Diritti e
tutele sul lavoro. A chiederli sono stati i precari scesi in
piazza a Roma e nelle maggiori città italiane. Nella capitale in
migliaia - almeno duemila secondo la Questura - si sono radunati a
piazza della Repubblica per dare vita al lungo corteo che si è snodato
fino al Colosseo portando a braccia un lunghissimo tricolore. Diverse
anche le bandiere del popolo viola. 'Il nostro tempo è adesso',
'Il futuro è possibile', 'Il futuro dei ricercatori precari? E' materia
oscura', le frasi che campeggiavano su alcuni degli striscioni. "Siamo
tanti, siamo bravi. Il nostro Paese è ingiusto ma non ce ne vogliamo
andare", uno degli slogan scanditi al corteo. Tra le fila giovani e meno giovani, madri,
padri e molte famiglie con bambini.
Presenti alla manifestazione anche Verdi, Italia dei Valori e Comunisti
italiani. Partecipa anche la Cgil insieme alla leader Susanna Camusso
che si è posta alla testa del corteo raggiunto anche da Rosy Bindi.
"Come da tempo abbiamo detto il tema della precarietà è il tema del
nostro Paese. Non c'è futuro - sottolinea la leader Cgil - se ci sono
intere generazioni che pensano che questo Paese non li vuole e non dà
loro nessuna prospettiva". Riguardo l'assenza dei leader delle altre
sigle sindacali Camusso ha aggiunto: "Devo dire che ho visto lungo il
corteo anche altri, credo che anche in questo caso rischia di essere un
problema del gruppo dirigenti e non dei lavoratori".
"Se siamo precari e precarie - denunia un gruppo di precari di
SanPrecario.org. - non è per colpa di un tragico destino ma perché
qualcuno, in questi ultimi 15 anni ha fatto profitti immensi sulla
nostra pelle". "Non ne possiamo più, la precarietà stanca, segna ormai
le nostre vite dalla formazione al lavoro e fino alle relazioni
personali", dice un manifestante appartenente alla Fgci.
In piazza anche scienziati dell'Inaf che lamentano all'interno
dell'ente una politica che "non va nella direzione di qualificare i
ricercatori precari" perché, afferma un gruppo di giovani astrofisici,
"sottopagare le persone con contratti atipici, senza considerare la
loro anzianità di lavoro, non qualifica i ricercatori".
A Napoli in 5mila hanno sfilato da piazza Mancini a piazza del Gesù
Nuovo, per rivendicare "un paese a 'precarietà zero', una continuità di
reddito nei periodi di non lavoro, contratti veri e stabili, un sistema
di welfare che non tagli fuori nessuno, la garanzia di una pensione
dignitosa, investimenti nel diritto allo studio e in un sistema
formativo di qualità'' secondo quanto si legge in un comunicato della
Cgil Campania.
Il segretario del Pd, Pierluigi Bersani, ha inviato un messaggio "di
piena solidarietà" ai precari mobilitati in tutto il Paese, rispondendo
anche al ministro della Gioventù, Giorgia Meloni, che ha esortato a non
pretendere i privilegi che avevano ''i nostri genitori''. "Di
stupidaggini se ne sentono in questo periodo, ma questa è particolare:
padri e figli, quelli che lavorano, sono tutti nei guai - ha rimarcato
Bersani - Metà della gente che è a casa adesso, o in cassa integrazione
o licenziata, fa parte di coloro che erano considerati i cosiddetti
garantiti" ha aggiunto il leader democratico convinto che "sarà meglio
che il governo conosca un po' più da vicino la realtà che sta vivendo
questo paese". Ed ha liquidato così le domande dei giornalisti che gli
chiedevano un commento alle parole di Silvio Berlusconi in merito alla
vicenda del lodo Mondadori: ''Mi rifiuto di parlare tutti i giorni di
Berlusconi. Oggi c'è una manifestazione dei precari, io voglio
discutere di questo, Berlusconi dica quello che vuole sul processo e
dintorni".
In un videomessaggio pubblicato sul suo blog è intervenuto anche il
leader dell'Italia dei Valori, Antonio Di Pietro, confermando così il
sostegno del partito alla manifestazione 'Il nostro tempo è adesso'.
''E' ora di dire basta con il caporalato. Basta con la violenza, con la
spada di Damocle, con il ricatto, con la scusa che il precariato è
l'unico modo per avere lavoro'' ha scandito Di Pietro, puntando il dito
contro il ''nuovo padronato che sfrutta il mercato degli schiavi, il
sintomo di un 'nuovo' sistema di relazioni industriali che di nuovo non
ha proprio niente, ed è invece un ritorno al passato peggiore, ai tempi
in cui i lavoratori non avevano nessun diritto. E' un ritorno allo
schiavismo. Fermiamo questo ritorno a un lavoro senza diritti. Fermiamo
- conclude Di Pietro - la tratta dei moderni schiavi''.
(Adnkronos/Ign)