I sindacati non
sono rimasti sorpresi:”ce lo aspettavamo ma non così” - Per il prossimo
anno scolastico le scuole della provincia attendono un esodo di massa
di docenti dalle regioni del Sud. La recentissima pubblicazione delle
graduatorie, soprattutto per quel che riguarda le elementari e le
medie, l’aggiornamento triennale ha portato ai primi posti quasi tutti
docenti del Meridione, Sicilia e Calabria soprattutto ma anche Campania
e Puglia, che hanno approfittato della «finestra» di quest’anno per
dire basta alle attese senza speranza nelle graduatorie delle proprie
città, lunghe e con scarsa disponibilità di cattedre, per tentare la
fortuna all’altro capo della Penisola.
Il fenomeno non riguarda solo Torino ma buona parte delle città del
Nord dove una maggiore disponibilità di cattedre e i punteggi dei
docenti precari locali che non sono quasi mai molto alti, hanno
invogliato migliaia di precari meridionali. Per dire, per trovare il
primo nato a Torino nella graduatoria di Francese bisogna arrivare al
23° posto, al quindicesimo in quella di Italiano, al decimo in quella
di Educazione artistica, al settimo in quelle di Tedesco e di
Educazione musicale, al quarto per la Matematica. Prima di loro, tanti
docenti con luogo di nascita a Catania (moltissimi), Messina (molti),
Reggio Calabria, Palermo, Ragusa, Agrigento, e poi Cosenza, Sassari,
Catanzaro, Napoli, Lecce, Brindisi.
«Ce lo aspettavamo ma non in questo modo. Nella primaria - rivela
Teresa Olivieri, segretaria Cisl scuola - su 105 in graduatoria, 101
vengono dal Sud, è un dato eclatante. Nel francese, chi era primo lo
scorso anno ora è 47° e non so se nei prossimi 3 anni avrà il ruolo. È
una guerra tra poveri». Questo nuovo «fenomeno migratorio» della
disperazione trova base nella grave mancanza di lavoro al Sud che, nel
mondo della scuola, si trasforma in precariato storico di docenti con
decine di anni di insegnamento sulle spalle (e relativi corposi
punteggi) e una mancanza di cattedre progressivamente maggiore che, di
anno in anno, toglie loro la possibilità di raggiungere il tanto
agognato «ruolo», la cattedra di diritto, il ruolo, il posto
fisso.
«Dopo 15 anni di servizio - dice Cristina, marito e un figlio, una
catanese pronta a trasferirsi - dovevo fare una scelta. A 49 anni non
posso più permettermi di aspettare oltre. La Sicilia resta nel cuore ma
mio figlio deve crescere lontano da qui». Anche Maria, tre lauree e sei
abilitazioni, tra un mese si trasferirà dalla Sicilia: «Non è stata una
decisione a cuor leggero, sfido chiunque a chiudere casa, salutare la
famiglia e andare dall’altro lato dell’Italia. Ma cosa dobbiamo fare se
ogni anno da noi c’è sempre più il rischio di non avere nemmeno una
supplenza? Mi hanno detto “Statevene a casa invece di rubarci i posti”,
non è bello sentirsi dire certe cose».
Ma perchè proprio quest’anno se è vero che, al precedente aggiornamento
delle graduatorie, tre anni fa, nulla del genere era accaduto? Una
spiegazione la offrono gli stessi precari in trasferta: nel 2011 la
scuola scontava un vecchio provvedimento del Miur che imponeva, a chi
si trasferiva da una provincia all’altra, di restare per 5 anni nel
nuovo incarico. La norma sostituiva quella, in vigore da molto tempo,
che consente di chiedere trasferimento dopo un anno, se ci sono i
requisiti (avvicinamento al coniuge, figli piccoli, genitori bisognosi
di assistenza, per esempio). Alcuni ricorsi al Tar hanno fatto decadere
la norma dei 5 anni e si è tornati a quella precedente. E chissà quanti
dei prof in arrivo a Torino per il prossimo settembre saranno in
cattedra qui nell’anno scolastico successivo.
Fabio Albanese
Mariateresa
Martinengo
Lastampa.it