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Precariato: RECLUTAMENTO DOCENTI, ILLECITI, DIRITTI E RESPONSABILITA'

Opinioni
RECLUTAMENTO DOCENTI: ILLECITI, DIRITTI E RESPONSABILITÀ Nella seduta del Consiglio dei Ministri del 14 Ottobre scorso è stato approvato il testo definitivo del decreto che disciplina la formazione e il reclutamento dei docenti (attuativo della L. 53/03, art. 5); il Ministro Moratti, mostratasi sempre impassibile di fronte alle fondate istanze e ai rilievi a lei presentati, ha dovuto all’ultimo momento necessariamente apportare alcune modifiche al testo, non certo di secondaria importanza. Il Ministro della Funzione Pubblica Baccini, infatti, non ha potuto fare a meno di rilevare come l’unico strumento idoneo per l’accesso ai ruoli nel comparto pubblico sia e resti il Concorso Pubblico: introdurre un nuovo sistema di reclutamento senza la garanzia della selezione pubblica sarebbe stato semplicemente incostituzionale. Tale necessario passaggio è stato introdotto anche dietro indicazione della Consulta, che ha ammonito il Governo circa i pericoli che incombevano sull’intero impianto legislativo: gli esami abilitanti a termine del percorso universitario e del tirocinio non possono consentire l’accesso diretto ai ruoli nella scuola; la Costituzione lo impedisce. Tale evidente e inconfutabile verità è finalmente emersa nonostante la grave e voluta “dimenticanza” da parte delle Commissioni Cultura di Camera e Senato che, sorde a qualsiasi istanza da parte dei precari (ma non a quelle delle associazioni sissine) avevano espresso parere favorevole all’articolato, il quale, a loro dire, costituiva una vera e propria svolta epocale nella storia del reclutamento. D’altronde gli onorevoli e i senatori della maggioranza non si sono mai degnati di ascoltare veramente la voce dei precari, i quali rischieranno seriamente, grazie alle nuove norme, di essere esclusi dall’insegnamento e stanno già subendo le gravi conseguenze del marasma normativo che in questi ultimi anni ha sconvolto le graduatorie permanenti. Ma qualche nodo è comunque venuto al pettine, loro malgrado: la non costituzionalità dell’immissione in ruolo di chi non ha superato un ConcorsoPubblico. Sin dal 2002 i precari contestano la legittimità della legge che ha permesso ai sissini di inserirsi in graduatoria permanente attraverso la trasformazione, a posteriori e in maniera quindi truffaldina, dell’esame finale delle SSIS in esame abilitante. Di fronte alla istituzione di un nuovo sistema di reclutamento, però, non è stato più possibile eludere la questione di fondo, come è stato sciaguratamente fatto per diversi anni. Finalmente lo Stato ha dovuto riconoscere che gli unici abilitati che possono accedere ai ruoli nello Stato sono quelli che superano un Concorso Pubblico. Comprendiamo l’apprensione dei sissini che, dall’alto delle loro inviolabili certezze, si sono visti per la prima volta (e in un colpo solo) mettere in dubbio la validità del percorso da loro effettuato e da loro stessi tanto arrogantemente osannato. Tuttavia ben poco hanno da lamentarsi, visto che molti di loro in questi anni non solo hanno potuto collocarsi nelle graduatorie permanenti davanti a docenti che avevano superato il Concorso del ’99 o addirittura quello del ’90, e in virtù di ciò hanno sempre lavorato, ma sono anche entrati in ruolo! Non sapendo però andare al di là di rivendicazioni puramente corporative, si ritrovano a dover chiedere la salvezza per sé e l’esclusione per gli altri, continuando in maniera petulante ad invocare qualche intervento nello stile cui li hanno abituati le lobbies che finora li hanno protetti. Eludere o aggirare questioni di rilevanza costituzionale, come finora è stato fatto con una serie di manovre poco trasparenti, è stata finora operazione illegittima e immorale, più volte da noi denunciata. Ora finalmente vi è stato un autorevole e importantissimo stop; nonostante l’alta protezione fornita dai vertici del MIUR, il Sottosegretario Aprea in testa, il Governo ha dovuto ammettere che si sarebbe compiuta una violazione costituzionale continuando a concepire un sistema di reclutamento gestito esclusivamente dalle Università. I sissini, al fine di invocare i soliti interventi salvifici, accampando argomentazioni trite e ritrite fondate, come sempre, su logiche aberranti e su presupposti del tutto soggettivi, ancora una volta ci snocciolano prediche sulla cosiddetta, e ridicola, “alta formazione” delle scuole SSIS: si sa bene, e lo sa bene soprattutto chi, pur avendo già un’abilitazione, ha frequentato o sta frequentando i corsi SSIS, che tale espressione è puro e semplice slogan propagandistico e, dunque, espressione vuota, del tutto sganciata dalla realtà oggettiva dei fatti. È facile quindi confutare le grottesche argomentazioni che i sissini chiamano asostegno di un’aberrante tesi: quella di poter essere gli unici soggetti da includere in una fase transitoria pensata per il passaggio dall’attuale al nuovo sistema di reclutamento. Ci limitiamo pertanto soltanto a sfiorare alcune questioni: 1. La Costituzione italiana afferma che l’accesso ai ruoli nello Stato è possibile soltanto previa selezione sancita da Concorso Pubblico. Ribadiamo, per l’ennesima volta, che l’esame abilitante approntato dalle SSIS non è affatto un concorso, né le commissioni universitarie che hanno conferito le abilitazioni ai sissini si possono certo equiparare a pubbliche commissioni. Tanto meno possiamo parlare di sistema selettivo, in quanto non ci è finora pervenuta notizia di sissini a cui sia stata negata l’abilitazione; al contrario, ci risulta che tutti si abilitino con il massimo (o quasi) dei punteggi. Ci si smentisca con i dati alla mano! 2. Non è assolutamente vero che il TAR Lazio ha assegnato la patente di “alto livello” qualitativo a dei corsi su cui nessuno, né i giudici, né il Ministero, né tanto meno le stesse Università, ha mai fatto una seria indagine valutativa. L’autoreferenzialità che contraddistingue affermazioni di tale natura rientra nell’ordine delle cose che da qualche anno ci condanna ad assistere a una triste e misera giaculatoria sulle cosiddette “alte professionalità”, e rientra in una logica costruita ad uso e consumo di alcuni soggetti che, ovviamente, si guardano bene dall’andare al di là delle “etichette” portando dati ed elementi concreti. 3. Ancora più ridicolo, alla luce dei fatti ultimi, appare l’accampare diritti, come fanno l’ANP e le associazioni di sissini, sulla base di pareri espressi dalle Commissioni Cultura e Istruzione del Senato e della Camera, le quali premevano, fino al giorno in cui il Consiglio dei Ministri ha licenziato il decreto, affinché lo Stato italiano prevedesse una transizione esclusivamente riservata ai sissini e quindi condannasse alla definitiva esclusione i precari abilitati secondo le previgenti norme, le uniche, in realtà, ad essere in linea con la Costituzione italiana. Assurdo avanzare pretese sulla base di pareri espressi da organi che hanno certamente perso di autorevolezza il giorno in cui la relatrice del decretoOn. Angela Napoli (AN), ha avanzato in maniera del tutto improvvida, ma altrettanto arrogante, pesanti riserve sulla presunta idoneità all’insegnamento di docenti abilitati da una decina di anni; di coloro, cioè, che secondo la Costituzione hanno invece pieno titolo per insegnare, che nella scuola ci sono e la scuola la fanno! Si ricorda all’On. Napoli, e alle VII Commissioni, che la scuola reale è fatta da insegnanti che hanno abilitazioni acquisite secondo iter costituzionali eche è stato indegno, da parte soprattutto di rappresentanti del Parlamento italiano, non recedere da un intento così palesemente diffamatorio e offensivo nei confronti dell’intero corpo docente italiano. Sappiamo però che l’On. Napoli rappresenta la più alta e lapalissiana espressione del totale e docile allineamento dei deputati e dei senatori della maggioranza alle tesi della Aprea. Preso atto di ciò, e dal momento che le Commissioni Cultura e Istruzione di Camera e Senato ignorano evidentemente i fatti, le norme e la situazione reale, noi giudichiamo queste non abilitate ad esprimere pareri sulla scuola. Sorvoliamo del tutto poi sui pareri espressi dalle associazioni di docenti delle scuole di specializzazione che non sanno fare altro che autoincensarsi, forse più per convincere se stessi che gli altri, e cercare di “piazzare” al meglio i loro prodotti: non ci aspettiamo certo che riescano a mettersi in discussione. Rispetto poi all’ANP, una delle associazioni di presidi maggiormente coinvolta nella battaglia pro SSIS, abbiamo già detto altrove: i suoi panegirici sul sistema SSIS sono ormai soltanto farseschi. Fatte queste premesse non possiamo, a questo punto, che rilevare alcune questioni fondamentali. La prima riguarda la legittimità costituzionale dell’immissione in ruolo di coloro che possiedono solamente l’abilitazione SSIS. Con le ultime immissioni in ruolo sono stati assunti molti sissini. Stando agli ultimi atti del Governo, che ha dovuto tener conto della Costituzione, ci sembra più che legittimo chiedersi se ne avessero effettivamente titolo. La seconda questione riguarda il futuro reclutamento pensato dall’attuale maggioranza di governo ed è incentrata sulla legittimità di affidare la formazione e la selezione degli insegnanti interamente nelle mani delle Università. Pensare ad una formazione esclusivamente universitaria dei futuri docenti è oramai anacronistico. Se solo si facesse un’indagine conoscitiva risulterebbero le non poche disfunzioni e le aberrazioni di un tale sistema, che tutto ha portato tranne una seria selezione e un’oggettiva qualità della formazione. L’Università non può essere messa al vertice della formazione quando, di fatto, costituisce una realtà sganciata ed esterna dall’esperienza concreta dell’insegnare. Essa si esercita a produrre cattedre di didattichese per garantirsi finanziamenti e sopravvivenza, ma si mantiene ad un livello del tutto teorico ed astratto, quando a tutti appare nella suaevidenza che l’aggancio tra pratica e teoria è presente e realizzato solo nell’insegnamento concreto. Nessuna formazione universitaria è minimamente equivalente ad un’effettivaesperienza sul campo. Quando, come accade nel nuovo sistema di reclutamento, si istituisce il tirocinio nell’iter formativo, si riconosce in realtà il valore della pratica sul campo, ma poi, da parte del Ministro Moratti e degli esponenti di maggioranza delle autorevoli Settime Commissioni, non si riconosce alcun valore agli anni di esperienza di insegnamento effettivamente cumulati dai precari, come coerenza imporrebbe. Ma questa maggioranza si è contraddistinta finora proprio per logiche incoerenti e improduttive: non solo per non aver saputo cogliere e valorizzare quella che è una reale risorsa, ma addirittura per averla totalmente disconosciuta e negata. Ora i precari pretendono che il Governo agisca in maniera seria e che il Parlamento non avanzi più istanze ad hoc per favorire questa o per quell’altra categoria di precari. È tempo che si metta mano alla materia esercitando la ragione e adottando criteri imparziali di giustizia. Questa è l’unica richiesta accettabile e possibile. Ricordiamo ancora una volta che il principio della pari dignità di tutte le abilitazioni è ribadito dalla legge 143/04 e che pensare a una transizione seria, in grado cioè di contemplare un passaggio senza traumi e brusche esclusioni, è dovere non solo costituzionale, ma anche politico e morale. I precari chiedono che venga contemplata la loro ammissione, attraverso un sistema di crediti, all’interno dei nuovi percorsi pensati da questa maggioranza; da tempo sottolineano inoltre la necessità che vi sia un intervento diretto dello Stato affinché la valutazione degli insegnanti, dei titoli e dei crediti che essi possiedono, non sia completamente lasciata nelle mani delle Università, naturalmente portate a riconoscere solamente le abilitazioni da esse prodotte. Tanto più che negli ultimi tempi le Università si sono squalificate e screditate producendo corsi e corsetti di misero livello culturale rispondenti solamente a leggi di mercato. È un’Università, quella odierna, che sulla scuola non ha nulla da dire e che sopravvive vendendo ciò che di fatto non potrebbe vendere: la formazione dei docenti, ridotta a vuoto didattichese. Quando in Italia si coglierà tale questione, forse si tornerà a fare della scuola un luogo realmente formativo. Martedì 1 Novembre 2005 Movimento Interregionale Insegnanti Precari








Postato il Sabato, 05 novembre 2005 ore 01:05:00 CET di Silvana La Porta
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