Spesso le
forti pressioni Leghiste volte a formare una coscienza comune su cosa è
giusto e cosa non lo è, portano a fare una seria riflessione su cosa
accadrebbe se … ANCHE NOI DEL SUD … provassimo a ragionare in modo
analogo …
Proviamo a pensare IPOTETICAMENTE di “accettare” l’idea di mettere a
fondamento delle graduatorie del personale scolastico L’APPARTENENZA
TERRITORIALE: cosa accadrebbe?
Siamo certi che una svolta in senso “protezionistico” delle
graduatorie produrrebbe effetti positivi nelle regioni del NORD ITALIA?
Proviamo ad analizzare l’eventuale attuazione di tali disposizioni.
AL SUD: in un territorio in cui spesso si studia solo per “inerzia” e
non per convinzione, solo per avere una alternativa (chissà se
valida) al dolce far nulla imposto da una società in cui è ormai
diventato impossibile trovare un lavoro “decente” dopo il completamento
degli studi superiori, sono sicuramente molti i laureati che, dopo aver
affrontato un percorso universitario, serio difficile e faticoso, non
riscontrando nel mercato del lavoro una richiesta “reale” della propria
specializzazione (ciò è spesso colpa del distacco abissale tra la
teoria universitaria e la “pratica” del mercato del lavoro), o non
volendosi scommettere più di tanto nella libera professione, sono
portati ad avvicinarsi all’ “ammortizzatore sociale” che fino a
qualche tempo fa portava ad un guadagno certo, sia pur scarsetto, e
alla possibilità di rendersi indipendenti dalla famiglia:
l’insegnamento.
Oggi, questa prassi ormai inflazionata, ha portato ad un intasamento
delle graduatorie e ad un nuovo tipo di “migrazione” che spesso viene
sottovalutata anche da studiosi e sociologi.
Certamente, se tale flusso verrebbe ad essere “forzatamente bloccato”,
la situazione per i giovani del SUD non cambierebbe poi così tanto:
invece di migrare in cerca di un posto d’insegnante, migrerebbe
ugualmente al NORD in cerca di un impiego (vista la disastrosa
politica del lavoro attuata nel SUD sia a livello centrale che
periferico), con la sola differenza che, mentre l’insegnante, prima o
poi, “ritorna all’ovile”, difficilmente l’impiegato proveniente dal
SUD ha la possibilità di trasferimento nella propria terra
d’origine!
Dunque il lavoratore del SUD si “stanzierà” stabilmente al NORD, come
fatto nel flusso migratorio che interessò la nostra nazione negli anni
60-70!
L’effetto per i “leghisti” sarebbe disastroso! Un’ondata stabile
di “terroni” pronti a colonizzare DEFINITIVAMENTE le loro terre!!!
Dal punto di vista del funzionamento scolastico, nulla cambierebbe al
SUD, perché ci sarebbero sempre i meglio piazzati in graduatoria, che
continuerebbero a ricoprire i ruoli d’insegnamento.
AL NORD: in un territorio in cui spesso lo studio universitario è una
scelta ponderata che si pone in contrasto con la possibilità REALE di
entrare fin da subito in un mercato del lavoro in fabbrica o manuale
che permetterebbe di guadagnare, senza troppi sforzi intellettivi, la
propria indipendenza dalla famiglia, sono statisticamente pochi coloro
i quali, dopo la laurea, si “accontentano” di un posticino da 1200 euro
al mese! Ecco perché molte delle graduatorie al NORD sono esaurite e
l’erogazione del servizio didattico è possibile solo grazie ai tanto
snobbati “terroni”.
In una stretta protezionistica, chi andrebbe ad insegnare al NORD?
Forse Bossi, con il suo diploma di “Perito Tecnico Elettronico”, o il
“TROTA”, con il suo caro diplomino preso dopo tre o quattro bocciature
agli esami di stato … o chi allora?
Per non contare le difficoltà che “gli indigeni” (nel senso dei nativi
del luogo) incontrerebbero nel concorrere con i “terroni” nella ricerca
di lavoro, se questi ultimi invadessero in modo ancora più attivo gli
altri ambiti.
Nell’eventualità di un cambiamento della normativa in senso
TERRITORIALE, dunque, certamente forti sarebbero stati i disagi
per tutti, ma chi ne avrebbe sofferto di più!?!?
Certo questo è solo uno dei tanti punti di vista possibili, ma
sicuramente può porsi alla base di una riflessione più seria e
profonda! Forse la tanto amata Italia che quest’anno festeggia il
proprio 150° anniversario, ha realmente bisogno di restare unita NEI
FATTI, e non solo nelle intenzioni, per poter permettere a tutti gli
Italiani di sopravvivere IN EQUILIBRIO, e non in ROTTURA, in un momento
di difficile congiuntura economica. “L’unione fa la forza”.
VIVA L’ITALIA UNITA!
Stefano Guarnera