L’altra
sera, accolto da sorrisi amici e dal caldo vento dell’estate, ho
partecipato, a Motta Sant’Anastasia (CT), alla presentazione
dell’interessante libro di poesie, “Il sogno di Eliàde”, di Giuseppe
Conte.
La manifestazione, organizzata dall’Assessorato alla Cultura del Comune
etneo e dal periodico “l’Alba”, per la rassegna letteraria “In cerca
d’autore”, si è svolta nel suggestivo cortile della Biblioteca civica
“Angelo Emanuele”. Il libro è stato presentato e discusso con l’autore
dal professore Pino Pesce, direttore de “l’Alba”, e dalla professoressa
Margherita Platania, docente di Materie Letterarie.
Dopo i saluti istituzionali dell’assessore Salvo Drago, gli attori,
Pasquale Platania e Noemi Finocchiaro, hanno aperto la serata culturale
con la lettura di alcune poesie di Conte, riassuntive della poetica
dell’autore, che hanno suscitato grande afflato partecipativo ed
interesse nel folto e attento pubblico presente.
«È con immenso piacere – ha esordito il prof. Pino Pesce – che per la
seconda volta presento un libro del prof. Giuseppe Conte, “genius loci”
di Motta, come già lo ebbi a definire quando presentai l’altro suo
libro, “La Melagrana”. Il prof. Conte, sia a Motta che a Milano o a
Legnano, (lo dice lui stesso) è conosciuto come il “professore”, per
aver svolto una lunga carriera di docente, sempre con l’obiettivo di
far sentire la letteratura, materia viva e pulsante, maestra di vita,
laboratorio per stimolare riflessioni e suscitare emozioni».
Il prof. Pesce, poi, ha fatto un’analisi rigorosa ed equilibrata,
quasi, una ricostruzione storica e analitica di alcune delle poesie di
Conte. «Ma se l’uomo imperfetto – dice Pesce – sa che nulla può contro
l’ineluttabilità del destino, perché osa sfidare, oltre che gli uomini,
il misterioso arcano e gli stessi dei?». E così gli fa eco il poeta
mottese: «Nel profondo di ogni uomo c’è sempre e comunque un anelito al
divino, al sacro, che rende meno tragica e dolorosa la vita. Ci
conforta e apre prospettive nuove e diverse». Particolarmente
interessante anche il secondo intervento del direttore de l’Alba su
materialismo e teismo che lo hanno portato ad indagare, attraverso la
poetica filosofica di Conte, che risente delle suggestioni
illuministiche del Foscolo, sulla religiosità o meno dell’autore di
Eliàde che sembrerebbe, per Pesce, immanentista. E Conte, che trova un
po’ insidiosa la domanda del prof. Pesce, risponde affermando che tutto
nell’universo, per l’intelligenza meccanica che lo governa, sembra
rispondere ad una matrice divina che non possiamo definire.
Chiarificatrice del testo è stata la relazione introduttiva della
prof.ssa Margherita Platania, che ha scandagliato i versi e i “sospiri”
del poeta e del suo libro: «Il testo di Conte, si divide in tre
sezioni, ora lirici, ora, invece, presentano caratteristiche del testo
narrativo. La prima sezione, “Finché ci siamo”, è la storia di uomini,
la storia dell’autore: i primi innamoramenti, l’amore, la passione, ma
anche il dolore, la sofferenza, i sogni, le speranze, gli
interrogativi. La seconda sezione, “Oltranza”, racconta l’uomo
costretto a confrontarsi con scelte, sfide, dolori, con tutto ciò che
la vita presenta a ciascuno. La terza sezione, “Ultimo atto”, canta la
solitudine che si supera nella relazione autentica o nell’affidare alla
memoria ciò che veramente si è stati». Continua Margherita Platania:
«C’è una forte compenetrazione di realtà e sogno, di materialità e
sospensione, di travagli e resurrezioni, di morte e rinascita. Tutto
ciò può succedere perché il poeta, in prima persona, come i
protagonisti delle poesie, è trama e tessuto di una vita intensamente e
fino in fondo vissuta. E non si può sognare se non si ama la vita, e
non si ama la vita se non c’è una prospettiva che va verso la memoria,
il ricordo, la perpetuità, o se nel fondo del proprio essere non
riscopriamo quell’anelito al divino o a Dio. “Muto colloquiare di
quelle ossa chiuse nell’urna”. Realizzare un sogno di perpetuità insito
in ogni uomo in vita e oltre la vita. Non c’è vita senza sogno, ma il
sogno ha profonde radici nella vita. In un certo senso, allevia le
sofferenze della vita, riempie la solitudine.
Ma la solitudine si supera anche nella relazione autentica con chi ci
sta accanto (amico, amante), anche in una prospettiva che va oltre, che
ci vede diversi, trasformati». E conclude Platania: «Ancora una volta,
morte e vita, ciò che siamo stati e ciò che saremo s’incontreranno in
un unico autentico abbraccio. E ancora ci saremo».
E risponde, ancora, Giuseppe Conte: «Il sogno è desiderio nel suo
significato più profondo; è ciò che viene dall’alto; è voler essere ciò
che il destino ha voluto che tu fossi, ma che non sempre è possibile
realizzare». Infine, come a voler salutare il suo lavoro, conclude
Conte: «Nel momento in cui un libro viene pubblicato, in certo senso
non appartiene più all’autore. È ormai nelle mani del lettore che
interpreta i testi affidandoli al suo cuore, alla sua intelligenza,
alla sua sensibilità, e caricandoli di significati che magari l’autore
non aveva pensato».
Ammalianti, infine, sono state le note musicali di Federico Pedicona,
violinista, Armando Percolla, chitarrista classico, Pino Schillagi,
chitarrista, Saro Valenti, mandolinista. Proprio una bella serata
estiva di poesia, di sogni e di visioni.
Angelo Battiato
angelo.battiato@istruzione.it