Fanno anni di
precariato, ci mettono una vita prima di diventare titolari di una
cattedra, resistono nelle graduatorie, vivono di stenti tra una
supplenza e l’altra. E poi, quando la gavetta è ormai finita, crollano.
Sono sempre di più i docenti che soffrono di «mal di scuola».
Stressati, depressi, esasperati, demotivati, chiedono a gran voce
l’anno sabbatico: un anno di aspettativa non retribuito (ma durante il
quale vengono pagati i contributi) per tirare un po’ il fiato.
Altrimenti scoppiano. Non a caso gli inglesi chiamano questo tipo di
malessere burnout (letteralmente bruciare fuori), cioè spegnersi,
esaurirsi. Da qualche mese a Milano esiste anche uno sportello a cui i
prof si possono rivolgere per una consulenza, o più semplicemente uno
sfogo. L’iniziativa è del gruppo di docenti Diesse
Lombardia.
«Fare l’insegnante è un mestiere usurante - spiega Anna Di
Gennaro, responsabile del centro in via Pergolesi -. Abbiamo già
scritto al ministro Gelmini per chiedere l’introduzione dell’anno
sabbatico per gli insegnanti a rischio. In Italia questa malattia non è
riconosciuta dalle istituzioni scolastiche ma finalmente il testo unico
sulla sicurezza nei luoghi di lavoro obbliga i dirigenti scolastici a
tutelare la salute di insegnanti ed alunni».
Comprensivo ed aperto a trovare soluzioni è anche il neo provveditore
Giuseppe Petralia: «Le richieste di anno sabbatico - spiega - si
possono gestire ricorrendo alle supplenze, senza problemi. Siamo
arrivati a una situazione limite, dove la quotidianità è pesantissima:
le classi non sono più quelle di una volta. Sono più numerose e
problematiche. I ragazzi obbediscono meno e a loro volta presentano
numerosi disagi». Da qui lo stress dei docenti. Per migliorare le
condizioni di vita dietro la cattedra, anche il senatore Fli Giuseppe
Valditara ha presentato un’interrogazione parlamentare. «Ma non sono
d’accordo con l’anno sabbatico - precisa - a meno che non sia richiesto
per motivi strettamente correlati alla ricerca. Altrimenti non ha
senso». Secondo i responsabili dello sportello anti mal di scuola
invece l’anno di aspettativa è essenziale per poter ritrovare
entusiasmo e motivazione nell’insegnamento. «Stiamo ricevendo numerose
richieste di aiuto anche dalle altre regioni d’Italia e ci troviamo ad
affrontare almeno un caso alla settimana - spiega Mariella Ferrante,
responsabile di Diesse Lombardia -. Creando un punto di ascolto,
vogliamo evitare situazioni limite come quelle raccontate dalla cronaca
e prevenire un disagio che, nella maggior parte dei casi, rimane
sommerso».
Il provveditore Petralia sostiene che il primo passo da fare per
prevenire il mal di scuola sia riconquistare l’attenzione della classe,
soprattutto nei cosiddetti quartieri Bronx: ad esempio si possono
riadattare la proposta didattica e i programmi, come l’autonomia
scolastica consente, in base alle caratteristiche dei ragazzi. In
questo modo gli studenti sarebbero più stimolati a partecipare alle
lezioni e anche il prof troverebbe più gratificazione nel lavoro.
Sconfiggendo la scarsa fiducia in se stesso, la depressione e, nei casi
più estremi, in pensiero di suicidio.
(di Maria Sorbi da http://www.ilgiornale.it/)
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