Fondi di
istituto ridotti al lumicino, insegnanti che non hanno più un euro per
le attività extrascolastiche ma ai quali viene chiesto di aumentare le
ore in classe a parità di stipendio, viaggi di istruzione e uscite
didattiche che si riducono sempre più e che diventano il racconto della
crisi. A Brescia di occupazioni autunnali di scuole da parte degli
studenti non ce ne sono ancora state ma, in compenso, a mettersi in
agitazione sono stati gli insegnanti. Arrabbiati per le continue voci
sull’aumento dell’orario di lavoro a parità di stipendio piuttosto che
per il dibattito appena avviato sulla riduzione da cinque a quattro
degli anni di scuola superiore.
Nelle scorse settimane, “colpiti
nella loro dignità”. I primi ad avviare la protesta della
sospensione delle attività aggiuntive sono stati i docenti
dell’Abba-Ballini. Per loro niente coordinamento delle singole classi o
dei dipartimenti, progetti di attuazione ddl piano dell’offerta
formativa, viaggi di istruzione e uscite didattiche. A ruota e con
decisioni simili, anche i colleghi del Copernico (che hanno anche
inviato una lettera di protesta a Monti), dello Sraffa, del Pastori,
del Fortuny e di diversi istituti comprensivi. Nei prossimi giorni
decideranno sulle forme di protesta da adottare anche gli insegnanti
del Gambara e dell’Olivetti-Tartaglia.
Tra le attività extrascolastiche sospese, con buona pace degli
studenti, anche i viaggi di istruzione e le uscite didattiche. Sulle
quali, a onor del vero, pesano soprattutto le difficoltà economiche di
tante famiglie. Di soldi per gite, che costano da un minimo di 200 euro
fino a 350 per quelle all’estero, ce ne sono sempre meno. Ma se i
viaggi di istruzione diventano orami un lusso, a ridursi, orami, sono
anche le uscite didattiche di un solo giorno per la visita a un museo.
«Stiamo registrando un calo notevole – osserva Alba Duina, guida
dell’Associazione culturale “Il Mosaico”, che lavora soprattutto con le
scuole elementari e medie – Oramai gli istituti devono fare i conti
anche con l’euro in più o in meno».
Le scuole senza soldi sono in grado di coprire solo alcuni casi di
disagio economico al limite e spesso, per le scolaresche che arrivano
dalla provincia, non è garantito il servizio di pullman, prima messo a
disposizione dai Comuni. «Per molti – rileva Duina – il trasporto per
venire in città è diventato l’elemento di costo più significativo e per
cui le rinunce sono sempre di più». Non solo, la fine delle compresenze
(a seguito della riforma) nelle scuole elementari fa sì che oramai non
ci siano più i numeri minimi per accompagnare gli alunni a un museo. Le
gite e le uscite didattiche che vengono meno raccontano la crisi
economica e di bilancio in un’altra veste. Da un lato le famiglie e le
sempre maggiori difficoltà economiche, dall’altro le scuole con i fondi
di istituto ridotti all’osso e i Comuni che non garantiscono più le
coperture finanziarie come in passato. Ad arrabbiarsi, negli ultimi
giorni, sono state anche le scuole private, preoccupate per il
pagamento dell’Imu deciso dal governo che – dicono – farebbe chiudere i
battenti a parecchi istituti. Ma su questo, proprio ieri, il ministro
dell’Istruzione Profumo, ha detto che si farà portavoce nel prossimo
Consiglio dei ministri per chiederne l’esenzione.
Thomas
Bendinelli (Il Corriere della Sera, ed. Brescia)