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Sicurezza: Basta un tema in classe per rendere consapevoli sul suicidio i giovani ?

Redazione
Tema sul suicidio dei suoi alunni: sospeso insegnante scuola media. Polemiche per la decisione di un insegnante di dare come traccia per il compito in classe di francese la "lettera del vostro suicidio". Furiosi i genitori. Ha chiesto ai suoi alunni di scrivere come 'tema' una lettera di addio. "Immaginate di volervi suicidare". Per questo motivo un insegnante di francese di una scuola secondaria - la nostra media - della regione di Charente, nell'ovest del paese, è stato sospeso. Il tutto in attesa dell'esito dell'indagine interna avviata dall'istituto scolastico.
Questa la traccia del tema assegnata dall'insegnante a ragazzi di 13-14 anni: "Hai 18 anni. Hai deciso di mettere fine alla tua vita. La tua decisione sembra irrevocabile. All'ultimo minuto decidi di spiegare le ragioni del tuo gesto. Tratteggiando un autoritratto, descrivi il disgusto che provi per te stesso. Il tuo testo ripercorrerà alcuni fatti della tua vita che hanno causato questo sentimento". L'insegnante è stato sospeso dopo la protesta dei genitori, che in una lettera al preside hanno chiesto: "Quale sarà il prossimo tema: come ti senti dopo esserti sparato?".

today.it

Come prevenire in maniera discutibile un suicidio nelle scuole rompendo tabu´sull´argomento

1. Quali motivazioni sottese ad una scelta del genere da parte di un insegnante secondo lei?
Ci possono essere due motivazioni uno in buona fede ma molto,  molto coraggiosa di rompere lo stigma del suicidio in maniera sorprendente, ponendo il giovane studente in età adolescenziale di fronte alla problematica del suicidio. Bene fa´il direttore della scuola Charente, in questo caso a cercare di capire le reali intenzioni pedagogiche dell´ insegnante. Un ´altra ipotesi più perversa potrebbe trovarsi nelle ignare fantasie del docente che pone i propri alunni una problematica di cui  egli  e´ vittima. In altre parole e´l´insegnante a chiedere in maniera indiretta un aiuto relazionale agli allievi. Come dire un meccanismo interpersonale, certamente anomalo e originale per parlare di suicidio in classe.
 
2. A suo parere, quale impatto, quale reazione può esserci in un giovane studente nel trovarsi a leggere una traccia di un tema di questo tipo e soprattutto cosa può provare nell'elaborarlo?
E´ certamente  un modo drastico di affrontare l´argomento con una esile traccia di tema scolastico a 13 anni.  A questa età l´ideazione di morte e di autolesionismo si comincia a strutturare in bambini già predisposti a sviluppare disturbi psicologici tendenti alla tematica autolesionista. Potrebbe essere cosa buona se l´argomento avesse un significato diagnostico e di screening; non certamente se il ragazzo dopo un tema cosi  artificioso (per l´ età) venisse lasciato a se stesso nell´ elaborazione del complesso  argomento suicidio. Se non appropriatamente preparato il bambino potrebbe essere sorpreso dell´ argomento; anche se sono convinto che oggi i giovanissimi hanno accesso a strumenti di comunicazione tali da poter sufficientemente argomentare.

Potremmo pensare a una induzione indiretta e perversa all'idea del suicidio?
No se l´ autoinduzione non se l´ha imposta il docente stesso. Qualche ragazzo in classe con disagio psichico e una pervasiva ideazione di morte potrebbe avere agevolazione in una fase di progettazione. Ma mi auguro che cosi non sia per la classe della Charente. Oggi diversi siti internet e diversi social network purtroppo parlano in maniera sfacciata di suicidio e pochi sono coloro che, con competenza, si adoperano per la consapevolezza della  opinione pubblica  e la prevenzione. Parlare di suicidio e´di per sé un modo di rompere lo stigma e fare prevenzione.

Una specie di involontaria istigazione al suicidio?

Occorre ben altro per istigare al suicidio. Ci sono condizioni di solitudine cosi gravi all´interno delle nostre famiglie nel cuore del benessere del mondo occidentale che facilmente inducono al suicidio coloro che sono, ovviamente, predisposti. Una vita senza speranza vissuta tra l´indifferenza degli altri e un buon motivo di istigazione.
 
3. Il suicidio per motivi di studio. Spesso, troppo spesso, tanti giovani scelgono la via del suicidio come azione definitiva per metter fine alla delusione per un esame non superato o perchè non in grado di reggere la reazione dei genitori rispetto a un piccolo fallimento scolastico o universitario da comunicare loro.
I media continuano a propinarci modelli di successo facile. Da tanto tempo vengono criticati i programmi di gioco in tv dove l´arricchimento sembra a portata di tutti, di reality ove il successo televisivo sembra uno dei pochi  obiettivi di vita. Una educazione familiare che induce molto facilmente la soddisfazione di bisogni non primari. Sono tutti  modi che rendono le fisiologiche frustrazioni scolastici o relazionali, situazioni insormontabili. Molto di più se associati in questa epoca a modelli di sbocco lavorativo che oggettivamente oggi sono poco realistici.
Perchè secondo lei tanti giovani non riescono ad affrontare con "forza" i grandi piccoli fallimenti in cui si imbattono durante i lori percorsi di studio e soprattutto di vita?
La “forza” o per lo meno i  modelli dati dalla famiglia, dalla società, dalla scuola, devono essere maggiormente indirizzati ad un fine verso i più piccoli e gli adolescenti.  Spesso le scelte egoistiche degli adulti, come quello dell´insegnante di cui stiamo parlando, potrebbero  minare irrimediabilmente la personalità di un soggetto. Occorre allora fare della vita una palestra dove la partecipazione e´già´motivo di soddisfacimento rispetto all´effimera corsa vero la vincita e il successo. Allora i piccoli fallimenti in cui i giovani si imbattiamo saranno considerati bagaglio delle esperienze che arricchiscono la propria e individuale personalità. In termini tecnici favoriscono la crescita e il completamento del  “ sé  “, secondo la teoria di Heinz Kohut.
 
4. Esiste secondo lei un modo per "prevenire" e ridurre il numero di suicidio indotti da questi piccoli grandi problemi riscontrati per motivi di studio?
Certamente si. Sono degli strumenti che dovrebbero essere applicati dalla scuola secondaria ai master post laurea.  Degli screening leggeri da applicare a complessi scolastici, a facoltà universitari e indirizzare i soggetti a rischio verso centri di ascolto. Utilizzare delle campagne pubblicitarie che la depressione si può curare facilmente e che e´possibile trovare  qualcuno con cui poter parlare di suicidio e delle idee ad esso collegati.  Aprire helpline  come a Palermo il Telefono Giallo dell´Afipres Marco Saura che il prossimo marzo compie 20 anni e che ha ascoltato centinaia di giovani con disagio e problematiche collegate al suicidio. Il problema centrale della prevenzione  del  suicidio e´l´ utilizzo di piccole somme da utilizzare al fenomeno.
 
Sperando nella Vostra collaborazione,


Piero Accetta - Psicoterapeuta Centro studi e Documentazione Associazione famiglie Italiane prevenzione del suicidio  “AFIPRES  Marco Saura ONLUS”  Palermo
pieroaccetta@libero.it








Postato il Giovedì, 13 dicembre 2012 ore 06:30:00 CET di Redazione
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