Scuole aperte,
scuole chiuse. Uffici pubblici sì, imprese no perchè fa male
all'economia. Sindaci pro, ministri contro. Nel valzer tutto italiano
delle polemiche sul da farsi il 17 marzo in occasione del 150esimo
anniversario dell'Unità d'Italia, una cosa è certa: "Noi non siamo in
grado, non lo sappiamo fare. Gli italiani non sono capaci di
festeggiare in stile 4 luglio". Parola di Sergio, 20 anni, liceale
romano all'ultimo anno del liceo Righi, che sulle celebrazioni ha le
idee più che chiare. E non è l'unico, perché mentre appelli e
dichiarazioni in merito si rincorrono sui giornali e in tv, loro, gli
studenti, sanno perfettamente cosa vorrebbero per quel
giorno.
"E' sacrosanto festeggiare una data così importante- spiega
all'agenzia Dire- è incredibile che ci siano così tanti scandali per un
giorno di ferie". Zaino in spalla e molta voglia di parlarne, Sergio se
la prende con Marcegaglia, Tremonti e pure con la Lega, "che adesso con
questo fatto del federalismo celebrare l'Unità è ancora più importante.
E poi non è mica, che so, il 135esimo. Ma noi italiani non ci siamo mai
distinti per queste celebrazioni". Ecco perchè secondo lui "una volta
che ne abbiamo la possibilità, è importante mandare un messaggio: oggi
è festa, gli uffici sono chiusi, le scuole sono chiuse, si festeggia. E
lo si fa tutti insieme". E poi questo storia del ponte, "è ridicola. Ma
cosa siamo, dei bambini?".
Si avvicina Marta, 18 anni, lei fa il classico al Tasso, liceo storico
di Roma che per le celebrazioni del 17 marzo ha organizzato un
pomeriggio di studi in collaborazione con la casa editrice Laterza.
Marta trova "patetico che non ci sia una decisione unica: o vanno tutti
o non va nessuno". E poi, "al di là dell'atmosfera che c'è", celebrare
resta "un dovere in memoria di chi è caduto per l'unità del Paese. Non
esiste che nel 2011 ci siano pareri così discordanti". Damiano ripassa
la lezione prima di entrare in classe, ha 17 anni, è al quarto anno e
secondo lui "è giusto non andare a scuola, né a lavorare". Si fa serio,
e spiega: "Perchè nel Paese c'è qualcosa di più importante della
produzione economica: l'unità nazionale. Marcegaglia dovrebbe capire
che l'unico valore della vita non sono i soldi". Col cappello calato
sugli occhi e le mani in tasca contro il freddo, Damiano vorrebbe "non
andare a scuola e festeggiare". Anzi, ci pensa bene e dice "ok,
entriamo in aula, ma per conoscere il Risorgimento. Perchè è chiaro che
se vai e studi matematica non puoi sapere che cosa è successo il 17
marzo".
Già, il 17 marzo. Tutti sanno che sarà quello il giorno in cui si
celebreranno i 150 anni, ma quasi nessuno sa perché. Lorenzo e Marco si
passano la versione di latino prima della campanella. Loro hanno 14
anni, fanno il IV ginnasio, sempre al Tasso, e il Risorgimento per ora
lo hanno studiato soltanto alle scuole medie. "L'annessione all'Italia
di Trento e delle regioni che mancavano? Ah sì, il Parlamento".
Con gli occhi bassi Lorenzo dice che "sarebbe giusto festeggiare a
scuola, ma pure stare a casa e seguire le parate in tv o andando al
Colosseo o a piazza Venezia, con Napolitano che parla". A lui
piacerebbe vederlo. Alla fine va bene tutto, "basta che si festeggi.
Tanto noi non contiamo niente, ci diranno loro cosa fare". Però
Durnwalder proprio gli non va giù: "È orribile quando in tv parlano di
Bolzano che non vuole festeggiare. Queste sono cose che fanno
arrabbiare".
Allora, scuola sì o no? Elena e Claudia, 16 anni, vanno di fretta, ma
trovano il tempo di spiegare che "se dici allo studente medio 'stai a
casa', lui dice 'bene, dormo, o esco con la mia ragazza'. Invece è
meglio come facciamo noi, un pomeriggio di incontri sul tema, qui al
Tasso. Altrimenti che fai? Festeggi da solo? Questa non è unità". Pure
per Caterina ed Eleonora, che di anni ne hanno 18 e frequentano il
liceo classico al Giulio Cesare, lo "studio- rispondono decise
all'agenzia Dire- è la migliore forma di celebrazione. Magari facendo
una giornata di approfondimento, trovare modi per coinvolgerci".
Perchè, diciamo la verità, "il Risorgimento di suo è noioso". E siccome
"all'atto pratico non mi sembra che il Paese sia molto unito, non è che
sento molto mia l'Unità d'Italia". Il 17 marzo "se resto a casa dormo
fino all'una, e quando mi sveglio non è che accendo i ceri per
l'occasione". Ecco, e allora diciamo che "in questo, come in altri
casi, il sapere è la soluzione
(da www.dire.it)
redazione@aetnanet.org