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Manifestazioni non governative: Il Preside Gagliano:«IO SCIOPERO, MA CERTI PROF VANNO TAGLIATI». Il Preside Pennisi: «L’autogestione rende inutili gli adulti e svuota di senso la scu

Rassegna stampa

30.10.2008. Per un educatore scioperare è quasi una contraddizione in termini. Eppure oggi sciopererò anch’io perchè è l’unico modo per esprimere il disagio, la sofferenza e la mancanza di prospettive che attraversano oggi la scuola italiana.

Le scelte del ministro Gelmini, e per certi versi anche quelle Brunetta, non sono tutte da buttare ma, essendo motivate di fatto dalla necessità ridurre le spese, assieme al bambino rischiamo di gettare l’acqua sporca.

Il problema non è quello del maestro unico o del doposcuola chiamato tempo pieno e prolungato appiccicato alla scuola "di mattina", ma quello di una scuola dove un team di docenti operano insieme per classi, gruppi di classi, gruppi di interesse...dove sono necessarie risorse, competenze e disponibilità con metodo flessibile e capacità di rispondere alle esigenze educative di ogni alunno.

In una società dove mancano luoghi educativi significativi il tempo-scuola va rafforzato e non diminuito, un tempo scuola, però, dove una comunità di docenti, personale amministrativo e ausiliario e alunni compiono insieme l’esperienza irripetibile di crescere insieme Togliere loro l’autonomia significa non farle di fatto funzionare. In una piccola comunità la scuola è il centro del paese, il punto di riferimento di tutte le famiglie, un luogo dove si costruisce l’amore per il territorio, la passione civile, la democrazia.

Oggi la scuola rischia di implodere e l’autonomia si riduce spesso una affermazione di principio in un contesto di fatto autoreferenziale, dove pochi sono i docenti significativi, capaci di affascinare i ragazzi, di instaurare con loro quel misterioso legame tra Maestro e allievi che cambia la vita per coloro che hanno avuto la fortuna di vivere questa esperienza.

Una scuola molto spesso "altro" rispetto agli alunni e ai loro interessi che stronca i loro sogni invece di favorirli, che umilia gli slanci di essere protagonisti della propria vita invece di valorizzarli, che stende sulla parte più bella della vita dei propri alunni la cappa dell’ignoranza, della poca professionalità, del dileggio verso chi in questo tremendo tritacarne cerca di essere modello come persona e disponibile per gli alunni come docente.

Il decreto Gelmini invece di dare una mano d’aiuto a questa scuola in crisi semplifica le cose senza risolvere i problemi. Il bullismo, non è un problema di per sè scolastico: esprime il disagio di ragazzi che non hanno affetti, valori e punti di riferimento: col voto in condotta ignoriamo il problema per "difendere i nostri figli", salvo a constatare poi che i "nostri figli" sono spesso i primi ad avere e creare i problemi.

Una scuola che non crea le condizioni per apprendere non può risolvere i suoi problemi dando i voti che "sono più chiari per tutti"; deve al contrario creare le condizioni perchè ogni alunno si innamori dello studio per innamorarsi del suo futuro.. Vanno "tagliati" i docenti ignoranti e saccenti, vanno dimensionati i gruppi di potere che invece di "fare scuola" svolgono "progetti" per guadagnare e non migliorare la qualità dell’istruzione, vanno denunciate certe follie sindacali che proteggono di fatto i fannulloni.

Vanno, principalmente, aiutate le scuole autonome che hanno un progetto educativo a "fare squadra" a operare con chi ci sta e chi ci crede, a evitare il balletto delle supplenze, a consolidare la continuità didattica...

Se invece si tagliano solo i posti i docenti anziani e ipergarantiti resteranno a scuola per bloccare coloro che invece vogliono volare verso il futuro e ciò senza potere inserire nell’insegnamento i giovani che hanno passione educativa e possono rappresentare entusiasmo e disponibilità Con queste motivazioni parteciperò allo sciopero: per dare voce a questa scuola che c’è, è sotterranea, non urla, ma ogni giorno si reca in classe e fa squadra perché non si educa "a ore" ma con una disponibilità che va oltre sempre e comunque.

SANTO GAGLIANO

dirigente scolastico

(da www.lasicilia.it)

 

Diario di un Preside:«L’autogestione rende inutili gli adulti e svuota di senso la scuola».

 

Lo confesso: detesto l’autogestione. E siccome faccio il preside in un liceo confesso ancora che ho sofferto maledettamente, da lunedì a mercoledì, a vedere due scritte cubitali, una su uno striscione rimasto - per stessa ammissione dei ragazzi - inutilizzato da anni, l’altra sul retro di vecchi manifesti di Rifondazione, che annunciavano al mondo che la mia scuola si gestiva da sola.

Chiariamo subito una cosa: non detesto questa autogestione perché è contro la Gelmini. La detesterei anche se fosse contro Veltroni, Di Pietro o Diliberto. La detesto perché la considero un mostro, ed ho provato a dirlo anche ai miei professori e ai miei alunni, a quest’ultimi imbracciando un megafono (inutilizzato anch’esso da anni): un mostro giuridico, innanzitutto, perché gli alunni - nei corridoi, in qualche aula, in cortile - ci sono, ma è come se non ci fossero; sono presenti-assenti, simili alle anime morte di Gogol, e noi adulti (preside, docenti, personale non docente) siamo lì a non capire bene se siamo spettatori o cor- responsabili di ciò che dicono e fanno.

Ma la mostruosità maggiore è quella educativa: l’autogestione dice a noi adulti di farci da parte. Ci sbatte in faccia il fatto che, per sentirsi protagonisti della scuola, per potere discutere e capire argomenti che stanno loro a cuore, i giovani non hanno bisogno di noi, che - anzi - siamo d’impiccio. A meno che non li aduliamo ideologicamente.

Ai miei alunni ho proposto di lavorare insieme in classe per qualche ora e di farlo poi, sempre insieme, anche fuori dalla classe, magari il pomeriggio. "E se pensate - ho aggiunto - che voglia togliervi il diritto di protestare, state tranquilli: non ci saranno provvedimenti, anche se non entrate a scuola".

Niente da fare, gli animi erano troppo accesi: è partito il coro "Spe-da-lie-ri / au-to-ge-stito!", ritmato come fanno gli ultras quando gridano "Noi vogliamo / questa vittoria!", e l’autogestione è scattata: gruppi di studio, film e tutto il resto.

Molti, è stato evidente in questi giorni, hanno lavorato seriamente, appassionatamente, sinceramente desiderosi di capire cosa stesse succedendo: qualcuno, invece, ha fatto il verso ai politici di professione, muovendosi agilmente tra demagogia e settarismo.

Qualche mio professore, forse dopo aver visto la mia faccia sconsolata, ha pensato di rincuorarmi dicendomi - con una certa aristocratica soddisfazione - che, insomma, se i nostri alunni - insieme a quelli degli altri licei - facevano così è perché i nostri ragionano. Mi è venuto subito di pensare ai miei carissimi alunni dell’anno scorso, studenti di un Industriale, involontari ed umili secondo termine del sottinteso paragone. Ed ho pensato anche a quello che amava dire Alexis Carrell, Nobel per la medicina: " Scarse osservazioni e molti ragionamenti sono causa di errore. Molta osservazione e poco ragionamento conducono alla verità".

Spazio per l’osservazione, cioè per i fatti, in questi giorni ce n’è stato poco; d’altronde, per riempire strade e piazze sono molto più utili, da sempre, parole d’ordine bisbigliate e slogan urlati. Ma l’educazione è un’altra cosa: vuole tempo, dedizione, pazienza. E’ un cammino comune, è una co-gestione quotidiana, una sorta di alleanza tra adulti e giovani, impegnati con ruoli diversi lungo la strada della ricerca di senso, di sé e delle cose. Se non servono a questo, a che servono le scuole? E noi che ci andiamo a fare? Lasciamole stare, si gestiranno da sé.

ALFIO PENNISI

dirigente scolastico

(da www.lasicilia.it)









Postato il Venerdì, 31 ottobre 2008 ore 15:12:50 CET di Renato Bonaccorso
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