Il nuovo modello di
retribuzione dei docenti è uno dei punti cruciali del disegno di legge
sulla Scuola che arriva oggi, 12 marzo, in CdM .Altro è proporre una
progressione correlata all’esito dell’apprendimento degli alunni, altro
è retribuire gli insegnanti che esercitano qualificate funzioni e
quelli che si impegnano in attività aggiuntive. In ogni caso,
quella retributiva è materia da contrattare con i sindacati e tenendo
fermo il criterio dell’anzianità di servizio; su ciò incalzeremo il
Governo con lo sciopero (e con il sit in, a Roma) del 17 marzo.
Altro è proporre una progressione correlata all’esito
dell’apprendimento degli alunni, altro è retribuire gli insegnanti che
esercitano qualificate funzioni specifiche, e quelli che si impegnano
in attività aggiuntive (formazione e sostegno alla didattica,
tutorship, funzioni di staff collaborando col d.s., all’organizzazione
e gestione della comunità scolastica, a compiti di orientamento e
contrasto alla dispersione scolastica, alla membership negli organismi
rappresentativi, ecc..). In ogni caso, quella retributiva è
materia da contrattare con i sindacati e tenendo fermo il criterio
dell’anzianità di servizio; su ciò incalzeremo il Governo, con lo
sciopero (e con il sit in, a Roma) del 17
marzo.
Il nuovo modello di retribuzione dei docenti è uno dei punti cruciali
del disegno di legge sulla Scuola che arriva in CdM oggi, 12 marzo; è
impossibile che la VII commissione parlamentare lo abbia in mano prima
di martedì 17, e ciò è gravissimo perché assottiglia le possibilità di
confronto. Secondo indiscrezioni, il Governo teme il forte l’impatto,
in termini di dissenso nella Scuola, ove riducesse di 2/3 gli scatti di
anzianità penalizzando gli insegnanti. Gli scatti saranno
mantenuti ? La “premialità” aggiuntiva sarà finanziata a parte ?
(è un’ipotesi che leggiamo su La Stampa (“E la Buona Scuola salva gli
scatti di anzianità”, 11/03/2015). In ogni caso, questa parte variabile
non legata all’anzianità di servizio sarà assegnata ai docenti in
maniera differenziata. Gli insegnanti riconosciuti meritevoli
della I fascia stipendiale fruiranno - sembra - di un
incentivo doppio rispetto a quelli assegnati alla III fascia; un
incentivo mediano sarebbe attribuito ai docenti collocati in II fascia.
“A conti fatti, nella migliore delle ipotesi, anche se un docente
dovesse risultare idoneo ad entrare in I fascia per tutti gli anni di
servizio da qui alla pensione, otterrà comunque una retribuzione più
bassa di quella che gli sarebbe spettata con il sistema della
progressione di anzianità attualmente in vigore. … Di qui il rischio
che le scuole si tramutino, ogni tre anni, all'atto della pubblicazione
degli esiti della valutazione e degli incarichi, in una sorta di campo
minato caratterizzato da un conflitto permanente”(Antimo di
Geronimo, ItaliaOggi, 10 marzo). Questo circo alzerebbe i tendoni
ogni tre anni. Ancora non sappiamo se l’incremento stipendiale resterà
consolidato (come fosse per una diversa posizione giuridica), ed è
facile immaginare quanto questa gerarchizzazione valorizzerebbe il
lavoro cooperativo e la reciprocità relazionale, in ambiente
educativo.Quanto al criterio meritocratico al quale dovrebbe attenersi
il NdVI, il Nucleo di valutazione, interno a ogni scuola (formato dal
d.s., da 2 o 3 docenti e da un ispettore o altra figura esterna, come
ad es. il d.s. di altra scuola), consideriamo irragionevole che si
voglia articolarlo anche in base ai “crediti didattici” (connotati con
riferimento “alla qualità dell’insegnamento in classe e alla capacità
di migliorare il livello di apprendimento degli studenti”), perché non
sono attribuibili in modo obiettivo: Osservare l’insegnamento,
analizzare la documentazione prodotta dal docente e acquisire il parere
degli utenti non è sufficiente per stabilire una correlazione
significativa tra i meriti professionali dell’insegnante e i livelli di
apprendimento degli studenti. Questi livelli, infatti, sono correlati a
fattori numerosi e di difficile estrapolazione: di natura ambientale
(connessi al livello culturale e allo status economico delle famiglie)
e peculiari dei singoli alunni (capacità cognitive, motivazione,
attenzione, conoscenze pregresse); occorre anche considerare le
variabili interne ai processi educativi e formativi: caratteristiche
del corpo docenti, risorse della scuola, tassi di frequenza e di
abbandono, efficienza organizzativa, qualità delle strutture della
scuola e del corredo didattico strumentale, ecc… Il buon senso impone
di eliminare i “crediti didattici” dal criterio premiale dei docenti, e
mantenervi (in quanto sono accertabili obiettivamente mediante la
documentazione dei titoli e la certificazione dei servizi), i “crediti
formativi” (“assunti dentro la scuola per promuovere e sostenerne
l’organizzazione e il miglioramento, nell’attività ordinaria e in
quella progettuale”), e i crediti professionali (acquisiti con“la
formazione in servizio a cui tutti sono tenuti, l’attività di ricerca e
la produzione scientifica”). Resta da capire perché i decisori politici
non prendano atto dell’evidente difformità in seno al criterio
tripartito, e noi interpretiamo questa incapacità con la concezione
riduttiva – che contraddice il dettato costituzionale, l’essenza e
l’efficacia della funzione docente – che hanno dell’insegnamento, come
di un’attività etero diretta e controllata dal Ministero. Questa nostra
interpretazione è stata anche, più autorevolmente, avanzata da
Benedetto Vertecchi: “L’idea che ci si fa degli insegnanti, ridotti a
risorse umane …Siamo di fronte alla riduzione di un’attività che si
distingueva per il livello elevato di autonomia e di capacità
progettuale, a un’attività frazionata, costretta a riproporre (si può
immaginare con quanta convinzione) le stesse operazioni dentro un
sistema caratterizzato, invece che dall’assunzione di decisioni, dalla
presenza di vincoli. L’idea angusta del lavoro degli insegnanti deriva
in gran parte dell’imporsi come egemone della cultura
dell’organizzazione aziendale” (“Charlie Chapline il cattivo infinito”,
http://www.tuttoscuola.com - 27 gennaio 2015). Analogamente, Giorgio
Israel ha segnalato come l’autonomia della funzione docente sia
insidiata dall’ingerenza dei “consiglieri del principe, i funzionari
degli uffici studi delle banche e gli economisti della scuola, che
hanno voluto far credere che il problema dell’istruzione possa essere
risolto con modelli econometrici e con l’abuso di test e quiz” (Il
Messaggero – 25 agosto 2014). Molti segni mostrano la volontà politica
di tornare a centralizzare la fonte delle scelte educative; sarebbe una
conversione a U, rispetto all’autonomia scolastica e sarebbe il
disconoscimento delle esigenze educative del nostro tempo. Nell’epoca
in cui l’insieme delle conoscenze umane raddoppia ogni 12 mesi,
nell’epoca dei veloci mutamenti delle dinamiche cognitive, non ha senso
precostituire saperi uniformi che il MIUR possa monitorare dall’esterno
mediante test Invalsi e modelli standard. L’insegnamento scolastico non
ha più la funzione di trasmettere la conoscenza, funzione in cui la
Scuola sarebbe sempre a rincorrere ciò che la Learning Society apprende
da matrici molteplici: saperi in crescita esponenziale di cui nessun
“centro” potrebbe mai più dirsi depositario esclusivo. Nella Società
della comunicazione si impone una didattica costruita “in situazione”;
ciò perché le dinamiche del rapporto insegnante-alunno variano in
funzione delle caratteristiche dei protagonisti, e si attuano qui e
ora, nella peculiarità degli aspetti che sono più significativi nel
contesto educativo. Ciò è scritto nella normativa vigente - frutto del
fervido dibattito pedagogico degli Anni ‘80 e ’90 - che,
rafforzando l’autonomia educativa delle comunità scolastiche e la
responsabilità didattica dei Consigli di Classe e dei Collegi dei
docenti, esclude ogni interferenza esterna. I Piani di studio delle
discipline, gli obiettivi generali ed educativi, gli OSA che il MIUR
predispone nelle Indicazioni nazionali, per i diversi tipi e indirizzi
di studi, sono diramati alle scuole perché li usino nel programmare gli
obiettivi formativi, ma la normativa affida al Collegio dei docenti e
ai Consigli di classe la funzione e la responsabilità esclusiva di
declinarli (adattandoli) nel POF che connota l’identità culturale e
progettuale delle singole scuole. Non per niente si raccomanda ai
docenti di effettuare la “valutazione diagnostica” delle abilità
trasversali generali, delle conoscenza pregresse necessarie ad iniziare
un particolare percorso di apprendimento, e la ”valutazione
formativa” che suggerisca di rivedere i piani di studio e attivare
interventi didattici compensativi, di recupero e consolidamento. Non
per niente il Miur insiste nel raccomandare l’insegnamento
‘personalizzato’, con opportuni adattamenti degli obiettivi didattici a
seconda della complessità epistemologica degli argomenti in relazione
alle caratteristiche delle classi; il valore professionale (se
l’insegnamento è da riconoscere come lavoro professionale)
dell’insegnante poggia parecchio su questa funzione. Non per nulla si
conviene largamente (e anche da parte degli studenti), e
autorevolmente, sulla efficacia dei “cicli scolastici” in sostituzione
delle classi a promozione annuale (per il pieno rispetto dei ritmi
d’apprendimento dei singoli allievi). Non per niente, la normativa (DPR
275/1999; DPR n.89/2010;DPR n.88/2010; DPR n.87/2010) nelle scuole
secondarie di II grado, dispone la flessibilità del curricolo.
Precisamente, le scuole: - possono, al fine di caratterizzare la
propria identità culturale e didattica, utilizzare la quota del
curriculum riservata all’autonomia modificando il quadro orario, senza
determinare esuberi e mantenendo inalterato il monte ore annuale; -
possono programmare insegnamenti che, facoltativi per gli studenti, ove
siano scelti comportano la frequenza e la valutazione di profitto; -
possono potenziare alcuni degli insegnamenti curricolari (elencati in
apposita tabella ministeriale). Non per nulla, l’attuale Ministro ha
disposto che sia attivato il portfolio delle certificazioni delle
“competenze”, un dossier nel quale gli insegnanti segnano le esperienze
formative del singolo alunno (e l’esito in termini di sviluppo), frutti
delle scelte dei docenti e degli alunni
stessi.
Leonardo Maiorca
Anie.org