Sembrerebbe -
quello recentemente presentato da due senatori - un Disegno di Legge
volto ad aiutare le scuole nel migliorare la propria offerta formativa,
in particolare per gli alunni con disabilità, e invece non si tratta
affatto di garantire risorse e servizi in più, ma è praticamente come
dire: «Siccome devo risparmiare, comprati i servizi che non riesco a
garantirti!», ovvero «non ti garantisco più un servizio essenziale al
diritto allo studio». Con una mano, dunque, si tagliano pesantemente i
fondi alla scuola pubblica, con l'altra si offrono soluzioni che aprono
la strada alla privatizzazione. E questo - oltre a creare ulteriori
disuguaglianze proprio tra gli alunni con disabilità - è un grave
rischio per l'intera scuola pubblica italiana.
Che si stia tentando di «desertificare» la scuola pubblica
italiana, con grave danno innanzitutto per le fasce più deboli di
studenti, come quelli disabili?È di questi giorni la notizia del
Disegno di Legge n. S 2594 (Disposizioni per favorire il sostegno
di alunni con disabilità), depositato il 2 marzo scorso dai senatori
Francesco Bevilacqua e Antonio Gentile, che prevede la possibilità per i Dirigenti
Scolastici di realizzare progetti per il sostegno scolastico agli
alunni disabili con la collaborazione dei privati, stabilendo una serie
di disposizioni che «non devono comportare nuovi o maggiori oneri a
carico della finanza pubblica».
I lettori meno attenti potranno pensare trattarsi di una proposta che
riguarda le sole persone con disabilità. Si tratta invece di un rischio per l'intera
scuola italiana, poiché se quel Disegno di Legge venisse approvato,
esso sarebbe un cuneo per legittimare una vera e propria
privatizzazione della scuola pubblica.
Il testo fa infatti riferimento "tecnico" alla Legge 170/10 (Nuove
norme in materia di disturbi specifici di apprendimento in ambito
scolastico), precisando che esso appare come naturale complemento
di tale norma e anche nella relazione si dichiara che «non si
devono comportare oneri alla finanza pubblica», autorizzando ad
intervenire addirittura nei Piani Educativi Individulaizzati (PEI),
privatizzando, appunto, i servizi ivi previsti. In parole povere: il finanziamento
pubblico arriva fino a un certo punto, il resto te lo paghi come puoi!
E quindi? Non basta più il diritto a un sostegno personalizzato di
qualità per tutti gli alunni con disabilità nelle scuole pubbliche di
ogni ordine e grado, previsto dalla nostra normativa da ormai
oltre trent'anni, disciplinando il sistema scolastico in materia di
inclusione? Ciò che è certo è che non si può affidare ai privati
l'attuazione di un diritto all'istruzione costituzionalmente garantito,
né si può attribuire alla scuola pubblica, in nome dell’autonomia
scolastica, la creazione di un'inevitabile disuguaglianza sociale tra
chi potrà realizzare tali progetti anche con il contributo monetario
delle famiglie e chi non potrà farlo: l'autonomia scolastica, così come
era stata pensata dai suoi "padri fondatori", nulla ha a che vedere con
il "fai da te" o con il concetto che «ognuno si arrangi come può, basta
che non si incida sul danaro pubblico»!
Questa altro non sarebbe che la morte della democrazia e della scuola
pubblica, che deve garantire pari opportunità per tutti in qualsiasi
condizione essi si trovino. E invece questo provvedimento
scellerato e anticostituzionale creerebbe ulteriori disparità di
trattamento in tutto il territorio - non solo tra città e città, ma
addirittura tra diversi quartieri e rioni della stessa città -, dando
luogo a una reale esclusione sociale.
L'Italia - non bisogna mai dimenticarlo - è l'unico Paese che include
gli alunni con disabilità nelle scuole di ogni ordine e grado e la
nostra esperienza ha profondamente orientato la stessa Convenzione ONU
sui Diritti delle Persone con Disabilità che all'articolo 24
(Educazione) parla di «diritto degli alunni con disabilità alla
scuola dell’obbligo e superiore con forme di sostegno e con interventi
individualizzati».
Il sostegno all'istruzione per gli alunni con disabilità è un livello
essenziale che come tale dev'essere garantito dallo Stato e anche un
diritto soggettivo, così come tutti i tribunali d'Italia stanno ormai
sentenziando dal 2004 ad oggi, con centinaia di cause vinte dalle
famiglie (ben settanta, quest'anno, nella sola Sardegna), contro il
Ministero, costretto a pagare per l'attribuzione del sostegno adeguato
a quanti ne avevano diritto.
In teoria questo Disegno di Legge sembrerebbe un provvedimento volto ad
aiutare le scuole nel migliorare la loro offerta formativa: in realtà
non si tratta affatto di garantire risorse in più e dunque servizi in
più, ma è come dire: «Siccome devo risparmiare, comprati i servizi che
non riesco a garantirti!», ovvero «non ti garantisco più un servizio
essenziale al diritto allo studio». Cosa fa dunque il Governo? Con una
mano taglia i fondi alla scuola pubblica, con l'altra offre soluzioni
che aprono la strada alla privatizzazione.
Non bisogna dimenticare infatti che il taglio alla scuola pubblica si
aggira intorno ai 22 miliardi in cinque anni - come si
può leggere nel Documento di Economia e Finanza 2011, prodotto dal
Ministero dell'Economia e della Finanza - e che di questo nei tre anni
già passati si sono già visti tutti gli effetti, con la soppressione di
scuole in piccoli paesi - dove la scuola rappresentava l'unica
istituzione presente nel territorio -, con classi sovraffollate,
fatte di trenta alunni e di più alunni con disabilità, con il taglio
dei docenti, con il personale ATA (Assistenti Tecnico-Amministrativi) -
tra cui i collaboratori scolastici - che ha in carico l'assistenza
igienica degli alunni con disabilità.
Insomma, un impoverimento generale della scuola che si ripercuote in
maniera ancor più forte su chi già vive una situazione di svantaggio e
che mette in discussione la qualità della scuola nel suo insieme.
22 miliardi di euro non possono rappresentare un risparmio né la
possibilità di un reinvestimento degli stessi «per migliorare la
qualità», così come ci sono stati prospettati. Si tratta invece di un
preoccupante processo che rischia di far fare grandi passi indietro a
tutto il sistema scolastico italiano, con un chiaro
orientamento verso la privatizzazione e la monetizzazione
delle risposte ai diritti fondamentali dei cittadini.
Ancora una volta il Governo parte dai più fragili - le persone con
disabilità - per risanare i conti della spesa pubblica. Ha iniziato un
anno fa con la cosiddetta "caccia ai falsi invalidi", cercando di
svuotare le tasche di chi già è costretto a vivere con una pensione
irrisoria da soglia di povertà, e innescando una pericolosissima
campagna mediatica, fondata solo su preconcetti e approssimative
considerazioni. Ha continuato poi con l'azzeramento del Fondo per
la Non Autosufficienza e con un impoverimento del welfare pubblico
in generale.
Questo modo di fare politica e di amministrare un Paese rappresenta
l'essenza di comportamenti per nulla illuminati né lungimiranti: chi
non investe nella formazione e nell'istruzione anche e soprattutto dei
suoi Cittadini più deboli, non investe nel futuro del proprio Paese.
Ora il Disegno di Legge da cui siamo partiti sarà discusso in Senato
dall'apposita Commissione. Ma già da adesso le famiglie da noi
rappresentate dicono NO alla privatizzazione della scuola pubblica
e sono pronte a scendere in piazza per la tutela del diritto allo
studio dei propri figli, che non è l'unico ad essere messo a rischio,
perché questa linea di intervento si ripercuoterà negativamente su
tutta la scuola pubblica italiana. (da http://www.superando.it di
Francesca Palmas)
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