La protesta sta
montando sul territorio. Via via che passano le settimane, e vanno in
cantiere le attività aggiuntive per il 2010/2011, nelle scuole si fanno
i conti con quanto prevede la legge 122 di quest'anno, la manovra che
ha stretto i cordoni della borsa per la spesa pubblica con una notevole
incidenza sul trattamento dei travet.
Il problema è l'articolo 9 del provvedimento che, se interpretato in
modo rigido, renderebbe di fatto svantaggioso per insegnanti, ma anche
bidelli e amministrativi, accettare incarichi aggiuntivi rispetto allo
scorso anno scolastico: perché potrebbero non avere diritto ad essere
compensati. E lavorare di più per guadagnare sempre lo stesso non è
nelle corde della categoria. Così si registrano i primi rifiuti alle
proposte dei dirigenti, dai progetti di recupero all'apertura
pomeridiana delle palestre scolastiche.
L'articolo 9 prevede che per il 2011, 2012 e 2013 il trattamento
economico complessivo dei singoli dipendenti pubblici, «compreso il
trattamento accessorio», non può superare quello in godimento nel 2010.
Nella scuola esiste un trattamento accessorio, la Cia per bidelli e
amministrativi e la Rpd per gli insegnanti, che hanno carattere fisso e
continuativo. E poi ci sono compensi aggiuntivi, che servono a pagare
prestazioni specifiche di volta in volta realizzate. Si pagano con il
fondo di istituto, che a questo scopo ogni anno ha a disposizione circa
un miliardo di euro. Pacifico, alla luce dell'articolo 9, che non
potranno esserci aumenti sull'accessorio fisso, che vale annualmente
dai 700 euro di un Ata fino ai 3 mila di un insegnante quasi a fine
carriera. Il dubbio resta sulle retribuzioni per specifiche
prestazioni. Il divieto infatti, se fosse esteso anche a queste voci,
comporterebbe la conseguenza che l'amministrazione chieda ai propri
dipendenti prestazioni a titolo gratuito. Il caso è quello di un
bidello appena trasferito in una scuola, al posto magari di un collega
andato in pensione. E a cui il preside proponga di garantire, fuori
dall'orario di lavoro, l'apertura e il controllo della palestra
scolastica per attività sportive dei ragazzi o per manifestazioni
culturali. Visto che nel passato anno scolastico non lavorava in
quell'istituto, e non ha svolto dunque la mansione pomeridiana, se
accettasse si troverebbe a lavorare di più ma a non poter essere
pagato. Insomma, ci sarebbe un congelamento di prestazioni e compnesi
che rischia di pregiudicare, complice il rifiuto dei dipendenti, il
normale svolgimento della vita scolastiche. Oltre a creare un
contenzioso tra prof-Ata e presidi. E così è scoppiata la corsa a
chiedere chiarimenti agli uffici scolastici provinciali e regionali sul
cosa fare. Risposte ufficiali al momento nessuno si azzarda a darne. Ci
sono però risposte ufficiose, catalogabili in due categorie. La prima:
la norma parla di trattamento complessivo, dunque riguarda tutto. E
comunque, il dirigente che si espone a pagare chi non aveva già quel
compenso, se non confortato da parere favorevole dell'amministrazione
centrale, potrebbe vedersi richiedere il risarcimento per danno
erariale. Mentre ci sono altri, è la seconda tesi, che ritengono,
sempre informalmente, che il caso neanche sussisterebbe: non si tratta
di accessorio ma di pagamenti per attività aggiuntive. E attività a
titolo gratuito non se ne fanno. La protesta è arrivata a viale
Trastevere. Per evitare di mettere dirigenti contro insegnanti e
viceversa, di avere una stessa legge applicata in modo diverso sul
territorio, si chiede che il ministro dell'istruzione, Mariastella
Gelmini, confortata dai colleghi di Economia e Funzione pubblica, dica
cosa fare. Intanto, fioccano i primi no alle proposte di progetti
aggiuntivi.(di Alessandra
Ricciardi da ItaliaOggi)
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