C'è un'Italia che al sogno
bugiardo di Berlusconi non ha mai creduto, e un'Italia in buona fede
che in quell'illusione ha avuto fiducia. Ma oggi, dopo una crisi
economica devastante e nessuna ricetta miracolosa, dopo il bluff del
milione di posti di lavoro e del patto cogli italiani firmato nei
salotti televisivi, dopo gli attacchi vergognosi alla magistratura,
dopo aver visto cadere uno a uno i luoghi dell'informazione libera
diventati roccaforti asservite al potere -quando il giornalismo,
invece, dovrebbe essere il cane da guardia dei cittadini!- c'è una sola
Italia delusa e disillusa, che all'Unto del Signore non crede
più.
Le offese degli ultimi giorni, così violente e così piene
d'acrimonia, alla scuola pubblica, agli insegnanti, agli studenti, non
hanno fatto altro che confermare che dietro al progetto falsamente
ottimista del premier, c'è solo l'idea triste di una società vecchia,
ottocentesca come spesso l'abbiamo definita in queste pagine, divisa in
due: ricchi e poveri, italiani e immigrati, manovalzanza precaria o
classe dirigente profumatamente pagata, giovani che a 15 anni andranno
a lavorare in un cantiere solo perché non hanno una famiglia che
'conta' alle spalle e giovani di 15 anni predestinati per 'motivi
familiari' alla laurea. E la scuola dei tagli di Gelmini & Tremonti
è lo specchio perfetto di quella società che immagina Berlusconi.
Una società dove un ragazzino di 12 o 13 anni è chiamato, in modo
univoco e non rimediabile, a scegliere il proprio destino. Un destino
già segnato, peraltro, perché, come scriveva Leavitt in quel
romanzo-saggio bellissimo che è "Il matematico indiano", "Il talento
non assisteva il figlio del minatore del Galles: lui avrebbe passato la
sua vita in miniera, anche se avesse avuto la dimostrazione
dell'ipotesi di Rienmann stampata nella mente".
La Costituzione che impegna la Repubblica, all'articolo 3,
"di rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che,
limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini,
impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva
partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica,
economica e sociale del Paese", oppure che all'articolo 34 stabilisce
che "i capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di
raggiungere i gradi più alti degli studi. La Repubblica rende effettivo
questo diritto...", è un orpello inutile, un documento ingombrante da
passare al tritacarte. Gli insegnanti sono sovversivi che inculcano
idee pericolose nella testa dei ragazzi. La scuola pubblica un luogo
inutilmente costoso che forse, come provocatoriamente osservava
Francesca Puglisi, sarebbe meglio appaltare al Cepu.
L'Italia del Cavaliere è più antiquata di quella che Pietrangeli
cantava in 'Contessa', ed è assai probabile che nell'era berlusconiana
il figlio dell’operaio farà l’operaio, e quello del medico farà il
medico. Un’Italia ingiusta, meno felice, meno integrata in Europa,
meno aperta al mondo.
Ecco perché il Dipartimento Scuola, come tutto il PD, aderisce alla
manifestazione nazionale di sabato 12 marzo a Roma: perché guardiamo al
futuro, e le gambe che camminano verso il futuro sono quelle dei
giovani e degli studenti.
Per informazioni, consultare il sito www.adifesadellacostituzione.it (di
Giovanni Belfiori)
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