Chi non ricorda il terrore
in vista del compito di matematica, o gli sforzi per mimetizzarsi tra i
banchi e scampare a un’interrogazione, o quel votaccio preso in storia
o in chissà che altra materia?
Passaggi normali della vita scolastica, che una disposizione della
giunta provinciale di Bolzano vorrebbe cercare di rendere in qualche
modo più soft.
Via i voti sotto il "quattro" dalla scala di valutazione degli
insegnanti è infatti la proposta avanzata dalla provincia altoatesina,
che invierà alle scuole superiori dell’Alto Adige una raccomandazione
(non vincolante dato che i criteri di giudizio sono di competenza
statale) proprio per eliminare i voti dall’uno al
tre.
"Se uno studente prende "quattro" significa che non sa niente – motiva
il presidente della giunta Luis Durnwalder (balzato agli onori della
cronaca in febbraio per la polemica con il presidente Napolitano
sull'Unità di Italia) - a questo punto che senso ha dargli un voto
ancora più basso? Sicuramente effetti negativi sotto l'aspetto
psicologico. Questo metodo vuole offrire al giovane la possibilità di
riprendersi, di ritrovare fiducia, di stimolarlo a recuperare" (guarda
il video in cui Durnwalder motiva la proposta).
Ma si tratta davvero di un modo per favorire il percorso di
apprendimento dei ragazzi? Secondo la scrittrice e insegnante di liceo
Paola Mastrocola, autrice, tra l'altro, del libro "Togliamo il
disturbo. Saggio sulla libertà di non studiare", le cose non stanno
proprio così.
"Mi sembra – dice a Sky.it – più che altro un segnale di paura, dato
dal timore di creare frustrazione e dolore nei giovani: così, pensando
di difenderli da piccoli traumi li rendiamo in realtà sempre più
fragili". "Dietro quello che sembra un segnale di comprensione –
continua – si nasconde in realtà un segnale di sfiducia: i ragazzi sono
forti non sono mammolette, come pensiamo noi adulti, e in questo modo
non li si favorisce".
Bisognerebbe dunque riscoprire un po’ di severità?
Più che la severità, bisognerebbe far riscoprire il valore della fatica
di studiare: i nostri ragazzi non hanno più voglia di studiare.
Perché?
Innanzitutto perché viviamo in un mondo che non dà nessun valore alla
cultura: quando ciò che conta sono solo la visibilità e il successo è
difficile che un ragazzo sia spinto a stare otto ore sui libri. A
questo si aggiunge l’inganno sulle nuove tecnologie, secondo cui basta
un click per trovare tutto e studiare non serve: così si perde
irrimediabilmente la possibilità di avere una formazione seria e
approfondita. Infine, in 40 anni di discorsi pseudo democratici sulla
scuola, secondo i quali tutti dovevano arrivare al successo formativo,
abbiamo alla fine creato una scuola dove prevale la facilità e non la
fatica.
Dunque nessuna paura di dare un bel "tre"?
Assolutamente no, mi è capitato di dare anche "uno". Non è la morte,
non è la fine del mondo, come dico sempre ai miei studenti, è anzi il
punto da cui ripartire, il punto di partenza per reagire. Pensi che
bello prendere un "sei" dopo un "uno"! Se partiamo dal "quattro",
dimezziamo anche la gioia dei ragazzi. (da Sky Tg24 – Sky.it di
Giulia Floris)
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