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Didattica: Non è educativo limitarsi al solo 4, se viene dato il 2, è giusto arrivare anche al 10

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Vicenza. Il compito è da due. Anzi, da quattro. Per il preside del liceo classico Berchet di Milano sempre di insufficienza grave si tratta. Con la differenza che un quattro deprime e traumatizza gli studenti molto meno di un due. Ergo, meglio non abusare di votacci umilianti per evitare crisi adolescenziali, abbandoni scolastici e perfino comportamenti autolesivi. Tutti d'accordo? No, a cominciare dagli insegnanti per continuare con il provveditore della Lombardia intervenuto nel dibattito per ricordare che i voti vanno da uno a dieci e che dietro ad un tre non ci sono intenti punitivi né persecutori. A Vicenza. La pensano così anche docenti e presidi vicentini interpellati su un tema, quello della valutazione, sollevato più volte per via di un metro di giudizio che varia non solo da scuola a scuola ma anche all'interno dello stesso istituto. Lo fa notare il preside del liceo scientifico Quadri, Edoardo Adorno, spiegando che la penna rossa e blu dei professori si inclina più facilmente verso il basso. «Bisognerebbe – dice – utilizzare tutta la gamma dei voti, dall'uno al dieci. Solitamente gli insegnanti tendono invece a fermarsi all'interno di quella finestra che va dal 4 all'8 o ancora più spesso dal 5 al 7. Nonostante le molte discussioni a riguardo l'atteggiamento dei docenti tende a rimanere lo stesso, a riprova che spesso mancano la flessibilità e la capacità di mettere i voti giudicando la prestazione e non la persona». Per il preside dello scientifico di via Carducci e da quest'anno in reggenza del liceo scientifico Lioy, nel momento in cui una verifica viene svolta in maniera perfetta dovrebbe scattare automaticamente il 10. Invece? «Gli insegnanti mettono le mani avanti, dicono che il compito era facile e alla luce di questo un dieci è ritenuto eccessivo. Così però si penalizzano i ragazzi perchè se la prova successiva va male, la media finale dei voti risulterà inferiore a causa di 9 o un 10 che non sono stati assegnati». LA SCALA DEI VOTI. La battaglia, per Adorno, va fatta per un utilizzo di tutta la scala dei voti, compresi quelli più bassi che, dice, «non fanno piacere a nessuno, ma se spiegati e motivati in modo chiaro possono diventare strumenti di crescita per i ragazzi». La pensa così anche Paola Dalla Valle, che insegna italiano e storia al tecnico Boscardin e che in materia di voti non lesina quelli che nessuno vorrebbe mai vedere. «Ho dato 2 e 3 e anche 1 quando il compito mi è stato consegnato completamente in bianco – racconta – ma credo che il problema non siano tanto i numeri quanto il rapporto che un insegnante riesce a costruire con i suoi alunni ai quali bisogna far capire che dietro un brutto voto non c'è un verdetto di condanna e nemmeno la volontà di umiliare. Gli insuccessi devono essere considerati punti di partenza da cui ripartire per migliorare e arrivare alla sufficienza». LE SCONFITTE. Sbagliato, però, secondo l'insegnante del Boscardin spianare eccessivamente la strada. «La sconfitta fa parte della vita così come la fatica per raggiungere un obiettivo – dice – trasformare un tre in un quattro solo per paura di crisi e frustrazioni non mi sembra educativo, in fin dei conti si cresce e si matura anche attraverso il prendere atto dei propri errori». LE INSUFFICIENZE. C'è poi chi fa notare che non tutte le insufficienze sono uguali. «Un quattro è meno grave e più facilmente recuperabile di un due», sottolinea Domenico Spalluto, docente di elettrotecnica al professionale Lampertico dove viene utilizzata l'intera griglia di valutazione e dove nelle pagelle, soprattutto del primo quadrimestre, fioccano voti tutt'altro che lusinghieri. «Il livello di preparazione si è abbassato – riprende Spalluto – matematica, fisica e chimica sono le discipline che mietono più vittime. C'è chi si spaventa e si demoralizza, ma bisogna sempre far passare il messaggio che da una sconfitta ci si può rialzare». Massima che vale anche nelle scuole elementari e medie dove prima di dare un votaccio ci si pensa due volte. «A livello collegiale – interviene Anna Brancaccio, dirigente dei comprensivi 2 e 6 – si è deciso di non scendere mai sotto il quattro, ad eccezione dei test a punteggio dove è contemplato anche lo zero. Il 10? Rappresenta l'eccellenza e come tale un freno inibitore. Ma non dovrebbe essere così: se un ragazzino dà il meglio di sé è giusto che sia premiato». 

Anna Madron
Ilgiornaledivicenza.it








Postato il Giovedì, 12 aprile 2012 ore 10:15:00 CEST di Michelangelo Nicotra
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