In questo
strambo paese succedono cose piuttosto inspiegabili: il più grande
sindacato dei lavoratori viene tacciato di disfattismo da politici,
giornali ed establishment culturale perché osa proclamare uno sciopero
contro una manovra economica certamente necessaria data la gravità
della situazione finanziaria, ma che sicuramente peserà in gran parte
sulle classi sociali più disagiate; il sindacato unico dei calciatori
si astiene dal “lavoro” facendo saltare la prima giornata di
campionato, e pochi osano alzare la voce contro questi ultramilionari
che si rifiutano di pagare il contributo di solidarietà. La cosa ancora
più strana è che, mentre le imprese, con a capo la Fiat, si industriano
per rendere, con la scusa della competizione internazionale, i
contratti di lavoro ancora più flessibili – leggi unilateralmente
risolvibili - tutti sanno che il nostro calcio professionistico come
“settore economico” è ben oltre l’orlo del baratro, se è vero che i
suoi debiti crescono al ritmo del 10% annuo e che nella sola stagione
2009-10 ha perso nel suo insieme 345 milioni di euro.
Così, mentre stasera i numerosi avventori dei nostri bar devono
accontentarsi dei commenti al Gran premio di formula Uno o a quello di
motociclismo, noi, che siamo preoccupati per la finanza pubblica, ci
ingegniamo a calcolare quale sarebbe approssimativamente la minor
perdita del settore se, invece di rinviare la prima giornata di
campionato a data da destinarsi, si decidesse semplicemente di
annullarla, riducendo il campionato di una partita. Ebbene, la minor
perdita sarebbe di circa 10 milioni di euro, una cifra non piccola
anche in rapporto ai 24 miliardi di euro della manovra per il 2012.
L’esercizio contabile non è del tutto peregrino se si pensa che le
enormi perdite delle società calcistiche dovranno prima o poi essere
ripianate da qualcuno, leggi sior Pantalòn. Nonostante i calciatori
professionisti siano una parte numericamente risibile del totale dei
lavoratori dipendenti, l’azzeramento di una perdita di 3-400 milioni di
euro potrebbe contribuire alla manovra del prossimo anno per quasi il
2%.
La proposta suona provocatoria in un paese in cui il calcio è seguito
appassionatamente da pubblici dipendenti che lavorano poco, lavoratori
autonomi che evadono le tasse, imprese che o sono sussidiate dallo
Stato o non fatturano, politici che costano più di ogni altra
democrazia e alti funzionari dello stato che vengono collocati “fuori
ruolo” con conseguente doppio stipendio. Magari non suona invece tanto
provocatoria per i pensionati che si vedranno ridotto il mensile, i
lavoratori precari che non verranno riassunti, le famiglie che dovranno
pagare molte più tasse, i cittadini che avranno meno servizi e più
scadenti, i giovani che non avranno mai un lavoro degno di tal nome: a
proposito chi sarebbero i bamboccioni?
In ogni caso una domenica di sciopero è ormai alle spalle e non mi
sembra che sia successa una rivoluzione. Vediamo se – dato che gli
esperti di cose calcistiche avvertono, bontà loro, che la vertenza è di
difficile soluzione – la rivoluzione verrà in caso di prosecuzione
dello sciopero dei calciatori. Io credo che sarà già molto se servirà a
qualcuno per rendersi conto di come funzionano realmente le cose..
di Astolfo
sulla Luna
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