Inizio d’anno
scolastico: solita buriana sull’irrisolvibile problema della formazione
e del reclutamento degli insegnanti, sui presunti affollamenti delle
classi, etc. Dopo le polemiche primaverili, il Rapporto nazionale
Invalsi di luglio sui risultati delle prove si è perso nella calura
estiva e per il momento non se ne parla molto. Poiché invece della
scuola la cosa più importante è cosa ci si impara, vale la pena
cominciare a guardarci dentro, magari in modo non sistematico.
1. Non sarebbe vero che risultati mediocri dei nostri studenti siano
dovuti alle prove a risposta chiusa, i famigerati quiz, che
comprimerebbero le loro capacità. I risultati peggiori, sia in Invalsi
sia in Pisa, vengono dalle risposte aperte, che richiedono più impegno
e più capacità e che, infatti, corrispondono ai livelli più alti di
prestazione. In parte ciò è dovuto forse alla mancanza di motivazione:
le percentuali di mancata risposta diminuiscono nelle classi dove il
Snv non è al debutto e perciò si comincia a comprenderne l’importanza.
Ma non potrebbe contare anche il fatto che i nostri studenti sono poco
abituati ad esprimere sinteticamente motivate valutazioni personali? Le
terze prove dell’esame di maturità nella loro grande maggioranza
riproducono delle interrogazioni formato
bonsai.
2. Guardiamo ai licei. Secondo Invalsi i licei del Sud
raggiungono lo stesso livello degli istituti tecnici del Nord, che sono
inferiori ai licei del Nord, e per di più - novità - i licei del Centro
tendono ad omologarsi a quelli del Sud. Ciò vuol dire che i mediocri
risultati del Centro e del Sud non riflettono solo una rilevante
percentuale di livelli bassi, ma anche una scarsità di livelli alti
(che in generale sono presenti nei licei).
Entrare nel Sancta sanctorum dei licei romani e toscani, collocati
nell’area geografica del Centro che, come è detto sopra, non brilla
proprio per i licei, è costato a maggio la mobilitazione ostile della
stampa. E si trattava in fondo di una valutazione senza ricadute
concrete. Ci si può immaginare cosa succederà quando si toccheranno nel
vivo i vantaggi di avere voti gonfiati per l’accesso alle università,
ai concorsi pubblici e ai finanziamenti per l’eccellenza...
3. È sempre più provato lo iato fra Nord e Sud. Fattori genetici o
sociali? La seconda che hai detto! Al Sud i bambini all’inizio del
percorso sembrano più svegli di quelli del Nord; è dopo che si perdono.
La ragione potrebbe essere che la scuola non lavora come dovrebbe, che
ci sia troppo lassismo ed indulgenza verso i risultati bassi, che è poi
auto-indulgenza? Di solito a questo punto saltano su gli esempi
preclari di eccellenza. Ma il problema del Sud è una normalità
accettabile, garantita, standard, che avvicini i livelli culturali
delle diverse classi sociali. Perché gli appassionati al tema
dell’equità sono anche sostanzialmente i difensori della scuola del Sud
così come è?
4. Gli stranieri di seconda generazione, perché non recuperano? Perché,
per populismo ed in omaggio al politically correct, agli infelici è
applicato il metodo globale, in disgrazia anche presso gli autoctoni.
In nome dell’accoglienza e della non discriminazione li si colloca
linguisticamente nudi e crudi nelle classi e non si insegna loro a
parlare italiano con corsi appositi, in modo sistematico, organizzato
ed obbligatorio. Di solito a questo punto saltano su di nuovo quelli
che sbandierano le poche eccellenze esistenti. Ma non di buon cuore c’è
bisogno, ma di routines decenti, garantite e standard. Questa
situazione è grave non solo per ragioni di equità, ma anche di
efficienza: sta diventando di senso comune l’osservazione che fra
questi giovani si trovano, oltre che casi difficili, anche i più
disponibili allo studio ed al sacrificio, alla ricerca di una
promozione sociale ed economica, di cui gli autoctoni non sembrano più
necessitare.
5. Infine una nota di ottimismo. A volte le risposte dei bambini e
degli allievi si rivelano migliori di quanto si sarebbero aspettati gli
insegnanti, che a volte lamentano la eccessiva difficoltà di prove che
ottengono invece risposte positive. Non è che gli adulti che lavorano
nella scuola in Italia si sono troppo seduti? (di Tiziana
Pedrizzi da www.ilsussidiario.net)
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