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Didattica: Nella Stoccolma liberal l’asilo che ha abolito i generi. Niente più bimbi e bimbe ma soltanto “amici”, e storie gay al posto delle favole

Rassegna stampa
Per prima cosa si sono dovuti inventare il pronome neutro, che in svedese non esiste: bando a «hon» e «han» e spazio a un generico «hen». Di lì in poi la strada non è stata certo in discesa e si presume che di lavoro ce ne sarà sempre, per la direttrice e gli insegnanti di Egalia, una scuola materna del liberale distretto di Sodermalm, Stoccolma, che hanno deciso di affrancare il loro progetto educativo dalle distinzioni di genere. Niente più «bambini» e «bambine», ma soltanto «amici». Niente più fiabe classiche dove i maschi stanno da una parte e le femmine dall’altra - al bando l’affettata Biancaneve e l’ammiccante Cenerentola, così come i nerboruti sette nani e il virile Principe Azzurro. Al loro posto la storia di due giraffi maschi che sono ansiosi di adottare un figlio e ripiegano su un uovo di coccodrillo, con tanto di scontato lieto fine.  All’asilo Egalia - un nome una garanzia - il reparto mattoncini da costruzione sta accanto alla cucina giocattolo, per invitare i piccoli a un fertile e continuo scambio di ruoli (e fin qui, si dirà, niente di nuovo, soprattutto in questi ultimi tempi in cui la cucina è un’attrazione sempre più fatale per il sesso forte). Niente barriere mentali. Tutto è fatto, pensato e detto per eliminare le differenze fra i sessi e contemplare, per contro, tutta la gamma possibile di appartenenze e ibridazioni: «Egalia dà loro la fantastica opportunità di essere quello che vogliono» decanta un’insegnante trentunenne. L’obiettivo, dice Lotta Rajalin, direttrice dell’asilo, è quello di affrancare i bambini dalle «discriminazioni di genere» perché «le differenze di genere sono alla base dell’ineguaglianza». Il mezzo è la creazione di un territorio neutrale dove ognuno possa sviluppare le proprie potenzialità senza essere in qualche misura condizionato dall’identità di genere.

Sani propositi, certo, che però non mancano di suscitare politiche persino nella liberale Svezia, da sempre all’avanguardia nella promozione dei diritti civili in generale, femminili e gay nello specifico. Tanto che l’abbattimento delle barriere che i ruoli di genere comportano è una «core mission» del curriculum educativo di questo paese - non per niente la sua azienda simbolo ha lanciato di recente quella seppur castissima campagna pubblicitaria con due uomini per mano che tanto scalpore ha destato nel nostro paese, ancorato a ben diversi modelli.

Anche in Svezia, insomma, Egalia suscita qualche perplessità. Anzi, di più. Tanja Bergkvist, giovane blogger, ha parlato di «pazzia di genere». Questa abolizione di maschile e femminile in ossequio a un generico neutro aperto ad ogni (o nessuna?) possibilità, rischia infatti di trasformarsi rapidamente in un conformismo di ritorno, in un vicolo cieco di genericamente (nel senso di genere) corretto. La distinzione fra i generi è qualcosa di atavico, profondo, subliminale: basti pensare a quanto è radicata nel linguaggio. Eliminarla o ignorarla rischia di restringere gli orizzonti, invece di allargarli. «I diversi ruoli di genere non rappresentano un problema sinché sono valutati in modo equo», scrive ancora Tanja Bergkvist, ed è proprio questo il punto. Obliterare i ruoli può essere utile per educare i bambini al rispetto degli altri, per non storcere il naso se il proprio compagno ha due mamme o due papà invece di un genitore per tipo. Ma diventa un’ossessione quando presume di poter cancellare l’appartenenza sessuale in nome di un generico «individuo» che in fondo è un’entità astratta, così come la «persona». Fra l’altro, uno è maschile, l'altro femminile...

Per superare i divari e le discriminazioni non si tratta di abolire le differenze, ma anzi di riconoscerle e trattarle con imparzialità. Queste sono alcune delle obiezioni mosse al progetto di Egalia anche da parte di genitori progressisti, e tuttavia convinti che qualcosa stoni (ma dall’asilo fanno sapere che sino ad ora solo un bambino è stato ritirato). E in fondo, invece di tribolare su pronomi e possessivi, invece di mettere sottosopra lefavole di sempre, è la parità - di diritti e di opportunità che dovrebbe passare come messaggio primario ai bambini. La consapevolezza che il prossimo non è un generico insieme di «amici», ma un gruppo variegato di maschi, femmine e tante altre cose diverse.
di ELENA LOEWENTHAL  da La Stampa

 redazione@aetnanet.org








Postato il Giovedì, 30 giugno 2011 ore 11:15:00 CEST di Pasquale Almirante
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