In tanti svolgono
attività sottoqualificate. E si riduce anche il gap salariale.
Decisamente migliore la situazione occupazionale per chi ha la laurea
in Gran Bretagna, Francia e Germania - In Italia meno di due lavoratori
dipendenti su 10, nel settore privato, sono laureati, contro una media
europea di 3 e punte di 4 su 10 in Gran Bretagna e Spagna. E tra i
lavoratori italiani dotati di laurea, molti svolgono attività che
richiedono competenze minori: un fenomeno questo in forte aumento negli
ultimi anni. E' quanto emerge dal Rapporto 2013 di Unioncamere,
l'Unione italiana delle Camere di Commercio. In Italia meno di un
occupato su 5 ha la laurea - Nel 2012 soltanto il 18,7% degli occupati
(meno di uno su cinque), nella fascia tra i 15 e i 64 anni, poteva
vantare un titolo universitario, cioè meno della metà del Regno Unito
(39,9%), e della Spagna (39,5%), molto meno del 35,2% della Francia e
oltre 10 punti in meno rispetto alla Germania (28,9%).
Uno squilibrio che in parte, secondo lo studio, riflette l'età media
più alta degli occupati italiani: i più anziani tendono ad avere
livelli di istruzione più bassi dal momento che la scolarizzazione di
massa è un fenomeno relativamente recente in Italia. Se ci riferiamo
soltanto agli occupati tra i 25 e i 49 anni però, quelli più attivi e
giovani, il quadro non migliora molto: i laureati italiani
rappresentano in questo caso solo il 20% del totale contro una media
europea del 34,7%: la distanza con la Gran Bretagna si amplia, dal
momento che nel Regno Unito poco meno della metà dei lavoratori (il
45,5%) hanno la laurea, tasso che scende al 43,8% in Spagna. Inoltre,
tra i laureati italiani sono rari quelli che si sono specializzati in
materie tecnico-scientifiche, più facilmente spendibili sul mercato del
lavoro.
Lavori sottoqualificati per chi ha studiato - D'altra parte, sottolinea
ancora Unioncamere, molti di questi laureati spesso fanno lavori
sottoqualificati, svolgono cioè attività per le quali sono richieste
competenze inferiori alla loro preparazione. Il fenomeno del
sottoinquadramento è aumentato negli ultimi anni in Italia come
manifestazione del disallineamento tra la domanda e l'offerta di
competenze sul mercato del lavoro. Ed è il risultato di due situazioni:
da una parte una scarsa offerta di opportunità lavorative per i
laureati; dall'altra, una crescita dei livelli medi di istruzione e
della relativa offerta di lavoro, sebbene ancora con un ampio gap
rispetto agli altri Paesi europei.
Istruzione universitario, scendono gli investimenti - Sebbene investire
in istruzione paghi ancora, aumentando le probabilità di ingresso
nell'occupazione, a parità di condizioni alcuni studi hanno evidenziato
come, negli ultimi decenni, il differenziale salariale associato al
possesso di un titolo di studio si sia decisamente ridotto, soprattutto
per i diplomati. In altre parole, investire in capitale umano paga
sempre ma meno che in passato: i dati Ocse evidenziano come il tasso di
rendimento interno degli investimenti in istruzione universitaria sia
decisamente inferiore rispetto ad altri Paesi avanzati, per gli uomini
ma soprattutto per le donne. Tuttavia, la compressione dei rendimenti
interessa meno le lauree a indirizzo scientifico, la cui offerta resta
ancora più contenuta, mentre è maggiore per le lauree a indirizzo
umanistico.
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