Già durante
la frequenza della scuola media di primo grado i ragazzi con situazioni
familiari difficili, soprattutto se stranieri, hanno molte più
possibilità di incorrere in insufficienze, di ripetere l'anno o di
abbandonare precocemente gli studi: il dato è contenuto nella ricerca,
un cui primo stralcio è stato pubblicato oggi, su 'I ritardi scolastici
a 11 e 13 anni. Comportamenti, abitudini e contesto
scolastico-familiare-territoriale degli studenti delle scuole
secondarie inferiori con percorsi non regolari', realizzata dalla
fondazione Giovanni Agnelli e dall'équipe del Dipartimento di Sanità
Pubblica e Microbiologia dell'Università di Torino, guidata dal Prof.
Franco Cavallo.
I risultati rivelano che in media lo studente con percorso di
studi irregolare è maschio e ha un background socio-economico e
culturale svantaggiato. Tuttavia, è soprattutto l'origine straniera a
costituire un fattore di rischio, soprattutto nel caso di figli di non
italiani arrivati nella penisola in età scolare (la cosiddetta
generazione 1,5): in questo caso "la probabilità di essere in ritardo
in I media - si legge nelle anticipazioni della fondazione Agnelli - è
di circa 18 volte superiore a quella di un italiano, 19 volte in III
media!". Ed anche quando uno studente di seconda generazione (figlio di
stranieri nato in Italia) arriva alle scuole medie senza un condizione
di ritardo statisticamente diversa da quella di un italiano, la ricerca
ha evidenziato che "entro la III media la sua probabilità di perdere
uno o più anni per strada cresce fino a diventare di 3,5 volte
superiore a quella di un suo compagno di classe italiano". I
ricercatori non si sono limitati a fotografare la realtà, ma anche ad
ipotizzare quali possono essere le cause del divario di prestazioni: se
da una parte ammettono che per gli adolescenti di origini straniera
sono rilevanti il titolo di studio dei genitori, le condizioni
economiche della famiglia ed il genere (i maschi rischiano più delle
femmine), dall'altra non lesinano critiche al sistema scolastico,
reputato inadeguato a fronteggiare il sempre più elevato numero di
alunni stranieri. "In parte - si legge nel rapporto di sintesi - si
spiega in ragione dei problemi linguistici e di adattamento al nuovo
contesto che ostacolano i giovani stranieri i quali hanno bisogno di
più tempo per trovare il giusto ritmo scolastico. L'enorme
differenziale di rischio è, però, anche frutto di una pratica
didattico-organizzativa che non appare adeguata a prevenirlo e
contenerlo". Secondo la fondazione torinese sarebbero in particolare
due le carenze dell'organizzazione scolastica: la prima riguarda il
fatto che "i nuovi arrivati vengono spesso inseriti in classi non
corrispondenti all'età anagrafica, e inferiori ad essa, cumulando così
un ritardo scolastico, rispetto ai coetanei di uno, due o più anni"; la
seconda attiene alle "rare o inesistenti" forme "di sostegno specifico
alle difficoltà che i ragazzi di origine straniera - anche quando bene
integrati nella loro classe - possono incontrare nello studio". Per
realizzare lo studio, i ricercatori hanno impiegato i dati
dell'indagine internazionale 'Health Behavior in School-aged Children',
patrocinata dall'Oms, svolta in 43 paesi e orientata a studiare
fenomeni e comportamenti che possono avere effetti sulla salute dei
ragazzi di 11, 13 e 15 anni che frequentano la scuola secondaria di
primo e secondo grado. Lo studio andrà a fare parte del più ampio
Rapporto sulla scuola in Italia della fondazione Agnelli, che sarà
presentato in autunno e sarà interamente dedicato alla scuola
media. (da TMNews)
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