L'Italia non
punta sui giovani.
Confindustria richiama nuovamente la politica sulla necessita' di
investire per il futuro investendo sulle nuove generazioni.
Ad alzare la voce e' stato il direttore del Centro Studi della
confederazione degli industriali, Luca Paolazzi che, dal palco del
consueto convegno dei giovani industriali a Capri ha lanciato un nuovo
monito: ''Meno giovani vuol dire meno benzina nel motore dello
sviluppo''.
Una anomalia tutta italiana, quella illustrata da Paolazzi, motivata da
una scelta che va controcorrente rispetto agli altri paesi europei,
perche' nel Belpaese la scelta e' stata quella di ''sprecare i giovani,
la risorsa piu' preziosa che abbiamo perche' li lasciamo disoccupati,
li lasciamo indietro, li lasciamo poco
istruiti''.
Per Confindustria, invece, ''l'Italia ha tante carte da giocare
per diventare polo di attrazione, trattenere i giovani talenti italiani
e attirare talenti dall'estero''. La scelta, invece, non e' stata
questa, perche' - ha chiarito Paolazzi - ''l'Italia viene dopo la
Grecia nella capacita' di attrarre i talenti''. Nella classifica del
Global Talent Index 2011-2015, infatti, sul fronte dell'attrazione di
talenti l'Italia figura al 24 posto, dopo la Grecia e preceduta da
Corea del Sud, Spagna, Francia, Belgio, Austria, Germania, Regno Unito
e Olanda. Primi in classifica gli Stati Uniti, seguiti da Danimarca,
Finalandia e Norvegia.
E allora quale strada seguire? Per gli industriali non ci sono dubbi:
''Occorre accrescere e liberare le potenzialita' racchiuse nei giovani
e aumentare cosi' la loro produttivita', oltre naturalmente ad
importare giovani di talento''.
Secondo Paolazzi, infatti, ''per fran fronte alla sfida della
globalizzazione e delle nuove tecnologie, del capitalismo globale della
conoscenza, occorre che l'Italia impari ad essere sistema Paese, con
una scuola e una universita' all'altezza degli altri maggiori paesi''. (ASCA)
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