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Lavoro: Le ore di lavoro degli insegnanti italiani in linea con l’area Ocse: 39 a settimana. La differenza è negli stipendi

Sindacati
I dati ufficiali indicano l’impegno settimanale in classe dei nostri docenti superiore alle primaria e alle medie, equivalente alle superiori: poi vanno considerate le tante attività collegiali e a supporto della didattica. A fare meno ore sono i colleghi di Germania e Francia. Eppure alcune nostre associazioni sostengono il contrario
Marcello Pacifico (Anief-Confedir): la vera differenza rispetto all’area Ocse non sta nell’impegno di ore profuse dai docenti per le loro attività lavorative, ma nel fatto che a fine carriera i docenti italiani prendono tra i 6mila e gli 9mila euro in mero rispetto ai colleghi d’oltre confine. I cambiamenti da fare sono ben altri.
Quanto riportato nel documento di TreElle sulle linee guida della riforma , a proposito del numero di ore di lavoro settimanali dei docenti italiani, che secondo l'associazione va "se possibile esteso" perché sarebbe il più basso dell’Ocse, non trova riscontro nella realtà. In Italia gli insegnanti svolgono un orario settimanale in linea con la maggior parte dei paesi europei: l’Ocse ci dice che nella scuola primariale 22 ore di insegnamento superano la media europea, pari a 19,6 ore; alle medie i nostri docenti stanno dietro la cattedra 18 ore a settimana, contro le 16,3 Ue; alle superiori l’impegno si equivale.
È tutto dire che in Paese come Germania e Francial’orario di insegnamento è inferiore a quello dei docenti che operano nella nostra penisola. Rispetto all’area Ocse il quadro non cambia molto: in Italia 770 ore alla primaria, contro le 790 di tutti i Paesi appartenenti; da noi 630 nella secondaria di primo grado contro i 709 Ocse; alle superiori 630 contro 664. E anche se si vanno a confrontare le ore aggiuntive alle lezioni - preparazione e correzioni dei compiti, esami, colloqui con le famiglie, consigli di classe, scrutini – risulta che i nostri insegnanti dedicano alla loro professione quasi 39 ore a settimana.
A tal proposito, la Giunta provinciale dell'Alto Adige ha di recente commissionato una ricerca su 5.200 docenti dei 7.400 della provincia trentina: è emerso che i docenti interpellati lavorano in media 1.643 ore annue, esattamente il doppio delle 18 ore di lezione alle superiori. La ricerca ha detto anche che i prof delle scuole superiori, con 1.677 ore annue, lavorano poco più di quelli delle medie (1.630 ore). Quelli di ruolo sono impegnati per 1.660 ore, mentre i supplenti poco meno (1.580 ore).
Lo studio trentino ha fatto emergere che il lavoro “oscuro”, la metà delle 1.643 ore complessive, si deve alle tante incombenze burocratiche che un insegnante italiano è chiamato quotidianamente ad assolvere: colloqui con i genitori, riunioni con i colleghi, compilazione dei registri, stesura di relazioni e programmazioni e progetti, preparazione delle lezioni, correzioni dei compiti degli alunni. Oltre che per la formazione, peraltro quasi sempre a proprie spese.
“La verità è che l’orario d'insegnamento annuale dei docenti italiani è in media rispetto ai colleghi degli altri Paesi – spiega Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir – Il problema, semmai, sono le attività funzionali alla qualifica che non vengono conteggiate: come la preparazione delle lezioni, la programmazione delle attività, la correzione dei compiti e via dicendo. La vera differenza rispetto all’area Ocse non sta nell’impegno di ore profuse dai docenti per le loro attività lavorative, ma nel fatto che a fine carriera i docenti italiani prendono tra i 6mila e gli 9mila euro in mero rispetto ai colleghi d’oltre confine”.
Ciò è accaduto perché fatto 100 lo stipendio medio degli insegnanti dei 37 Paesi economicamente più progrediti, lo stipendio in Italia è bloccato dal 2009. Ed è cresciuto ogni anno, a partire dal 2005, solo del 4-5%; mentre nella media Ocde l’incremento è stato del 15-22%. Quindi il vero cambiamento da realizzare è finirla una volta per tutte con la logica dei tagli: lo Stato deve investire, se si vuole che il sistema di istruzione e formazione nel nostro Paese migliori.
"Se veramente si vuole mettere mano all'orario di lavoro degli insegnanti - conclude Pacifico - allora si attui un'organizzazione conforme ai principi comunitari in materia di fruizione di periodi di malattia senza penalizzazione, di riposo dalla didattica senza attività sostitutive di recupero e con il godimento delle ferie come momento di 'ricreazione', certamente da non fruire durante la sospensione del servizio".
Anief chiede quindi ai parlamentari e alle istituzioni competenti di affrontare il prima possibile queste modifiche, senza andare ad incrementare l’orario di servizio dei docenti già in linea con gli altri Paesi. La vera urgenza – anche questa indicata nel Il documento di TreElle- è invece predisporre un impianto legislativo che permetta di assumere tutti i docenti abilitati che hanno svolto almeno 36 mesi di servizio, come indicato il 26 novembre scorso dalla Corte di Giustizia UE: sia quelli che sono inseriti nelle GaE, sia quelli presenti nella seconda fascia delle graduatorie d’istituto.

Anief.org








Postato il Domenica, 14 dicembre 2014 ore 07:45:00 CET di Antonia Vetro
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