“Miatu cu vidi a pasqua”,…si diceva
una volta in Sicilia. La Pasqua da noi è meraviglia e tristezza,
splendore e turbamento, celebrazione della morte e della vita. Un
accadimento unico e irripetibile di devozione e di tradizione. Un
intreccio di riti, di passioni, di storie e di parole. Per un uomo
morto sulla croce, per noi, tanti secoli fa.
E tutti gli anni, in ogni angolo di Sicilia, esplode la pasqua, come
sempre. Immutabile e imprevedibile. Come quel lontano mattino di
primavera. La prima domenica della storia. Con quel sepolcro vuoto e
“le bende ripiegate in un angolo” che qualcuno “vide e credette”. E fu
l’inizio di tutto.
Ancora adesso in Sicilia, in tutte le città dell’isola, riviviamo la
pasqua, ad un tempo, con mestizia ed esultanza. Le nostre città
barocche si coprono di lutto in attesa della luce della Resurrezione.
Dopo il terzo giorno.
La pasqua è molto sentita a Caltagirone,
in provincia di Catania, dove si venera Gesù Crocifisso. Nei primi
giorni della settimana santa una caratteristica Via Crucis, che sfrutta
la maestosa scalinata di S. Maria del Monte, ripercorre gli ultimi
eventi della vita terrena di Gesù, dall'incontro con Pilato alla sua
morte in croce. Uno dei momenti più forti per la fede di questa città è
il venerdì santo, quando, in una suggestiva processione, i fedeli
portano a spalla il Cataletto del Cristo morto, un’urna di legno e
vetro e rifinita con oro e la statua della Madonna Addolorata. La
domenica di Pasqua si ha una processione più imponente: ci sono tre
statue, quella di S. Pietro proveniente dall'omonima chiesa, costituita
di cartone pressato e vuota all'interno, quella del Cristo risorto che
proviene dalla Chiesa della Sacra Famiglia che va incontro a quella
della Madre. E’ il momento della, “giunta”, l’incontro tra Madre e
Figlio, in prossimità della scalinata di S. Maria del Monte, la statua
della Madonna è liberata dal manto nero del lutto e scopre, in segno di
gioia, quello bianco e celeste.
A San Fratello, nei Nebrodi
messinesi, durante la settimana santa, dal mercoledì al venerdì santo,
si ha un tipico esempio della commistione tra sacro e profano,
dell'unione del dolore per la perdita del Cristo e della gioiosa
fastosità, tipica del carnevale.
Una miriade di contadini e pastori si travestono da "giudei" con dei
particolari costumi costituiti da giubbe rosse e gialle, impreziosite
con motivi floreali e ricami e da un cappuccio rosso che ricopre la
testa. Tali abiti ricordano in parte quelli dei soldati romani che
flagellarono Gesù, sono di proprietà delle famiglie del posto e vengono
tramandati da padre in figlio. Tali "giudei" percorrono le vie della
città con squilli di trombe, catene minacciose e campanacci in modo
allegro con il chiaro intento di distogliere l'attenzione popolare dal
dolore per la morte di Gesù. Il contrasto ha il suo punto cruciale il
venerdì santo, quando il corteo che segue il Crocifisso è disturbato ed
interrotto nel suo cammino dall'arrivo festoso dei “giudei”.
I riti greci legati alla settimana santa hanno conservato il loro
fascino all'interno della Piana degli
albanesi, nel palermitano, dove si ritrovano cinque delle otto
comunità albanesi presenti nell'isola. I riti pasquali di questi paesi
iniziano, la settimana precedente quella di pasqua, con il canto
"lazeri", intonato dai giovani, accompagnati dal sacerdote, il "papas",
per commemorare la resurrezione di Lazzaro. La domenica delle palme si
rievoca l'entrata di Cristo a Gerusalemme con la processione del
vescovo che cavalca un asino e con in mano un crocifisso ed una piccola
palma. Il momento più atteso dai fedeli è il giovedì santo, per la
lavanda dei piedi, quando il sacerdote, che impersona San Pietro,
accetta di farsi lavare interamente dal vescovo.
La mattina del venerdì santo vengono eseguiti i canti tradizionali che
narrano i passi evangelici della passione e morte del Cristo; il
pomeriggio, invece, si ha il corteo dell'immagine del Cristo, preceduta
dal Crocefisso, deposto in un'urna ricca di fiori e incenso ed
accompagnata dai fedeli e dai canti funebri eseguiti dal sacerdote. Il
giorno del sabato santo è caratterizzato dalla liturgia di S. Basilio,
dai battesimi per immersione, dal canto del salmo della resurrezione e
dai sacerdoti che indossano la veste bianca che sostituisce il lutto.
Il giorno di Pasqua, infine, nella Cattedrale di San Demetrio, si ha la
preparazione della "mensa", che riunisce tutti i fedeli.
A Pietraperzia, in provincia
di Enna, il venerdì santo si ha, sin dalle prime ore del giorno, una
processione di fedeli in preghiera che cantano la passione del Cristo
fino ad arrivare alla Chiesa del Carmine per deporre il simulacro del
Cristo. Nella piazza antistante la Chiesa è montato un fercolo, un palo
di cipresso di otto metri al quale si fissano delle fasce di lino di 30
metri, simbolo della devozione; alla sera il Cristo è agganciato alla
croce del fercolo e quando un fedele batte il terzo colpo ai chiodi
della croce, l'asta del Crocifisso viene issata, sostenuta dalle fasce,
ed ha inizio la processione con in testa il fercolo, mosso da almeno
500 fedeli, che termina con la Madonna Addolorata, portata da gruppi
femminili. La processione ha due momenti particolari, le “girate”, che
sono effettuate in contrada Santa Croce e davanti la Chiesa Madre.
La processione dei Misteri di Trapani
è una delle celebrazioni pasquali più caratteristiche dell’intera
Sicilia. Durante tutti i venerdì di Quaresima i ragazzi trasportano a
spalla per le strade della città dei fercoli con delle immagini sacre
per raccogliere le offerte. Ci sono sei “misteri”, sei gruppi statuari,
addobbati per l'occasione, che rappresentano la passione di Gesù, dalla
Caduta al Cedron, alla flagellazione, fino ad arrivare all'Addolorata;
ogni gruppo di “misteri” viene affidato ad una particolare
confraternita di artigiani e lavoratori. Nei giorni della settimana
santa, invece, si hanno diverse processioni: il martedì santo il corteo
della Madonna dei massari, organizzata dal ceto degli agrari, che in
seguito vennero esclusi dalla processione ufficiale del venerdì; il
mercoledì santo è il turno dei fruttivendoli in onore della Madonna
della Pietà, fino alla rituale visita alla Madonna dei massari. Il
venerdì santo si ha la processione più imponente delle statue dei
“misteri” con la partecipazione dei 18 gruppi lignei, appartenenti alle
maestranze, e dell'urna del Cristo morto e dell'Addolorata. Tale
processione parte nel primo pomeriggio del venerdì, con
l'accompagnamento musicale, per terminare la mattina del sabato.
La processione dei misteri di Caltanissetta
fonda le sue origini sin dalla fine del ‘700 ad opera della
Congregazione di S. Filippo Neri. La cerimonia prevedeva il trasporto
di 5 “barette” con statue di terracotta, rappresentanti alcuni dei
misteri relativi alla morte del Cristo. Dopo qualche tempo tali
rappresentazioni furono sostituiti da 14 statue, in base al numero
delle stazioni della Via Crucis. Nel corso degli anni, la sacra
processione del giovedì santo, ha subito notevoli cambiamenti, fino a
raggiungere, alla fine del 1800, il numero di 16 statue, la cui
costruzione fu affidata a valenti artigiani napoletani. Le
manifestazioni della settimana santa di Caltanissetta prevedono,
inoltre, il mercoledì santo, la processione di 14 gruppi in terracotta,
“i variceddi” e il sabato, quella della deposizione del Cristo.
La domenica di Pasqua ad Adrano,
in provincia di Catania, si esegue, sulla piazza antistante il Castello
normanno, "la diavolata", una rappresentazione sacra d'origine
medievale. L'evento scenico viene ospitato su un palco dove cinque
diavoli vestiti di rosso, saltando, escono da una botola, accompagnati
da fiamme e fumo, insieme alla Morte, che indossa un abito raffigurante
uno scheletro, un angelo, rappresentato da un bambino e Lucifero. “La
diavolata” è costituita da una serie di discussioni sul bene e sul male
e si conclude quando l'Angelo costringe i diavoli a pronunciare la
frase "Viva Maria".
Ma è, soprattutto, nella tavola imbandita di prodotti nostrani che
viene celebrata la Pasqua in Sicilia. È un trionfo di colori, sapori e
odori; un compendio di antiche ricette, custodite gelosamente,
tramandate da madre a figlie. Domina, su tutto, l’agnello e le uova.
Anche le vetrine delle pasticcerie di tutte le città dell’isola si
riempiono di picureddi, pecorelle di pasta reale, la cui posa è
divenuta ormai un classico: sdraiate su un fianco, sopra un prato verde
disseminato di confettini multicolori, con una banderuola rossa, simile
a quella che nell'iconografia sacra è in mano a San Giovanni, infilzata
sul dorso.
Le uova, simbolo di nascita, si scambiavano, persino, oltre duemila
anni fa, dai persiani, in occasione del cambio della stagione. Questa
usanza, con l’avvento del cristianesimo, si è diffuso in tutto il mondo
e l’uovo è diventato il simbolo della vita. Tutte le famiglie isolane,
che osservano ancora le antiche tradizioni, dispongono a tavola il
dolce tipico pasquale siciliano, “‘a cuddura ccu l’ova”, composto di
uova sode, spesso colorate, rigorosamente in numero dispari, immerse o
affiorante in panierini di pasta di pane o di biscotti. Le forme di
questi caratteristici dolci casalinghi sono tantissime e spesso
curiose, a forma di cuore, campana, colomba, borsetta, treccia, come i
loro nomi, che cambiano in base alle diverse località, aceddi, pupi,
panarina, panareddi, palummedda, campanaru, cudduredda.
A Misterbianco si chiama
“cuddura ccu l’ova” e viene preparata dalle massaie in forme
artisticamente ricercate e, spesso, con ricchi ornamenti e variopinti
colori.
La tradizione della famiglia siciliana, voleva che la domenica di
Pasqua, prima di andare a messa, si andasse a trovare la nonna che
faceva trovare ai nipoti, “‘a cuddura ccu l’ova”, chi arrivava prima
aveva la possibilità di scegliere.
La preparazione e il conseguente dono delle “cuddura ccu l’ova” voleva
rappresentare un gesto di affetto, di riconoscenza, una testimonianza
di rispetto, tanto più grande era il dolce e più numerose le
uova, più questi sentimenti erano profondi e sinceri. Era tradizione,
per esempio, che i fidanzati se ne scambiassero di veramente
grandi ed eleganti, addirittura, “a vintunu”, cioè, con ventuno uova,
preparate “solennemente” con amore, per fare “cumparsa”. Adesso,
invece, le moderne uova, prodotte industrialmente, infiocchettate e
rivestite di coloratissima carta stagnola, sono, solamente, di
cioccolata e custodiscono, all’interno, delle magnifiche "sorprese"…di
peluche e di perline.
E’ così che in Sicilia, ancora, celebriamo la Pasqua. Un’esplosione
intensa di fede, di devozione e di emozione. E di vita. Veramente,…“miatu cu vidi a pasqua”. Buona
Pasqua a tutti!
Angelo
Battiato (inviato speciale a Brescia)
angelo.battiato@istruzione.it