
LE TAPPE
Il concorso per ispettori scolastici ha vissuto tutte le tappe di una burocrazia esasperante. È stato indetto dopo 15 anni dal precedente. C’è voluto quasi un anno e mezzo per correggere i test di trentamila candidati. In proporzione, se fosse successo così con il «concorsone» per docenti di dicembre scorso, che aveva oltre trecentoventimila iscrizioni, i risultati invece di essere in tempo reale si sarebbero conosciuti nel 2027. Poi c’è stato il passaggio di tre ministri e tre governi (Fioroni centrosinistra, Gelmini centrodestra, Profumo tecnico). Di data in data, lo slittamento delle prove è diventato quasi una regola. Poi c’è stato il ricorso di duecento candidati, ai quali il Tar ha permesso di svolgere la prova scritta nonostante non fossero stati definiti idonei per le preselezioni. Poi le polemiche, con un’interrogazione parlamentare, sui criteri di valutazione. Il risultato paradossale è che, nonostante nella legislazione attuale il ruolo di dirigente tecnico, ex-ispettore, sia diventato sempre più di primo piano, non si è riusciti a sostituire quelli già in ruolo che via via sono andati in pensione. E così ci si è adattati. Affidando i compiti ispettivi, quando si verificava una necessità, ai presidi attraverso gli uffici scolatici periferici. Oppure, negli uffici scolastici regionali, l’amministrazione ha proceduto a fare delle nomine temporanee, triennali.
GLI ESAMI ORALI
Ora a metà febbraio il via agli esami orali. Le polemiche continuano e gli esclusi stanno chiedendo l’accesso agli atti. Critici anche i sindacati. La Flc Cgil vuole sapere quali sono i «criteri» con cui sono state «valutate le prove».
Alessia Camplone
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