Garante Privacy – Newsletter n. 369 del 14 febbraio 2013
– Controlli sui pc aziendali sì, ma nel rispetto di precise regole
Una società non può controllare il contenuto del pc di un dipendente
senza averlo prima informato di questa possibilità e senza il pieno
rispetto della libertà e della dignità del lavoratore. Questa la
decisione del Garante sul
ricorso [doc. web n. 2149222] presentato da un dipendente che era
stato licenziato senza preavviso dalla propria azienda. L’uomo si era
rivolto sia alla magistratura ordinaria, per contestare la stessa
fondatezza dell’accusa e il relativo licenziamento, sia al Garante per
opporsi alle modalità con cui la società avrebbe acquisito e trattato i
suoi dati. Dai riscontri dell’Autorità è emerso che una serie di
documenti, sulla base dei quali il datore di lavoro aveva fondato la
sua decisione, erano contenuti in una cartella personale del pc
portatile assegnato al lavoratore. La società vi aveva avuto accesso
quando il dipendente aveva riportato il computer in sede per la
periodica operazione di salvataggio dei dati (back up) aziendali.
Contrariamente a quando affermato dall’impresa, non risulta però che
l’uomo fosse stato informato sui limiti di utilizzo del bene aziendale,
né sulla possibilità che potessero essere avviate così penetranti
operazioni di analisi e verifica sulle informazioni contenute nel pc
stesso. Il Garante ha ribadito che il datore di lavoro può effettuare
controlli mirati al fine di verificare l’effettivo e corretto
adempimento della prestazione lavorativa e, se necessario, il corretto
utilizzo degli strumenti di lavoro. Tale attività, però, può essere
svolta solo nel rispetto della libertà e della dignità dei lavoratori e
della normativa sulla protezione dei dati personali che prevede, tra
l’altro che alla persona interessata debba essere sempre fornita
un’idonea informativa sul possibile trattamento dei suoi dati connesso
all’attività di verifica e controllo. Il Garante ha quindi vietato alla
società ogni ulteriore utilizzo dei dati personali così acquisiti. Sarà
invece l’autorità giudiziaria a valutare l’utilizzabilità nel
procedimento civile già in corso della documentazione acquisita agli
atti.
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