Un chiaro segnale
di attenzione del governo Monti agli esclusi dalla scuola, ai giovani
poveri, alle alternative della formazione attraverso il lavoro e dei
percorsi professionali, alla necessità di trasformazioni profonde. Ai
tanti che dentro e fuori il sistema di istruzione sanno restituire
all’educazione i suoi significati autentici. La vede così Cesare Moreno
che con Marco Rossi Doria, neosottosegretario all’istruzione, ha
fondato a Napoli l’associazione Maestri di strada, realizzando con il
progetto “Chance” la più riuscita esperienza italiana di recupero
all’apprendimento di ragazzi marginali. Speriamo che sia stata davvero
questa l’intenzione, e non motivi più futili. Speriamo, soprattutto,
che l’enorme forza inerziale di viale Trastevere capace, chiunque sia
il ministro, di spegnere gli entusiasmi e di sterilizzare le buone
idee, questa volta non abbia la
meglio.
Ci vorrebbe proprio uno sguardo diverso, dopo i disastri del duo
Gelmini-Tremonti, e la lunga gelata anche a sinistra di qualsiasi
strategia radicalmente innovativa. Come se tutti i fallimenti della
scuola italiana – prima di tutto
quello scandaloso 20% di ragazzi senza diplomi o qualifiche –
portassero la firma del solo Berlusconi e non anche di politiche
antiquate e corporative di lunghe stagioni precedenti. Come se i bassi
livelli di istruzione e di qualificazione di gran parte della
popolazione adulta, anche delle fasce di età più giovani, che
compromettono persino la qualità democratica del paese, non derivassero
da superficialità, sottovalutazioni, errori politici figli, nel tempo,
di tanti padri diversi. Anche nella
scuola, come per la crisi economica, non si può pensare che, passata a
nuttata – e sempre che possa davvero passare – tutto possa ricominciare
come prima.
A Marco Rossi Doria questa consapevolezza non manca. Non gli mancano le
conoscenze e l’esperienza, e neppure il gusto del pensiero e
dell’azione divergente. Nei quartieri degradati della sua Napoli ha
visto bene come si possano sprecare le risorse economiche e
professionali senza mai venire a capo di una dispersione aspra e
insistente fin dalla scuola media, qualche volta anche prima. Come sia
difficile, anche quando le istituzioni locali siano tutte di sinistra,
mettere al centro l’obiettivo di una scuola inclusiva, capace di
restituire speranze e dignità, di contrastare la povertà, di competere
e vincere contro le tentazioni di perdere e di perdersi, di rendere più
sane e civili le relazioni sociali. Nell’esperienza
più recente della formazione professionale più vitale e innovativa del
paese, quella di Trento e Rovereto, ha trovato conferme importanti
della bontà delle pratiche sperimentate a Napoli, l’apprendimento
attraverso il fare guidato e riflessivo, la formazione per compiti,
l’alleanza tra scuola e territorio, il rapporto con le botteghe
artigiane, la cura assidua delle competenze di chi insegna, la qualità
degli ambienti formativi, la verifica continua dei risultati. Il
riformismo mite, non ideologico e supponente, un passo dietro l’altro,
con l’occhio attento a come si fa, e alle condizioni necessarie per far
bene. E poi l’assillo continuo per la povertà, quella dei
bambini, che cresce continuamente. Il 18,3%, oggi, dei ragazzi fino ai
18 anni. Più del 24% i minori a rischio di povertà. Il 70% nel Sud del
paese. Povertà economiche e povertà di diritti, soprattutto nelle
grandi città. Povertà affettive e relazionali, nella fase difficile
dell’adolescenza, tra spazi urbani sempre più avari, l’ossessione dei
consumi, l’afasia del mondo adulto.
C’è bisogno urgente di una scuola
capace di ascolto, di insegnanti competenti e motivati, di codici e
linguaggi di apprendimento in sintonia con la radicale trasformazione
degli stili cognitivi indotti dall’immersione nelle nuove tecnologie.
Di aria nuova, di nuove idee, di nuove politiche. Ci vorrà del tempo, e
sarà difficile, ma è senza dubbio una buona notizia che a viale
Trastevere sia approdato finalmente un maestro di strada. (da
sbilanciamoci.info)
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