Sintesi dello
svolgimento dei fatti.
Il convenuto, nella sua qualità di insegnante di educazione fisica
presso una scuola media della Provincia di Trento, durante le ore di
lezione aveva commesso a danno di alcune studentesse reiterati atti di
violenza sessuale, aggravata dall’età della vittima inferiore a 14
anni, con violenza ed abuso della sua qualità di insegnante.
Con sentenza del 7.5.2009, il G.U.P. del Tribunale di Trento condanna
l’insegnante alla pena di anni uno e mesi quattro di reclusione per il
reato di violenza sessuale (art. 609-bis c.p.) continuata (art. 81
c.p.) ed aggravata dall’età delle vittime inferiore a 14 anni
(art. 609-ter c.p.) e dall’aver commesso il fatto abusando della
propria autorità di insegnante.
Successivamente, la Provincia Autonoma di Trento, a seguito di
procedimento disciplinare, commina all’insegnante la sanzione del
licenziamento senza
preavviso.
Per la Procura regionale della Corte dei conti la condotta
dell’insegnante era stata anche causa di danni patrimoniali – il
compimento degli atti di violenza sessuale nel corso dell’orario di
lavoro aveva interrotto (istantaneamente ma con effetti permanenti) il
sinallagma contrattuale tra la retribuzione e la prestazione lavorativa
– e di danni non patrimoniali all’immagine per l’amministrazione
scolastica.
Sintesi delle motivazioni della sentenza.
Va rigettata la domanda di risarcimento del danno all’immagine, poiché
presupposto imprescindibile dell’azione di responsabilità
amministrativa per danno all’immagine è una sentenza penale
irrevocabile di condanna per uno dei delitti dei pubblici ufficiali
contro la pubblica amministrazione, mentre nella concreta fattispecie
risulta una sentenza irrevocabile ma per un reato comune di violenza
sessuale, benché aggravato dall’abuso della qualità di pubblico
ufficiale (di insegnante).
Nella fattispecie, certamente lede in modo diretto il funzionamento e
l’immagine della p.a. la violenza sessuale consumata con concussione o
abuso di ufficio (l’insegnante che abusa della sua qualità per
costringere delle alunne a subire una violenza sessuale); mentre non vi
è diretta incidenza sul funzionamento e l’immagine della p.a. nel
caso di violenza sessuale comune, semplicemente aggravata dalla qualità
di pubblico ufficiale (l’insegnante di ginnastica che, violando i suoi
doveri di ufficio, approfitta dell’occasione fornita dalle lezioni per
toccare delle alunne), caso in cui non si ha un anomalo esercizio della
funzione pubblica ma un reato del dipendente pubblico, al limite
agevolato o aggravato da tale qualità.
Va rigettata la domanda di risarcimento del danno patrimoniale, poiché
il reato contestato è stato commesso in modo istantaneo e comunque
senza interruzione della normale attività lavorativa di insegnamento,
onde non vi è stata sottrazione di energie lavorative all’ente; in
altri termini, la violazione dei doveri di ufficio ha determinato una
prestazione inesatta e danni a terzi ma non danno diretto all’ente, e
quindi rileva a fini disciplinari e penali, ma non risarcitori.
(da DirittoScolastico)
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