Nei giorni
scorsi, per l'ennesima volta, abbiamo assistito alle sferzate
mediatiche rivolte all'indirizzo dei docenti della scuola primaria
diplomati magistrali che, oltre ad aver subito negazione e sfruttamento
per
più di un decennio, si sono visti, negli anni, attaccare da tutti:
colleghi
con lo stesso titolo, colleghi con titoli diversi, docenti
universitari,
rettori, politici, amministratori, ecc. Non sono bastati il palese
sfruttamento, la negligenza subita ammantata di meritocrazia, la
negazione
amministrativa fino alle vessazioni. Gli attacchi ora provengono
dall'interno, dalle stesse graduatorie nelle quali, faticosamente e
dopo un
percorso giudiziario ancora non terminato, sono stati inseriti questi
docenti. Le motivazioni alla base degli ennesimi colpi, a volte troppo
simili ad insulti, sono chiare e comprensibili: chi è rimasto in attesa
per
anni dell'ambito posto di lavoro oggi si vede sfumare o allontanare la
prospettiva e quindi si oppone.
Legittima e comprensibile posizione che, se
ben argomentata, avrebbe portato ad una maggiore compattezza della
categoria, non alle solite, profonde, lancinanti spaccature, che non
giovano a nessuno. Sebbene l'associazione che rappresento si sia
assunta la
difesa di interessi di parte, con determinazione e tenacia, non abbiamo
mai
dimenticato di sottolineare le ingiustizie e le iniquità che
attraversano
il sistema scolastico italiano, in particolar modo il reclutamento dei
docenti, ormai caratterizzato da mancanza di trasparenza e da totale
assenza di lungimiranza e diritto.
Tuttavia, la stessa cautela è poco
diffusa, specie quando si vedono lesi altri diritti. Peccato che, da
anni,
si tenda a difendere i propri negando i diritti altrui e, cosa
deprecabile,
tacendo, disconoscendo o ignorando le ragioni storiche che hanno
determinato le attuali nuove disparità, frutto di politiche insensate e
di
interessi poco edificanti di cui noi insegnanti siamo solo vittime,
tutti.
Questo porta a presentare coloro i quali si sono dovuti rivolgere ai
tribunali per conquistare un riconoscimento professionale tardivo e
agognato come degli impostori, come coloro i quali hanno voluto usare
scorciatoie per scavalcare chi aveva, o sentiva di avere, più diritti o
"veri" diritti.
Ma le ragioni di questo non vengono mai raccontate, così
come non viene detto perché i docenti inseriti in Gae in seguito ad un
ricorso sarebbero avanti a chi è magari iscritto nella stessa
graduatoria
da anni.
Forse perché il punteggio di inserimento è alto? E come mai è
alto?
Tacere questo è un effetto del negazionismo tutto italiano che
attraversa ogni ambito della nostra vita sociale, ormai allo sbando
culturale. I diplomati magistrali, infatti, quelli che "passano
avanti",
per intenderci, hanno lavorato da sempre, nelle scuole statali o
paritarie,
inseriti quindi a pieno titolo nel sistema di reclutamento a tempo
determinato. Hanno praticamente permesso al sistema di reggersi, di
formare
ed educare milioni di bambini, di trasferire la cultura e l'identità
nazionale, di acculturare bambini migranti ... da precari, per oltre
dieci
anni, con l'unico titolo che, per oltre mezzo secolo, dava accesso
all'insegnamento nella scuola primaria, ex scuola elementare, e nella
scuola dell'infanzia, ex asilo.
I posti che hanno ricoperto, spesso erano
lasciati vacanti proprio dai docenti delle Gae, che non accettavano
incarichi a tempo determinato in attesa del ruolo. Oppure, sopperivano
alle
necessità derivanti da malattia, infortunio o maternità, coprendo
incarichi
di mesi, di un intero anno scolastico, garantendo il sostegno ai
diversamente abili, per la carenza cronica di docenti specializzati
causata
dalla aberrante politica del numero chiuso attuata dalle università
negli
ultimi anni. Insomma, docenti tappabuchi, validi per essere spremuti,
sfruttati e infine umiliati dalla stessa amministrazione che li ha
assunti
e dai colleghi.
Il loro punteggio, quindi, è frutto del lavoro ma, in molti casi, anche
dai
titoli culturali posseduti, come lauree, specializzazioni e master.
Insomma, docenti abilitati e con consolidata esperienza professionale,
cosa
questa che, a seguito dei ricorsi, permette loro di guadagnare ambite
posizioni, valide per l'assunzione a tempo indeterminato.
E' colpa loro se
l'amministrazione non ha saputo trovare soluzioni adeguate ed ha
permesso
che questa pletora di docenti si affollasse adesso nelle Gae, quando
avrebbero invece dovuto, negli anni passati, beneficiare di misure
adeguate
al loro profilo?
Perché l'amministrazione non ha bandito concorsi per
tredici anni, causando oggi questi conflitti di interessi diversi, di
cui i
docenti sono solo vittime, non causa?
Insomma, ogni qual volta ci accostiamo alle aporie del sistema
scolastico
non possiamo che porci domande alle quali vorremmo poter rispondere
noi, ma
non è nostro compito.
Oggi, dopo anni di sfruttamento, i precari storici aspettano ancora
delle
risposte, dopo le illusioni del concorso farsa e dopo le beffe delle
inutili abilitazioni conseguite, sulle quali il Ministro, dice, si
riserverà di approfondire.
Non possiamo negare il disgusto e la rabbia di
fronte a tutto questo e alle vessazioni che continuamente subiamo.
Non
smetteremo di lottare per riequilibrare questo sgangherato sistema,
convinti che equità e giustizia siano perseguibili a vantaggio di
tutti.
Valeria Bruccola, Coordinatrice
Nazionale Adida