la Pittura regina delle Arti), in Spagna, nella certosa di San Martino a Napoli, a Monaco di Baviera nelle raccolte statali (San Giovanni Nepomuceno davanti a re Vinceslao), al Museum of Art of Bridgeport in Inghilterra (Andromeda). A nulla valse, ad inizio della sua carriera, il tentativo del padre, il quale, per consiglio di amici, “volle fargli apprender lettere, come scala per la quale si ascende più felicemente a' grandi onori”: Paoluccio amava la pittura e questo amore lo passò anche a tre figlie, avute dalla prima moglie, le quali come pittrici vennero ricordate dal De Dominici all'interno della biografia del padre. Mariangiola, la prima e la più dotata, sotto la direzione patema "disegnò ragionevolmente a concorrenza de' migliori scolari del Padre"3. Inoltre la sua attività pittorica è giudicata "con lode" soprattutto riguardo agli esiti nella ritrattistica, ritenuta la sua migliore capacità espressiva. Il padre, Paoluccio, “festeggiato” con varie manifestazioni anche per i 350 anni dalla sua nascita, morì a Napoli il 26 luglio 1728 e fu sepolto nella chiesa della Concezione, ma vive nel ricordo di molti.

Bianca Fasano
parmenide2008@libero.it








Postato il Sabato, 02 febbraio 2013 ore 06:00:00 CET di Redazione
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