Mercoledì 9 maggio,
alle ore 18.0, presso il Circolo Ufficiali di Augusta (SR), verrà
rievocata la figura dell’ingegnere catanese, Gioacchino Russo,
inventore del periscopio e del navipendolo. All’incontro parteciperanno
l’avv. Nello Pogliese, l’avv. Antonello Forestiere e la dott.ssa
Francesca M. Lo Faro, ricercatrice di storia e studiosa dell’illustre
catanese. L’inventore del periscopio per sommergibili fu il catanese
Gioacchino Russo (8 settembre 1865 – 7 maggio 1953), un ingegnere che
ricoprì anche incarichi politici, essendo stato deputato nel parlamento
nazionale, senatore e sottosegretario alla Marina. La sua biografia
merita di esser ripercorsa, per i nessi che presenta tra politica e
scienza, prima e durante il fascismo.
Gioacchino Russo fu figlio di Vincenzo, un notaio che risedeva a
Paternò. Rifiutatosi di seguire la carriera paterna, studiò al
Politecnico di Torino (che all’epoca si chiamava Scuola d’applicazione
per ingegneri), un istituto all’avanguardia da poco fondato, ma con
programmi didattici rispondenti alle nuove esigenze di crescita della
giovane nazione italiana, che intendeva inserirsi nell’Europa più
evoluta. Conseguita la laurea in ingegneria civile nel 1887, nello
stesso anno, previo concorso, fu ammesso nel corpo del Genio navale
della Marina. Nel 1889 ottenne la laurea in ingegneria navale e
meccanica alla Scuola superiore navale di Genova, dove gli ufficiali
del Genio ottenevano una formazione adeguata per costruire velieri
tradizionali e per progettare navi da guerra a motore, di varie
categorie e dimensioni, create con quei materiali, ferro e poi acciaio,
ormai adottati per i battelli.
Le tappe della formazione di Gioacchino Russo furono tutte, dunque,
all’insegna di una preparazione tecnico-scientifica competitiva e
aggiornata, che egli mise a frutto come docente di architettura navale
nell’Accademia di Livorno. Dopo aver pubblicato le “Lezioni di
costruzioni navali” (1896), realizzò il cleptoscopio, ossia il
periscopio per sommergibili; con quel congegno i battelli subacquei -
nati negli ultimi anni dell'Ottocento - si rivelarono ben presto
strumenti bellici di straordinaria efficacia giacché, grazie al
periscopio, effettuavano le missioni d’agguato con grande precisione.
Il Delfino fu il nome falsamente gentile con il quale fu designato il
primo sottomarino italiano (1896). Quel battello ebbe in dotazione il
cleptoscopio che Gioacchino Russo aveva realizzato in collaborazione
con il compagno di studi Cesare Laurenti. Tale strumento fu subito noto
anche fuori Italia e usato durante il primo conflitto mondiale.
D’Annunzio, a quanto pare, volle in casa un cleptoscopio. Un
prototipo fu esposto nel Museo delle Scienze e tecnologie di Torino, ma
andò distrutto durante la seconda guerra.
Ignoriamo se Gioacchino Russo chiese il brevetto del cleptoscopio,
mentre è certo che per un’altra sua invenzione – il navipendolo - il 16
ott. 1898 ottenne una “privativa” per tre anni (n° brevetto 99118)
prolungata poi per altri tre, con richiesta del 3 set. 1902.
Il navipendolo era un geniale strumento meccanico usato per eseguire
ricerche sperimentali sul rollio delle navi in presenza di mare ondoso,
senza fare uso di un modello vero e proprio di nave. Le prove si
svolgevano, dunque, in laboratorio, su piccola scala e fuori
dall’acqua. Un apparato registratore seguiva l’ampiezza del moto
oscillatorio e misurava le resistenze delle carene o la potenza del
motore delle eliche.
L’apparecchio, oltre a rispondere alle nuove esigenze maturate del
settore delle costruzioni navali, esemplifica il vivo interesse per le
innovazioni tecniche sempre manifestato da Gioacchino Russo, un
ingegnere cui si devono anche ricerche nel campo dell’acustica e
dell’ottica (a scopo militare) e l’invenzione di lenti cromatiche per
una particolare macchina fotografica a colori, la Chromac, che realizzò
nel 1919 con le industrie tedesche Zeiss, a dimostrazione che le
ricerche militari possono avere ricadute per scopi civili.
Gioacchino Russo si occupò anche di aeronautica militare e in occasione
della XII Riunione della Società italiana per il progresso delle
scienze, che si tenne a Catania dal 5 all’11 aprile 1923, con la
presenza del ministro della Pubblica Istruzione, Giovanni Gentile,
lesse la relazione “La resistenza dell’aria ai corpi in moto
accelerato”, che prefigurava l’impiego di nuovi propulsori per i razzi
in astronautica.
Ma il ramo in cui restano più evidenti i pregi delle ricerche di Russo
è l’ingegneria navale, un campo da cui l’Italia all’inizio del
Novecento traeva rispetto internazionale, essendo la Marina militare
capace di progettare e costruire navi da guerra assai apprezzate. Gli
ingegneri del Genio navale – come Russo – concorsero all’innovazione
tecnologica e allo sviluppo industriale del Paese, con il potenziamento
di cantieri e arsenali, come quelli di Castellammare e Venezia, che
furono per qualche tempo diretti proprio da Gioacchino Russo. A lui si
deve anche l’invenzione di una vasca a pareti elastiche per la
produzione artificiale di onde, in piccola scala, per studiare il moto
oscillatorio dei natanti nelle turbolenze marine. La vasca
sperimentale, ancora oggi usata per il potenziamento tecnico delle
scienze nautiche, fu realizzata da Ansaldo e proprio ciò suggerisce un
rapporto imprenditoriale tra quell’azienda e Gioacchino Russo, un
inventore che fu capace di valorizzare in senso economico i suoi saperi
(fu, infatti, consigliere d’amministrazione della Salmoiraghi),
avvalorando il nesso tra istruzione, ricerca scientifica, innovazione,
sviluppo, benessere: concatenazione che smentisce le recenti
espressioni denigratorie (“la cultura non si mangia”) riservate alla
cultura da certi politici italiani.
Troppo lungo in questa sede ripercorrere i vari gradi della carriera
militare di Gioacchino Russo. Basti qui dire che egli fu anche un
politico. Eletto alla Camera nel 1919, fu in seguito riconfermato
onorevole. I voti e il sostegno gli venivano prevalentemente dagli ex
Combattenti di Paternò e dal gruppo del Rinnovamento. Sotto il regime
fascista fu nominato senatore (1929) e sottosegretario alla Marina
(1929-1933). Nel 1934 fece parte della commissione esaminatrice dei
progetti per il Piano regolatore di Catania, città in cui morì nel
1953. Fu membro del CNR e di altri istituti di ricerca. Pubblicò
diversi saggi per divulgare i risultati da lui conseguiti e in tali
scritti sono rintracciabili le problematiche connesse al coinvolgimento
della scienza in ambito militare.
Francesca
M. Lo Faro - La Sicilia